10 segni inequivocabili che il tedesco, per te, resterà sempre un mistero

Deutsche Sprache schwere Sprache, recita l’adagio. E sì, prima di accingerti allo studio del tedesco sapevi bene delle difficoltà cui andavi incontro. Ma tu ami le sfide, e non ti sei fatto di certo scoraggiare: “Quanto impossibile potrà mai essere? Sei mesi, massimo un anno di duro impegno e la lingua tedesca per me non avrà più segreti”, ti dicevi. Ti sei iscritto a innumerevoli corsi, hai scalato livelli, comprato libri e giornali, ascoltato con devozione la Deutsche Welle, abolito le tue frequentazioni italiane, molestato Tandempartner e passanti pur di esercitarti nella conversazione.

Ma, con tuo grande sbigottimento, sono passati un paio d’anni da quando ti sei trasferito e ancora ti arrabbatti con un tedesco che, seppur passabile, non si può certo definire fluente e impeccabile. Cominci così a sentirti un po’ stupido e a chiederti se, nel tuo cervello, ci sia un’area precisamente deputata a vanificare i tuoi sforzi e a cancellare le nozioni che costantemente tenti di mandare a memoria. Ma non preoccuparti, non sei da solo: abbiamo individuato 10 segni inequivocabili piuttosto comuni che, quando si manifestano, provano come il tedesco resterà sempre un mezzo mistero per molti. E comunque, anche se probabilmente non diventerai come un madrelingua, nessuno è mai morto di questo; e, anzi, non è il caso di servirsene come scusa: costanza, metodo e bravi insegnanti fanno raggiungere risultati più che soddisfacenti anche alla mente più refrattaria a questo idioma impervio.

Der, die o das?

È una delle prime cose che studi a scuola e, tutto sommato, impararne la declinazione non è poi così difficile. La vera impresa impossibile, però, è sapere quando usare il maschile, il femminile o il neutro: è vero, ci sono alcune regolarità che consentono di capire che genere abbia un sostantivo, ma esistono pure tante eccezioni. E poi, avete visto quanti termini possiede la lingua tedesca? Così, restano solo tre possibili soluzioni: a) Rinunciare completamente all’articolo (tanti immigrati berlinesi hanno optato per questa soluzione da decenni e campano benissimo); b) Tirare a indovinare sul genere c) Farfugliare a bassa voce, sperando di ingannare l’interlocutore. Non si può andare troppo fieri di nessuna delle tre.

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Photo © Youtube

Declinare correttamente l’aggettivo: forse in un’altra vita?

L’aggettivo, in tedesco, si declina in base a genere, numero e caso. Come se ciò non bastasse, esistono tre diverse forme di declinazione, a seconda del termine che lo precede (articolo determinativo, indeterminativo, nessun termine). Questa combinazione crea un noioso specchietto da mandare a memoria, incubo di tutti gli studenti. I più volenterosi lo imparano abbastanza in fretta e riescono anche ad applicarlo correttamente quando scrivono, evitando errori. Ma la vera prova del nove è, come spesso accade, il parlato: bisogna riuscire a coordinare articolo (o dimostrativo), aggettivo e sostantivo e, prima ancora, stabilire il genere del sostantivo, operazione da cui tutta l’impresa dipende. Il tutto mentre si cerca di architettare la struttura generale della frase. Mal di testa? Kein Problem, le tre soluzioni vagheggiate sopra restano sempre valide…

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Il verbo alla fine nelle subordinate.

In tedesco l’infinito e il participio passato vanno alla fine nelle frasi principali, mentre nelle subordinate ci va anche il verbo all’indicativo. La situazione si fa ancora più simpatica quando, nella Nebensatz, ci sono un verbo modale e un infinito o, peggio ancora, un verbo modale composto con la conseguente, famigerata regola del doppio infinito. Anche qui, con molta applicazione, si può studiare la regola e applicarla correttamente quando si scrive (rapidamente: diciamo in un quarto d’ora-venti minuti). Ok, ma quando si è nel bel mezzo di un discorso? Fai entrare a gamba tesa la cara, vecchia struttura sintattica italiana e pensi: “Sticazzi, suonerò sgrammaticato ma mi capiranno lo stesso”.

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La lotteria preposizioni.

Di luogo, di tempo, di causa, di mezzo, di scopo, avversative: le preposizioni tedesche sono infinite, possono reggere uno o più casi ed esprimere miriadi di sfumature diverse. E, come se non bastasse, presentano innumerevoli eccezioni. Hai presente auf? Bene, di base significa “su”, quando c’è contatto con la superficie sottostante (altrimenti useresti über, chiaro). E an, invece, indica prossimità: “Sara ist am Fenster”, Sarà è alla finestra. Ma allora perché “sono alla posta” si dice “ich bin auf der Post”? Meglio non interrogarsi oltre.

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Stanotte ho fatto brutti sogni. E che hai sognato? Le preposizioni tedesche” Photo © memegen

Film e canzoni in tedesco.

A scuola ti hanno detto che guardare film e serie e ascoltare canzoni in tedesco è un ottimo esercizio. Che, se possibile, è meglio farlo senza sottotitoli, perché così si allena l’orecchio. Tutto vero. Però più volte, in classe, vengono proposti classici del rock e del pop tedesco, dai Rammstein agli Ärzte (effettivamente più abbordabili anche per uno studente di livello intermedio), fino a Bushido, uno dei rapper più famosi di Germania. Heavy metal, punk, rap: ma un bel cantautore che scandisca tutto per filo e per segno senza urlare, senza gergo, senza schitarrate che coprono tutto, proprio non è pensabile? Lo ammettiamo senza problemi: durante questi ascolti abbiamo barato coi sottotitoli ogni volta che abbiamo potuto.

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Nella foto: il rapper Bushido © YouTube

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Wie bitte?

Restando sempre sul versante comprensione orale: ti eserciti tanto con radio, CD del tuo manuale, serie tv, telegiornali. Ma quando poi ti rivolgono la parola sul bus per chiederti banalmente permesso, o in un caffè per sapere se vuoi un’altra spremuta di limone e zenzero, vai nel panico e ti ritrovi sempre a chiedere deferente: “Wie bitte?” facendoti la frase non una, non due, ma ben tre volte di seguito. Se non ti si è formato un tappo di cerume, l’unica altra spiegazione plausibile è che il tuo apparato uditivo non è tarato per sintonizzarsi sulle frequenza teutoniche.

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Colloqui di lavoro.

Beati i tempi in cui ti disperavi per esami universitari in fondo più che abbordabili e, soprattutto, sostenuti nella tua madrelingua. Ora ti ritrovi a lottare su un mercato ipercompetitivo, sei teso di fronte a recruiter esigenti e devi mettere in piedi una narrazione che venda al meglio tutte le tue capacità. E tutto questo in tedesco. Alla fine esci dal colloquio stravolto, che non sai bene cosa hai detto né se hai buone chance di essere scelto, ma già sei orgoglioso di esserne uscito vivo.

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La burocrazia.

AnmeldungKrankenkasse, tasse, caterve di garanzie per implorare un monolocale da 20 metri quadrati: la burocrazia tedesca è minuziosa e implacabile, il lessico tecnico simpatico come una mononucleosi, gli impiegati (non sempre: alcuni, per esperienza, sono simpatici e disponibilissimi) frustrati da anni di grigiore kafkiano. Giorni di lungimirante preparazione all’appuntamento in ufficio potrebbero non salvarti dal cavillo che avevi dimenticato o frainteso, e che ti costringerà a una levataccia inutile. Oltre che a copiosi improperi, rigorosamente nel tuo dialetto di origine.

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Lo slang.

La cosiddetta Umgangssprache è la lingua parlata, lo slang, quello che non impari quasi mai sui banchi di scuola e sui libri. Quando lo acquisisci ti fa sentire cool e vorresti inserirlo dappertutto, chiamando Kumpel anche il Presidente della Repubblica Federale e usando Redewendungen Sprichwörter a sproposito. Ma il gergo è vasto, cangiante e legato ai dialetti regionali. Così c’è sempre qualche espressione che non avevi sentito, che fraintenderai all’interno della conversazione e che causerà un equivoco penoso. Succederà, matematico.

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L’incubo telefonate.

Ricordi quello spot con Massimo Lopez, “una telefonata allunga la vita?”. Bene, ce ne sono anche alcune che te la accorciano: quelle in tedesco. Operazioni semplici come ordinare un burger a domicilio o prenotare un tavolo in pizzeria possono rivelarsi complicatissime se non c’è l’ausilio del labiale e del contesto. Così anche qui, nonostante tu abbia preparato meticolosamente la telefonata, la prima risposta inaspettata dall’altro capo della cornetta, pronunciata a velocità supersonica, ti costringerà a proferire un “Ja, natürlich”, anche se non hai la minima idea di cosa si stia parlando. Ed è un attimo a ritrovarti nel panino l’odiatissimo coriandolo.

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Foto di copertina © Study in De

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