Wünsdorf, la “piccola Mosca” ex quartier generale dell’Armata Rossa a pochi km da Berlino

Zavtra Damoi, «domani a casa», recita la scritta in cirillico su uno degli edifici ormai in rovina.

Estate 1994, l’ultima guarnigione di soldati russi si esibisce in una parata d’addio a Wünsdorf, per decenni quartier generale dell’esercito sovietico a Zossen, piccola cittadina a soli 35 chilometri a sud di Berlino. Dalla casa degli ufficiali, l’emblema dell’egemonia sovietica in Germania, si ammaina una volta e per sempre la bandiera russa. La guerra fredda e la cortina di ferro sono alle spalle, l’Unione Sovietica è ormai un ricordo e i soldati russi ritornano a casa. Da quel settembre soleggiato di 22 anni fa la città che un tempo ospitava ben 60.000 soldati dell’Armata Rossa è finita in abbandono. La statua di Lenin, il suo protettore, è l’unica ad essere rimasta a guardia di quelli che ormai sono dei ruderi dimenticati.

“Domani a casa”, dice la scritta in uno degli edifici abbandonati.

In un tunnel sotterraneo in mezzo alla foresta rimangono le le scritte in russo con nomi di persona, città, date.

La città proibita

Wünsdorf era, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la sede centrale delle truppe russe in Germania e il più grande campo militare sovietico all’esterno dell’URSS. L’accesso alla cittadella era vietato ai tedeschi, che per questa ragione la ribattezzarono die Verbotene Stadt, la città proibita, o la piccola Mosca, per ovvie ragioni. Un muro di calcestruzzo di 18 chilometri circondava Wünsdorf, all’interno della quale si trovava un microcosmo sovietico con tanto di teatro, piscina, negozi, caserme, scuole, e soprattutto bunker. È difficile passeggiare tra le rovine e le foreste del circondario senza imbattersi in uno dei numerosi bunker rimasti, sia di difesa aerea che sotterranei, mimetizzati tra la fitta vegetazione un po’ come gli edifici, caduti in totale abbandono e visitati sporadicamente da vandali o giovani avventurosi. La presenza sovietica a distanza di tanti anni si sente ancora: negli edifici abbandonati le insegne mantengono le denominazioni con i caratteri russi, e all’interno, resti di giornali, graffiti e oggetti quotidiani lasciati nella fretta di tornare a casa rivelano l’identità degli ultimi occupanti.

La piscina, in un edificio vicino alla casa degli ufficiali.

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Una delle stanze all’interno della casa degli ufficiali.

La storia di Wünsdorf

Nonostante i russi abbiano lasciato le tracce più evidenti, la storia della città e la sua importanza risalgono a tempi più antichi dell’occupazione sovietica. Verso la fine del 1800 l’area divenne di strategica importanza soprattutto grazie alla costruzione di una rete ferroviaria che collegava inizialmente Berlino-Dresda e successivamente Wünsdorf-Mosca. Agli inizi del ‘900 la cittadina vide la nascita delle prime caserme, e poco prima della guerra vennero installati telegrafi, telefoni e una scuola di fanteria. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale Wünsdorf, con i suoi 600 ettari, era tra le più grandi basi militari europee. Durante il conflitto divenne una prigione di guerra particolare, i cui principali detenuti erano i musulmani che avevano combattuto al fianco delle potenze alleate. Nel campo c’erano infatti due diverse prigioni, una per i musulmani del Nordafrica e del Medio Oriente e una per i musulmani dell’attuale Tatarstan e delle zone del Caucaso. I prigionieri di guerra musulmani avevano un trattamento speciale nel campo di Halbmondlager (campo della mezza luna): il loro credo religioso veniva rispettato e addirittura incoraggiato. Per loro fu eretta la prima moschea sul suolo tedesco e venne ingaggiata una guida spirituale per spronare i musulmani a combattere la guerra santa contro Francia e Inghilterra. Il leader dell’esperimento jihadista era Max von Oppenheim, un diplomatico aristocratico tedesco, assistito da Shaykh Sâlih al-Sharîf, tunisino che aveva lavorato per l’intelligence dell’Impero Ottomano. Il ruolo di al-Sharîf era quello di spronare i prigionieri di guerra a combattere al fianco delle forze tedesche spinti da motivi religiosi sia in Nordafrica che nel Medio Oriente. La propaganda, supportata dalla distribuzione di giornali di contenuto religioso, ebbe però uno scarso effetto sui prigionieri. Il loro scetticismo per la guerra santa e l’improvvisa partenza di al-Sharîf, che a distanza di soli pochi mesi si trasferì a Istanbul, fece sì che la maggior parte di loro si rivelò pressoché inutilizzabile nei combattimenti contro le forze alleate e vennero per questa ragione traslocati in Romania, dove furono impiegati come manodopera agricola.

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Il corridoio del teatro, decorato con tipici motivi sovietici.

Un tratto del muro in calcestruzzo che circondava la città.

Uno dei tanti bunker rimasti nella città, la forma a razzo faceva in modo che in caso di bombardamenti le bombe sarebbero scivolate ai lati della costruzione

Uno dei tanti bunker rimasti a Wünsdorf: la forma a razzo faceva in modo che, in caso di bombardamenti, gli ordigni sarebbero scivolati ai lati della costruzione.

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La caldaia, nel seminterrato sotto la piscina.

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Sede della Wehrmacht

Durante la seconda guerra mondiale l’area militare venne estesa e divenne sede dei quartieri generali della Wehrmacht. Iniziò la costruzione dello Zeppelin e dei bunker Maybach I e II, i cui resti sono ancora visibili. Al periodo della guerra risalgono anche i numerosi bunker a forma di razzo, dispersi in ogni angolo della città. Il 20 aprile del 1945, quando l’Armata Rossa arrivò sul posto, ad aspettarla erano rimaste solamente cinque persone, quattro soldati e il custode. Tre dei soldati si arresero immediatamente mentre il quarto si fece trovare completamente sbronzo.

L'interno di una delle stanze della casa degli ufficiali, oggi diventata un' attrazione turistica

L’interno di una delle stanze della casa degli ufficiali.

 

In mezzo alla foresta confinante troviamo una vecchia radio con un mangiacassette.

In mezzo alla foresta confinante troviamo una vecchia radio con un mangiacassette.

La città proibita. La successiva storia sovietica di Wünsdorf è legata alla suddivisione della Germania in due blocchi contrapposti. Oggi a Wünsdorf restano soltanto 6,000 abitanti, ma la nuova città rimane ancora circondata da un passato bellico difficile da nascondere. La ferrovia oggi ha un’insegna tedesca, ma i segni sovietici continuano a vivere sotto la polvere nei vari edifici abbandonati. La statua di Lenin, che fino a tre anni fa sovrastava la città in solitudine, è diventata grazie a numerosi blogger che ne hanno svelato il mistero una vera e propria meta turistica, con tanto di visite guidate a pagamento. Ma parte della città, quella verboten, riesta ancora inesplorata. I veri tesori per gli appassionati di storia e per chi non ha paura di scavalcare qualche recinto sono ancora lì, tra i boschi. Entrare a Wünsdorf è un viaggio nel tempo, in un’era sovietica che non esiste più.

Le etichette della caldaia scrostate rivelano la scritta originale in tedesco

Le etichette della caldaia scrostate rivelano la scritta originale in tedesco.

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Uno dei tanti macchinari nelle stanze del teatro.

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Tutte le foto nell’articolo sono di © Fann Sim