“Di Berlino mi manca il profumo dell’inverno, l’odore di legna e carbone nelle strade”

La nostra intervista alla musicista e performer Stefania Pedretti.

“Ho amato molto vivere a Berlino e penso che sia stato un passaggio fondamentale per una crescita sia personale sia lavorativa. Ho ricordi molto intensi, incisi nella mia pelle oltre che nella memoria… tra questi, lo stupore iniziale e poi l’amore per Rigaer Straße, via a cui abbiamo anche dedicato un pezzo con gli OvO (il progetto in cui suona insieme a Bruno Dorella, n.d.a.). Camminare per quella strada, andare a vedere concerti o godersi i party nei vari squat della via, è stato incredibile. Mi è difficoltoso accettare come si stia trasformando ora, insieme ad altre zone della Berlino antagonista.”

Inizia così la nostra intervista a Stefania Pedretti, musicista e performer sperimentale che ha vissuto a Berlino per 5 anni, fino al 2011. Impegnata nel tour europeo del suo progetto solista, ?Alos salì sul palco dello Schokoladen ad aprile 2015 per presentare i brani del nuovo album “Matrice”, uscito a marzo per l’etichetta belga Cheap Satanism. Per l’occasione, le rivolgemmo rivolto alcune domande per comprendere meglio il suo lavoro, un progetto che oltrepassa le barriere tra performing arts, musica sperimentale, improvvisazione e video arte per realizzare spettacoli che coinvolgono attivamente il pubblico attraverso la stimolazione dei sei sensi, con la musica dal vivo a fare da elemento fondamentale. Suoni cupi e distorti, atmosfere sospese e inquietanti, sottolineate da una voce usata al pari di uno strumento, un metalinguaggio fatto di gorgheggi, vocalizzi e vibrati, che parla all’inconscio. Impossibile da inscatolare in un genere artistico e musicale, lasciamo che sia ?Alos stessa a (non) definirsi tramite le nostre domande.

In che modo la tua esperienza di vita a Berlino ha influenzato la tua arte?

“Berlino mi ha arricchito moltissimo. Mi ha dato la possibilità di conoscere molti musicisti e finalmente incontrare e incrociare anche il mondo della danza contemporanea e del Butoh. Sono riuscita a vedere spettacoli unici, che mai, purtroppo, arrivano in Italia. Ho potuto anche partecipare a workshop e grazie a queste esperienze il mio modo di vivere la musica e di stare in stage è molto cambiato. In più a Berlino ho potuto conoscere e poi collaborare con molte “maestre” giapponesi di Butoh, come Yuko Kaseki, con cui ho anche performato, e Yumiko Yoshioka.”

Suoni musica ‘queer-pagan-doom-avant-metal’. Ci puoi spiegare cosa intendi?

“?Alos e la mia musica sono fortunatamente molto difficili da definire ed ancora oggi, dopo più di 10 anni e 5 dischi alle spalle, i giornalisti non hanno trovato generi in cui inscatolarmi. Questo è per me un gran piacere e allo stesso tempo una buona occasione per autodefinirmi, velando il tutto anche di sottile ironia. Da sempre con ?Alos indago e sperimento intorno alla figura femminile o il femmineo nella storia e nella società, negli ultimi anni ho integrato questa parte con le ricerche e gli studi filosofici sulle teorie di genere e queer. Da tutto questo nasce la definizione che mi sono data, che vuole essere fluida e degenerata: ho unito chi sono, le mie passioni, i generi musicali che mi attraversano e mi sono inventata il genere che faccio. Spesso mi definisco anche queermetal per sintetizzare, ma soprattutto perché non esiste come genere, purtroppo, ma spero che si diffonda, che altri gruppi e persone sentendosi affini si autodefiniscano anche loro queermetal.”

Sei più apprezzata in Italia o all’estero? Dove c’è maggior spazio per chi fa ricerca e sperimentazione?

“La mia musica è molto amata in Nord Europa e in Belgio in particolare, forse perché sono molto aperti alle contaminazioni fra generi, alla ricerca e all’unicità del suono. L’Italia rimane un paese molto ricettivo alla musica di ricerca come a quella heavy, gli spazi per suonare vanno e vengono, ma comunque ci sono e questo è anche grazie, molto spesso, a chi a sua volta è musicista o grande amante della musica, rendendosi parte attiva nel creare situazioni per concerti.”

Perché hai deciso di tornare a vivere in Italia?

“Dopo 5 anni di vita berlinese, dopo che Bruno Dorella era ritornato a vivere in Italia e dopo che per 2 anni ero sempre in viaggio per concerti e pochissimo in città, ho deciso che era meglio cambiare. Ho riflettuto molto su quale città e zona d’Italia scegliere, perché di sicuro non volevo ritornare a vivere a Milano. Dopo lunghe visite a Ravenna (città in cui si era trasferito Bruno) l’ho scelta anche io come mia nuova “casa” e fino ad ora mi sembra una bellissima scelta, mi trovo benissimo lì.”

Le 3 cose in assoluto che più ti mancano di Berlino?

“Il cibo etnico, di qualità e vegan friendly (thai, vietnamita, giapponese), che in Italia è rarissimo trovare. Trovare vita a tutte le ore del giorno e della notte, persone in strada, negozi aperti, metro attiva e bus. Il profumo di Berlino… sembrerà strano ma Berlino ha un suo profumo unico nell’aria: in inverno, mentre si passeggia per le vie, si può sentire l’odore di legna e di carbone, mischiato con quello della neve. Questa è una delle cose che mi mancano di più, l’odore dell’inverno.”





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