“Altro che Dario Fo, il Nobel avrebbero dovuto darlo ad Umberto Eco”

Il mestiere del traduttore non riserva spesso grandi riconoscimenti e soddisfazioni. Ma quando si arriva al livello di Burkhart Kroeber, senza dubbio il più grande traduttore in vita dall’italiano al tedesco, anche questi non mancano. Conosciuto soprattutto per aver reso i tedesco le opere di Eco e Calvino, ha ricevuto nel maggio 2013 il premio per la traduzione italo-tedesca (Deutsch-Italienischen Übersetzerpreis). Nel semestre invernale 2008-2009 era stato invitato ad insegnare poetica della traduzione in qualità di professore onorario alla Freie Universitaet di Berlino. Ad Eco lo lega un rapporto speciale, che come Eco stesso spiega nel suo saggio Dire quasi la stessa cosa, si basa sul dialogo e il confronto reciproco al fine di risolvere i vari dilemmi della traduzione e trovare ogni volta il modo di rendere al meglio in tedesco l’originale italiano. I due hanno tenuto insieme a Berlino, nel maggio 2013, un incontro presso il Literarisches Colloquium per presentare la nuova traduzione dei Promessi Sposi da parte di Kroeber, che per alcune scelte stilistiche come il mantenimento dei lunghi periodi manzoniani tanto strani per il tedesco si è rilevata quasi rivoluzionaria. Noi di Berlino Cacio e Pepe abbiamo deciso di intervistarlo per riconoscere il suo incredibile valore nell’esportare la nostra letteratura e cultura all’estero, per indagare più a fondo il suo rapporto con Eco e con la traduzione stessa, nonché chiedere il suo parare sul ruolo del traduttore nella società contemporanea. E con nostro immenso piacere si è rivelato subito più che felice e disponibile a rispondere alle nostre domande.

Qual è la differenza maggiore tra la lingua italiana e quella tedesca?

La sintassi italiana è molto più flessibile di quella tedesca. Poiché in italiano è possibile operare con il gerundio e muovere abbastanza liberamente gli aggettivi, diventa automatico poter costruire frasi anche molto lunghe che comunque rimangano comprensibili e non pesanti. Questi periodi italiani molto complessi, tipici per esempio della prosa dei Promessi Sposi o anche di testi attuali, sono molto difficili da rendere in tedesco. I traduttori in genere spezzano i periodi in molteplici frasi più brevi, perdendo però così il flusso dell’italiano. E’ necessaria quindi una grande sensibilità ed esperienza per poter mantenere anche in tedesco l’eleganza del fluire del testo di Calvino.

Esistono parole intraducibili?

Sì, certamente! Per esempio quasi tutte le parolaccee italiane derivate da “cazzo”. Anche la parola tedesca “Gemüt” (un incrocio tra “anima” e “sentimento”) è molto difficile da tradurre. Però del tutto intraducibili si rivelano soprattutto i giochi di parole che operano su un doppio significato, per esempio questa freddura che si trova nel nuovo romanzo di Eco: “Perché le parallele non s’incontrano mai? Perché se s’incontrassero chi ci fa gli esercizi sopra si spaccherebbe le gambe” (in tedesco le parallele in matematica sono “Parallele”, mentre quelle sportive sono “Barren”). Anche con tutta l’attenzione e la fatica del mondo, non c’è modo di tradurre questa espressione in tedesco. Quindi alla fine ho dovuto semplicemente tralasciarla.

Quanto è importante il traduttore?

Nei media, soprattutto su internet, i traduttori non godono proprio di alcuna considerazione. Sui siti della maggior parte delle case editrici è possibile trovare il loro nome solo facendo una ricerca dettagliata, ma neppure sempre. Se, nelle recensioni di libri tradotti, i critici si ricordano di nominare chi sia il traduttore, o addirittura esprimere una valutazione sul suo lavoro, è un puro caso di fortuna.

E’ cambiato qualcosa nel ruolo del traduttore dall’inizio della sua attività ad oggi?

In realtà sì, si può dire che qualcosa si sia mosso: quando ho iniziato a fare questo mestiere negli anni ’70 era davvero un’eccezione che il nome del traduttore venisse menzionato in una recensione. Oggi è almeno generalmente riconosciuto che il traduttore contribuisca in qualche modo al successo o insuccesso di un’opera tradotta. Tuttavia succede anche oggi che il traduttore sia nominato esplicitamente solo quando il critico ha qualcosa da ridire sul suo lavoro.

Ci sono opere che è stato particolarmente divertente tradurre?

Sicuramente le Cosmicomiche di Calvino e il suo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore. Ancora oggi dopo decenni mi diverto un sacco a rileggerle.

Come dovrebbe essere il rapporto tra l’autore e il traduttore di un’opera?

Amichevole e collegiale, rispettoso (da entrambe le parti) e possibilmente “alla pari” – esattamente come il mio rapporto con Umberto Eco da 30 anni.

Come è nata la sua conoscenza con Eco?

E’ nata certamente per motivi di lavoro. Io dovevo fare la perizia sul suo romanzo di debutto Il nome della rosa, per poi iniziare a tradurlo quando la casa editrice Hanser me ne dette il compito. Eco voleva conoscere il suo traduttore. Quindi io, dopo aver già tradotto quasi 200 pagine, sono andato a Milano per presentarmi. Questo è successo 34 anni fa: da allora, anche se con varie pause, abbiamo sempre continuato a vederci e soprattutto a sentirci ogni volta che mi trovavo al lavoro su una delle sue opere.

Burkhart Kroeber e Umberto Eco durante il conferimento del premio per la traduzione italo-tedesca il 13 maggio 2013 a Berlino:

Questa conoscenza ha in qualche modo influenzato la traduzione dei testi di Eco?

Influsso può averlo avuto nel senso che mi sono sempre impegnato a mantenere in tedesco il tono dei suoi testi, così come pensavo di sentirlo, e in più anche tutto ciò che il testo non dice esplicitamente e può essere soltanto intuito se non si conosce personalmente l’autore. Nel complesso ho sempre cercato di tradurre la lingua di Eco in un tedesco genuino.

Secondo Lei come mai Eco non ha ancora vinto un Premio Nobel oppure non è stato nominato senatore a vita?

Ah, qua ci sono così tanti motivi… Preferenze geografiche del comitato di selezione svedese del Nobel, riserve sugli autori bestseller, inclinazioni politiche, invidie… E dopo la scelta curiosa del premio a Dario Fo nel 1997 secondo la prassi comune per molto tempo non potrà essere eletto un altro italiano.

Qual è la cosa più bella quando si traduce?

Quando si riesce a indovinare il giusto tono dell’originale, proprio come quando si fa musica, e mantenerlo nella traduzione così che anche il lettore possa confermarlo (come è successo nel mio caso per I promessi sposi).

Il suo consiglio a giovani aspiranti traduttori?

Armarsi di tanta pazienza, non aspettarsi un grosso successo sui media, prepararsi ad avere a che fare con correttori di bozze saccenti e critici ignoranti, ma non cedere mai, quando si è convinti della qualità di un testo. E allearsi, quando è possibile, con l’autore.

Foto © Burkhart Kroeber

Leggi l’intervista originale in tedesco qui.