© Michael Mayer, Berghain at Night / Berlin / CC BY 2.0

Der Spiegel: «Così si muore al Berghain»

Nell’estate 2017 una turista californiana di 29 anni è morta dopo aver trascorso una notte al Berghain. Der Spiegel ha recentemente raccontato la sua storia, ma molte questioni rimangono aperte.

Jenifer, avvocatessa ventinovenne, era partita da Los Angeles con il marito Carlo per un viaggio in giro per il mondo: la notte passata al Berghain in compagnia di un amico della coppia doveva essere una delle esperienze indimenticabili della loro lunga vacanza, ma si è rivelata fatale per la giovane donna, che è morta la mattina successiva. Alexander Osang dello Spiegel ha recentemente raccontato le ultime ore di Jenifer puntando il dito contro una Berlino in cui poliziotti, giornalisti e politici davanti al problema della droga nei club chiudono un occhio o due.

Morte a Berlino

Le ultime ore di Jenifer

Come lo stesso Carlo racconta a Osang, lui e Jenifer erano approdati a Berlino con il desiderio di respirare quell’atmosfera di libertà senza limiti né pregiudizi che caratterizza la capitale tedesca, ed erano riusciti a trovarla. “Fino a quando non ho perso Jenifer era stata una notte perfetta. Berlino era esattamente come ce l’aspettavamo”, dice Carlo. Lui, Jenifer e il loro amico Rob riescono a strappare un sì ai temibili buttafuori del Berghain a mezzanotte e trentotto. Una volta entrati sono sottoposti a controlli, come secondo la prassi del locale. Tasche e borse vengono ispezionate dalla sicurezza: a Jennifer viene confiscata una pasticca di MDMA, mentre quelle che avevano addosso Carlo e Rob passano inosservate. All’interno del Berghain però non è difficile procurarsi della droga, e non ci vuole molto prima che Rob compri qualche pasticca nei bagni del club: Jenifer ingoia due di quelle comprate all’interno del locale, gli altri due prendono quelle che avevano con sé. Nel corso della serata Carlo e Rob perdono di vista Jenifer. Solo verso le cinque di mattina ricevono un messaggio dal suo cellulare, inviato da una dipendente del Berghain che si stava prendendo cura di lei: Jenifer era al piano terra, in overdose.

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Quali sono le responsabilità del Berghain?

Carlo ha raccontato che la dipendente del club si sarebbe rifiutata di chiamare l’ambulanza, nonostante Jenifer avesse la schiuma alla bocca e fosse in preda a convulsioni: secondo lei Jenifer avrebbe avuto solamente bisogno di riposo, e c’è voluto un quarto d’ora perché acconsentisse a chiamare i soccorsi in seguito alle ripetute richieste di Carlo e Rob. Ma dopo qualche ora in terapia intensiva in un vicino ospedale, Jenifer è morta.
 È impossibile stabilire quanto quel quarto d’ora abbia inciso sulla sua sorte, ma un pronto soccorso tempestivo può essere decisivo in questi casi. Per quanto non sia il club a incoraggiare l’uso delle sostanze che circolano al suo interno e per quanto sia difficile intervenire sul consumo di droga, quanto è lecito impedire a qualcuno di chiamare un ambulanza quando si ha davanti una persona nelle condizioni in cui si trovava Jenifer quella notte? In che modo dovrebbe intervenire un club in situazioni di emergenza causate da sostanze che circolano più o meno liberamente al suo interno? I proprietari del Berghain Michael Teufele e Norbert Thormann non hanno rilasciato commenti sul’accaduto e sembra che non vogliano affrontare direttamente il problema delle droghe. Il proverbiale silenzio stampa del Berghain, insieme alla sua imprevedibile door policy, contribuisce a mantenere il mito del locale berlinese come tempio mondiale della techno.

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Che colpe hanno polizia e politica?

Nell’articolo dello Spiegel Alexander Osang riporta una frase di Klaus Lederer, sindaco e assessore alla cultura di Berlino, che afferma: “quando Norbert, il proprietario del Berghain, ha un problema chiede aiuto a me e quando io ne ho uno chiedo aiuto a lui”. L’impressione che emerge dall’articolo di Osang è quella di una Berlino in cui il potere del Berghain è più forte di quanto sembri. Lederer avrebbe elogiato il clima di libertà e di accettazione di diversità di ogni tipo che si può respirare a Berlino, sostenendo che proprio grazie al clima di tolleranza dei club si può imparare ad avere a che fare con la droga in maniera consapevole. Il Berghain è il simbolo di questa libertà e sembra che voglia essere difeso anche da politica e polizia proprio per il valore simbolico ma anche economico che detiene. Burkhard Kieker, capo di visitBerlin – l’agenzia di marketing per la capitale tedesca – sostiene, secondo quanto riportato sullo Spiegel, che circa un terzo del turismo a Berlino è legato alla vita notturna e che attorno ai club berlinesi gira un miliardo degli euro spesi dai turisti, e che una chiusura o una qualche restrizione imposta al Berghain comporterebbe una grossa perdita per la città in più sensi. Anche la polizia non ha avviato alcuna indagine sull’accaduto: apparentemente sembra non ci sia alcun interesse a trovare lo spacciatore o a scoprire l’origine delle pasticche che per Jenifer si sono rivelate letali.

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La storia del Berghain

Nato con il nome Ostgut e fondato nel 1998 da Michael Teufele e Norbert Thormann, è solo nel 2004 che il club prende il nome Berghain e si trasferisce nella sede attuale, all’interno di una ex centrale elettrica di Berlino Est. Situato nei pressi di Ostbahnhof, inizialmente l’edificio viene preso in affitto dalla Vattenfall (compagia energetica tedesca), nel 2011 è acquistato dai proprietari del Berghain. L’allestimento dei quattro piani del locale è stato affidato allo studio di design berlinese Studio Karhard e l’edificio è riconosciuto come monumento storico. Nel 2009 il Berghain viene nominato da DJ Magazine “miglior club del mondo”. Fu in risposta a tale titolo che il club rilasciò il suo unico comunicato stampa ad oggi: “Continueremo come prima”.

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Berlino Schule tedesco a Berlino

Berlino Schule tedesco a Berlino

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Foto di copertina: © Michael Mayer, Berghain at Night / Berlin / CC BY 2.0