In volo sognante su Frankfurter Tor

di Nathan G. Calogeri

Frankfurter Tor, giovedì scorso, ore 11.00 del mattino. Ho un appuntamento di lavoro in un caffé all’angolo con il rappresentante di una vecchia falegnameria italiana che vorrebbe investire in Germania e ha bisogno di una consulenza. C’è il sole, non mi va di entrare, aspetto fuori. Davanti a me c’è un pannello che racconta la storia di quell’angolo di Berlino Est, lì dove a più riprese, dal 1953 in poi, sfilarono cittadini che chiedevano più libertà e diritti. Ho già letto quella storia, ma la riguardo con piacere. Mentre scorro le righe sento la presenza di un’altra persona accanto. Mi volto leggermente, quel tanto che basta per capire chi sia, senza però cercare di mostrargli che la sto osservando. È un uomo anziano, avrà più di settant’anni, non molto alto, una decina di centimetri meno di me, ma magari un tempo era diverso, con l’età si invecchia. Porta gli occhiali, ha rimboccate le maniche della camicia azzurra e sull’avambraccio destro è posato un maglione, forse un gilet. Fa caldo, e sicuramente se l’è tolto da poco, forse mentre passeggiava lungo la Frankfurter Allee. Dietro di noi sento la voce di una donna. “Sono stanca, prendo qualcosa da bere, tu vuoi qualcosa?”. Mi volto. La signora è italiana e si sta rivolgendo all’uomo accanto a me. “No, entra pure, voglio rimanere fuori e prendere un po’ d’aria”. Lei entra.

Sono curioso e così, dopo aver intercettato per un attimo il suo sguardo, nonostante sappia bene che sta per rimettersi a leggere il pannello, provo a parlargli.

-Non tutti vengono a vedere la vecchia Berlino Est

-Ma io l’avevo già vista, venni qui sul finire degli anni ‘80.

-Ah. E com’era?

-A suo modo affascinante. Era estate e furono solo giorni di sole. Siamo abituati a pensare a una Germania dell’Est grigia e triste, ma c’erano i colori anche all’epoca, il verde e l’azzurro erano gli stessi che puoi vedere ora,  qui accanto a noi. E per me erano giorni speciali.

-Ci venne per turismo? Lavoro? Un vecchio amore?

– Senti una cosa ragazzino, ma tu come ti chiami?

– Paolo mi chiamo, perchè?

– Paolo come?

– Paolo Pienozeppi, di anni 27, e non sono un ragazzino.

– Te la posso fare io una domanda, carissimo Paolo Pienozeppi, di anni 27?

– Prego!

– Ma perchè non la smetti di scassarci la minchia e ti fai una carrettata di affari tuoi? Ti pare che sono intronato? Tu hai preso sottocchio a mia moglie e con la scusa della Berlino dell’Est, dei ricordi, speri di prendere tempo e di parlarci. Perchè a modo tuo saresti un tipo troppo cool ah? Ti pare che siccome vivi a Berlino conosci tutte le cose del mondo? Ti piace la mia signora? E vai, diglielo, diglielo se hai il coraggio.

– Ma…io….ma quindi…era così chiaro? Posso andare a dirlo? Sicuro?

– Certo, sicuro. Come le bastonate che ti do se non te ne scappi adesso. Ma guarda questo, levati di mezzo prima che ti corco come non ti puoi nemmeno immaginare.

Tramortito dall´imbarazzo mi allontano. Dimentico il mio appuntamento e comincio a vagare per le strade del quartiere. Ho in testa l´odore di quella donna e le parole del marito cosí potenti che mi viene paura soltanto a pensarle. Ho deciso: da grande voglio fare il suggeritore di insulti. Sarebbe una vita fantastica e potrei inventarmene sempre di nuovi.
A Berlino, poi, si continuerebbe per sempre ad insultare le persone. I ciclisti soprattutto. Io insulto e insulterei i ciclisti sempre e comunque. A volte mi sveglio nel sonno e sto declamando delle ingiurie favolose ai danni di ignoti ciclanti che non mi hanno fatto nulla, ma che odio lo stesso per il semplice motivo di aver appoggiato il loro sedere su un tubo d´acciaio ricoperto di plastica.
La signora, dicevo. Piú ci pensavo e piú me ne innamoravo, riflettevo. Ormai i miei passi si perdevano, uno dietro l´altro, fra i palazzi antichi e decaduti di Boxhagener e Kretziger Strasse, ero così invaghito di quei capelli color prugna che avrei fatto qualsiasi cosa per poterle stringere le mani, per poter ascoltare il suono del suo respiro. Allora penso di tornare indietro, ma prima compro al Crazy Box di Kretziger una maglietta piena di teschi, cosí mi sento piú giovane e pronto e pieno di forza per affrontare quell´uomo tanto minaccioso e poter prendere da vero duro berlinese la donna dei miei sogni.
Corro all´impazzata e sento il cuore che mi batte forte e supero gli incroci senza stare a guardare e a un certo punto sono cosí veloce che non sto piú camminando, no, sto volando su Friedrichshain e vedo le punte dei palazzi ed i balconi di fiori e bottiglie di plastica ed i bambini sulle biciclette e il parco verde sul lato di Gartnerstrasse che si fa sempre più piccolo ed io non ho mai desiderato nient´altro, soltanto questo. La mia maglietta piena di teschi è la cosa piú bella che abbia mai indossato e per la prima volta, per la primissima volta in tutta la mia vita, scopro di essere felice, qui a Berlino, senza sapere perché.
È tutto quello che non ho mai voluto, ma che ho sempre creduto di aspettare.
La felicitá lettera morta che non si completa. Il culmine lascivo di un´esistenza abbandonata e via lontano a cercare di capire il mondo che poi resta silenzioso a guardarti.
Trovo la vita fuori dalle cose.
A Berlino.

Foto di copertina: frankfurter tor © Christoph Lehmann CC BY-ND 2.0