Germania, fermata la campagna per reclutare donne soldato. È maschilista. Ecco cosa è successo

Era il 3 ottobre e mentre la Germania festeggiava la giornata della riunificazione, lo Spiegel lanciava una notizia che è passata quasi inosservata: la campagna pubblicitaria indetta dal Ministero della Difesa per aumentare il numero delle donne soldato è stata volutamente ed improvvisamente fermata. Colpa di un semplice errore o di stereotipi che tardano a morire? Ecco la storia della campagna galeotta e di cosa significhi fare parte delle Forze Armate tedesche per una donna.

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Quello che lo Spiegel, ripreso a ruota dalla Berliner Zeitung ci ha raccontato, sembra quasi una barzelletta: prendete il Ministero della Difesa, un’agenzia pubblicitaria ed una campagna importante per sollecitare le donne ad entrare nelle forze armate; cliccate sul link tramite facebook e leggete “Tanto variegate quanto lei: possibilità di carriera individuale per le donne nella Bundeswehr”, sopra un’immagine di salviettine pulenti della Zewa wisch & weg. Evidentemente, o il Ministero pensava di vincere con l’ironia, o qualcosa è andato storto. La pagina, lanciata online mercoledì, è stata così bloccata giovedì pomeriggio, in seguito al rilevamento dell’errore da parte del blog “Augen geradeaus!”. Il Ministero si riserva ora il diritto (ed il piacere) di scoprire le cause dell’impasse e di prendere eventuali provvedimenti.

La barzelletta non vi ha fatti ridere? La campagna era già stata criticata in quanto carica di cliché. Secondo la giornalista dello Spiegel Anna Reimann, la campagna copriva addirittura di ridicolo la Bundeswehr, in quanto giocava su aspetti indice di una visione decisamente antiquata del ruolo della donna: la donna davanti all’armadio intenta a scegliere l’abito, la donna truccata, la donna che si prova le scarpe con le figlie sullo sfondo… L’articolo prosegue distruggendo praticamente le scelte pubblicitarie della campagna e ricordando che il Ministro della Difesa è una donna (Ursula von der Leyen). Pare che lo Spiegel, o ha la vista lunga, oppure il dente avvelenato, in quanto riporta come pure la campagna pubblicitaria – a detta della Bundeswehr pensata proprio dalle donne – dell’anno scorso fosse a sua volta basata su dei cliché di ruolo (ed assomigliasse più che altro ad una pubblicità di scarpe).

Ulteriore ironia: a fine gennaio di quest’anno, proprio il Ministro della Difesa ha sottolineato la necessità di rendere le forze armate più attrattive per le donne. Il Ministro, facendo riferimento al rapporto “Truppenbild ohne Dame!”, si era espresso favorevolmente circa il lavoro fatto negli anni dalla Bundeswehr per attrarre più donne e aveva poi proseguito dicendo: “Dobbiamo rendere la strada della carriera più percorribile per le donne, accelerare la compatibilità tra servizio e famiglia e rendere più visibile quanto la Bundeswehr tragga vantaggio dal crescente numero delle donne nelle truppe. La Bundeswehr ha bisogno delle teste più valide, tra le quali ci sono tante donne quanti uomini.” Anche le teste più valide sono probabilmente inclini all’errore.

Germania: uno dei Paesi più attenti al politically correct. Se devi parcheggiare e sei donna, spesso hai un posto tutto per te, che gli uomini finiscono sempre per invidiarti. E se sei nell’esercito? Basandoci sulle dichiarazioni della Bundeswehr, abbiamo cercato di capire se la vita nell’esercito attragga o meno le donne tedesche. Seguiteci e capirete insieme a noi chi è vittima di chi nel fuoco incrociato degli stereotipi.

Primo passo: la pagina delle Frequently Asked Questions (FAQ per gli amici); tipologia e numero delle domande costituiscono spesso un biglietto da visita importante. La politica della Bundeswehr in merito lascia lecito spazio al dubbio; sulla pagina campeggiano infatti solo tre punti interrogativi. 1) Cosa possono diventare le donne nella Bundeswehr (nel senso di quali ruoli e quali impieghi possono ricoprire), 2) ci sono delle uniformi femminili extra? 3) Donne e uomini vengono pagati allo stesso modo? Le domande che ci siamo posti noi sono state di tutt’altro genere: può una donna nel 2014 essere tanto ingenua da ritenere che le forze armate tedesche discriminino il genere femminile tanto da non lasciarlo accedere alle stesse cariche di quello maschile? Può ella essere davvero interessata a una riposta come “ad esempio gonne, camicette e simili”? Ad esser ancora più degna di nota, la frase: “La Bundeswehr non fa differenza alcuna. Un soldato è un soldato – non importa se è maschio o femmina.” Laddove fugare ogni dubbio è visto come necessario, qualcosa si annida.

La prima domanda infatti ci ha messo la pulce nell’orecchio. E così abbiamo scoperto che la possibilità per una soldatessa di aspirare alla stessa carriera di un soldato sussiste soltanto dal primo gennaio 2001 e ha preso piede solo in seguito ad un giudizio della Corte di Giustizia Europea (giudizio dell’11 gennaio 2000, qui il riassunto della sentenza in italiano), basato sulla parità tra uomini e donne. Di fatto, fino a quel momento, le donne potevano far parte delle forze armate solo entrando nel corpo medico (Sanitätsdienst), o in quello musicale (Militärmusikdienst). Quando la Bundeswehr venne istituita, le donne infatti non erano ammesse, salvo che nel ruolo di civili addette al servizio sanitario e alla branca amministrativa; nel 1975 i medici donne hanno potuto iniziare a vestire l’uniforme. L’ingresso delle donne come aspiranti alla carriera di ufficiale nel personale sanitario dell’esercito compie invece proprio quest’anno 25 anni: nel 1989 hanno fatto il loro ingresso le prime 50 cadette; due anni dopo si sono così aperte alle donne tutte le possibilità di carriera nei rami medico e musicale delle forze armate. Per aspettare il cambiamento completo, come abbiamo visto, si arriva solo a 13 anni fa.

Ma quante sono? Secondo un rapporto messo in rete a dicembre dell’anno scorso, le donne costituiscono meno del 10% delle forze armate tedesche. Si parla di un totale di circa 19.000 soldatesse, trend in aumento. Nel 2001 (anno della riforma, come abbiamo visto), erano solo 6.700 e da allora non hanno fatto altro che aumentare. Il grafico mostra la suddivisione del personale femminile, cui andrebbero comunque aggiunte le 34.000 donne che, pur restando dei civili, prestano servizio presso la Bundeswehr ed il Ministero della Difesa. Sempre più donne salgono inoltre di grado: per citarne alcune, oltre 4.000 donne sono Offizier o Sanitätsoffizier, mentre circa 6.000 ricoprono la carica di Unteroffiziere mit Portepee.

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Quantità o qualità? Secondo il rapporto, la bassa percentuale sottolinea come le donne non abbiano perso lo status di “Token”, ovvero di simboli o mascotte, rilevanti non in quanto individui, bensì come rappresentanti di un gruppo. Entra quindi in gioco il fattore della discriminazione di genere tra soldati e soldatesse: mentre le leve degli anni passati tendono a vedere le soldatesse attraverso le lenti di pregiudizio del tradizionale ruolo della donna, quelle nuove presentano un sessismo per così dire “moderno”; essi infatti cercano di screditare le misure per la parità tra i sessi tramite l’illazione, secondo la quale esse “avvantaggerebbero le donne e quindi sarebbero contrarie alla rivendicazione di uguaglianza, così pure come ai requisiti funzionali delle Forze Armate”. Gli aspetti che li vedono in particolar modo critici sono: la rappresentazione della forza dello Stato, gli incarichi ricoperti durante le missioni di peace keeping, e la funzionalità per quanto concerne le missioni di combattimento. Altro pregiudizio che ogni tanto fa capolino: attraverso le donne, l’esercito perderebbe prestigio. La presenza delle donne nella Bundeswehr lascia quindi degli interrogativi aperti, tant’è che tra il 10 e l’11 luglio di si è tenuto un convegno ad Amburgo, dal titolo “Soldatesse nella Bundeswehr – clima di integrazione e prospettive”, convegno che ha preso spunto dallo studio “Truppenbild ohne Dame?” pubblicato all’inizio dell’anno.

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Lo studio “Truppenbild ohne Dame? Eine sozialwissenschaftliche Begleituntersuchung zum aktuellen Stand der Integration von Frauen in die Bundeswehr“ si basa su dati del 2011 ed è stato reso noto nel gennaio 2014; esso ha preso in esame circa 14.500 persone tra soldati e soldatesse. In seguito all’apertura del 2001 per via della sentenza europea, l’integrazione delle donne nella Bundeswehr ha fatto “enormi progressi” e ha incentivato la presenza femminile nelle forze armate. I dati emersi non sono tuttavia uniformi e di fatto si riscontra la necessità di ulteriori sforzi nel campo; vi proponiamo un grafico che mette a confronto l’opinione degli uomini nel 2005 con quella nel 2011, circa i seguenti aspetti: 1) I soldati (uomini) credono più fortemente che le donne non siano adatte alla dura vita del fronte; 2) credono che le donne non siano adatte ai ruoli corporali impegnativi; 3) notano una perdita nell’efficienza bellica in seguito all’integrazione delle donne; 4) credono che la Bundeswehr, in seguito all’integrazione sia peggiorata; 5) sono dell’opinione che con le donne si possa collaborare bene; 6) ritengono che le donne non siano adatte a ricoprire funzioni superiori; 7) credono che le donne siano valutate in maniera troppo positiva; 8) credono che le donne abbiano migliori possibilità di carriera; 9) credono che dalle donne ci si aspetti di meno; 10) vedono le donne trattate meglio attraverso i superiori; 11) credono che l’integrazione richieda sforzi ancora maggiori.

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Interessante in particolare il quadro che si presenta relativamente alle molestie sessuali: non è possibile in questo caso comparare i dati del 2005 con quelli del 2011, perché le variabili sono state leggermente modificate. Ciò nonostante, le donne che hanno dichiarato di avere subito la più grave delle quattro varianti di molestie sessuali presentate nello studio (ovvero azioni contro la propria autodeterminazione sessuale: violenza sessuale e stupro) si attestano al 3%. Come lo studio tuttavia precisa, la cifra include anche le violenze perpetrate ai danni di soldatesse da altre soldatesse. Per leggere altri dati utili alla comprensione del fenomeno, vi rimandiamo allo studio completo, che potete scaricare da qui.

Ruolo tradizionale o meno della donna, un altro punto nell’analisi non poteva mancare: la famiglia. Da questo punto di vista, parrebbe tutto in regola. La scheda che fa riferimento alla famiglia e alla carriera, sceglie come immagine una donna soldato in primo piano, con la citazione “Carriera e famiglia – entrambe sono per me importanti. E questo dev’essere ovvio”. Tre i punti chiave offerti dalla Bundeswehr: 1) l’esercito fornisce servizi di babysitteraggio dei bambini (un totale di 110 nuovi progetti da qui al 2019, ovvero 22 all’anno di media, quest’anno sono stati stanziati 22,7 milioni di euro al fine di rendere più compatibile il servizio con l’impegno lavorativo dei genitori nell’esercito, la Bundeswehr mette inoltre a disposizione un portale con tanto di App sui servizi offerti circa i figli); 2) l’assistenza nel momento in cui avvengono i trasferimenti o consiglio quando le relazioni personali cambiano (per fine 2015 è prevista la creazione di sportelli informativi omnicomprensivi che seguano il soldato / la soldatessa e come gestire le questioni relative alle loro famiglie); 3) la messa a disposizione di comunicazioni gratuite (telefonate ed internet) nel momento in cui ci si trova all’estero.

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Nient’altro d’aggiungere? Solo qualche caso curioso: la parte delle testimonianze non ne è priva. Come la storia di Helen Henke, entrata nella Bundeswehr come carrista a 52 anni: “Già da ragazza, entrare nell’esercito era un mio sogno” (come specifica tuttavia, all’epoca lei pensava alla Marina: “Hanno delle uniformi tanto eleganti”). Interessante il fatto che la signora Henke abbia figli: la figlia per la precisione è Feldjäger. Interessante anche la storia di Franziska R., a capo dell’economato militare della missione in Kosovo: 32 anni, ha lavorato precedentemente presso il Ministero della Difesa: “Volevo assolutamente conoscere anche l’altro lato della medaglia, imparare a pensare dal punto di vista della missione sul campo e soprattutto aiutare i commilitoni qui […]. Mio marito è capace di grande comprensione e mi ha appoggiata nella mia decisione, tanto che io posso immaginarmi, che questa non sia la mia ultima missione.” Altre donne, altri luoghi invece per Ariane A., ufficiale e storica presso il Zentrum für Militärgeschichte und Sozialwissenschaften der Bundeswehr di Potsdam, ora attiva nella ricerca in Afghanistan, dove accompagna i giornalisti (Media Escort Officer). Alle ragazze che stanno facendo un pensiero circa l’entrare nella Bundeswehr, rivolge un suggerimento su ciò di cui avranno bisogno: “una buona dose di spirito d’avventura e di tenacia”. Se alla lettura preferite l’ascolto, ecco qui due altre storie di donne. Per i più romantici, ecco invece il matrimonio celebrato in Afghanistan all’interno di una base militare.

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Avventura, tenacia e spirito critico: strumenti necessari soprattutto quando ci si scontra con un mondo ancora molto maschile. Se la Bundeswehr ci tiene quindi a restare nel novero dei maggiori datori di lavoro della Germania, essa deve affinare le proprie strategie di marketing, nonché lavorare sulla mentalità dei suoi membri. Ecco allora la grande domanda: fa più rumore lo strisciare umido delle salviettine pulenti, o il 3% nelle violenze sessuali? A voi la scelta…

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