INCHIESTA – È sicura la centrale nucleare di Berlino alimentata ad uranio?

Nei dintorni di Steglitz, il verde quartiere berlinese che si trova ai confini sud ovest della città, si nasconde tra gli alberi un complesso di anonimi edifici bianchi senza finestre. Si tratta della centrale nucleare di Berlino. L’Helmholtz Zentrum Berlin (HZB) è un impianto di ricerca che studia la materia e l’energia e tra le sue strutture ospita una vera e propria centrale elettro-nucleare, alimentata ad uranio, la BER-II.

L’impianto, che si trova nella zona di Wannsee, è specializzato nello scattering di neutroni, ovvero nella serie di fenomeni atti a scatenare collisioni a livello quantistico tra neutroni e atomi per poi studiarne le reazioni sui vari materiali. Le scoperte e i nuovi studi che vengono effettuati tramite l’utilizzo del reattore BER-II sono applicabili soprattutto ad ingegneria e medicina, in particolare per quanto riguarda lo studio di un nuovo tipo di raggi X in grado di curare il tumore agli occhi.

L’HZB ha però deciso di fermare l’intera struttura a partire dallo scorso dicembre. Se i problemi per la sicurezza sembrano minimi, operare con una centrale nucleare in una delle più grandi città d’Europa impone infatti la massima cautela. Nonostante i soli 10 MW di potenza (contro i 3000/4000 di una centrale nucleare pensata per produrre energia), BER-II ha operato negli ultimi tre anni con una breccia in una paratia che protegge il nocciolo del reattore; tale crepa, di 11 centimetri, è stata riparata con una saldatura a laser e costantemente tenuta sotto controllo dai tecnici della HZB. Lo scorso autunno degli inviati del TÜV (Technischer Überwachungs-Verein, la società che gestisce le certificazioni di sicurezza ambientale) e dell’agenzia atomica berlinese hanno ispezionato il reattore giudicandolo esente da qualsiasi pericolo per la sicurezza, ciononostante la HZB ha deciso il fermo totale della struttura, ufficialmente per “lavori di riammodernamento” (nonostante fossero previsti nel 2015 dei lavori di potenziamento). Leggermente differente è la versione di Ina Helms, portavoce della società, che dalle pagine del Berliner Morgenpost dichiara: “Con coscienza ed esperienza, assieme al TÜV e alla Sovrintendenza per la sicurezza atomica di Berlino, abbiamo valutato se l’attività di ricerca fosse comunque possibile con una breccia di 11 centimetri in una paratia. Nonostante la nostra convinzione che non esistano reali rischi, per il bene della sicurezza è stato deciso comunque di fermare l’impianto”. Tra le varie misure aggiuntive che BER-II adotta rispetto ad una normale centrale nucleare, vi è l’esistenza di un piano di evacuazione per gli abitanti che vivono nella zona compresa tra Steglitz e Wannsee.

A dispetto di tutte le precauzioni che la HZB ha preso per evitare qualsiasi tipo di inconveniente, la Anti Atom Berlin, l’associazione berlinese che si batte contro l’energia nucleare nella capitale, non si è lasciata sfuggire il fatto che BER-II operi da quasi quattro anni con un componente danneggiato. Con un comunicato sul proprio sito web il gruppo ha ribadito la propria convinzione secondo cui le ricerche che il centro conduce sono teoricamente possibili anche senza l’utilizzo dell’energia nucleare. L’Anti-Atom Bündnis si batte da sempre per la chiusura della centrale di Wannsee, in quanto ritenuta non sufficientemente sicura e piuttosto datata (si tratta della centrale a scopo di ricerca più vecchia di Germania). L’associazione solleva inoltre la questione dei rifiuti radioattivi prodotti da BER-II che, non smaltibili direttamente, costituiscono un grosso problema ambientale.

In effetti, buona parte delle scorie radioattive che il reattore produce viene spedita negli Stati Uniti per essere stoccata in appositi siti, mentre soltanto i residui “a bassa radiottività” vengono stoccati in Germania. Per comprendere l’entità dei rifiuti prodotti, basta pensare che l’HZB produce circa il 10% delle scorie a bassa radiottività di tutta Berlino (generalmente prodotte da ospedali e fabbriche).

L’idea di costruire una centrale nucleare nella periferia di una grande città viene sviluppata nel 1959 dagli scienziati Otto Hahn e Lise Meitner, che creano un istituto specializzato nello studio della chimica nucleare. Tale impianto, chiamato BER-I, pensato al solo scopo della ricerca, sviluppa una potenza di soli 50 kilowatt (kW). Nel 1971 l’instituto Hahn-Meitner passa sotto il controllo del comune di Berlino Ovest, quando è già in costruzione il sostituto di BER-I, BER-II. Un nuovo reattore capace di produrre 5 megawatt (MW) in grado di aiutare gli scienziati nello studio della radiochimica, dell’ottica e delle proprietà fisiche dei materiali. Nel 1991 BER-II viene migliorato e modificato arrivando a produrre 10 MW di energia elettrica. Nel 2009 nasce l’attuale Helmholz Zentrum Berlin, in seguito alla fusione dell’instituto Hahn-Meitner con la Berliner Elektronenspeicherring-Gesellschaft für Synchrotronstrahlung (BESSY), un’altra struttura di ricerca situata nel quartiere Adlerhof, che al suo interno ospita un acceleratore di particelle pensato per lo studio dei campi magnetici.

Una data di riapertura di BER-II non è ancora stata fissata, ma i fattori in gioco vanno oltre il lieve danno al reattore e ai problemi di sicurezza: in seguito al disastro di Fukushima del 2011, il governo federale tedesco ha deciso di chiudere tutte le centrali elettroatomiche operanti in Germania entro il 2022.  Se è vero che gli impianti a scopo di ricerca, come quello ospitato a Berlino dall’HZB, sembrano essere esenti da questa decisione, rimane comunque una soglia di attenzione molto alta per prevenire qualsiasi incidente. Inoltre la presenza di BER-II, ha influenzato le future rotte aeree verso il nuovo aeroporto BER: quando le rotte saranno attive (non esiste una data precisa, si stima intorno al 2017), è infatti previsto l’arrivo di una nuova fonte di neutroni provenienti dalla Svezia che andranno ulteriormente a potenziare la piccola centrale nucleare della capitale tedesca.

La foto è © pete shacky CC BY-SA 2.0

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