«Io, campione italiano del caffè 2017, a Berlino ho imparato ad amare il caffè da filtro»

Il nuovo campione italiano del caffè 2017 nella categoria brewing è Gianenrico Zaniol, veneziano trapiantato a Berlino.

Lo scorso gennaio a Rimini si sono svolti i campionati italiani che hanno eletto i migliori nel campo della caffetteria. Questo tipo di competizioni sono organizzate da WCE (World Coffe Event) e SCA (Specialty Coffee Association), enti che puntano a diffondere la cultura di un caffè di qualità e di una filosofia di lavoro alternativa. Ogni nazione organizza i propri campionati i cui vincitori partecipano in seguito ai mondiali che si svolgono ogni anno in una sede diversa. I partecipanti all’evento di Rimini si sono sfidati in diverse categorie: barista, brewer, latte art, roaster (torrefattore), cup-taster e ibrik (caffè alla turca). Ad aggiudicarsi il titolo di campione italiano per la categoria brewing è stato Gianenrico Zaniol, o semplicemente Gian per gli amici, 37enne originario di Treviso che vive e lavora a Berlino. Grazie a questo risultato rappresenterà l’Italia ai campionati mondiali del caffè che si terranno a Budapest dal 13 al 15 giugno 2017. Sei anni fa Gian si è trasferito a Berlino principalmente per amore, ma qui ha anche sviluppato la sua passione per il caffè ed i suoi metodi di elaborazione. A Berlino Gian lavora per una caffetteria tedesca, il Chapter One, situata nella zona di Gneisenaustraße. La proprietaria di questa caffetteria, Nora Smahelova, ha voluto investire su di lui e farlo partecipare ai campionati italiani del caffè. In un’intervista Gian ci ha raccontato qualcosa in più di questa esperienza e del suo “nuovo” amore per il caffè da filtro: «Mi ritengo un consumatore compulsivo di caffeina. Da quando mi sono trasferito a Berlino sono passato da 15 espressi doppi al giorno a due, bevendo però altri quattro caffè da filtro».

Il trasferimento a Berlino e l’inizio della carriera da brewer

«Di origine sono di Treviso, ma naturalizzato veneziano. Nel 2011 ho deciso di trasferirmi in Germania per raggiungere la mia ragazza tedesca conosciuta a Venezia e conquistata a furia di caffè latte. A Venezia stavo molto bene e non avevo alcun motivo per lasciare la città che amo. Ho sempre lavorato nella ristorazione a contatto con le persone e portato avanti questo mestiere con dedizione. Il caffè è sempre stato per me una grande passione, come del resto gran parte degli italiani. Arrivato a Berlino ho cercato lavoro nel mio settore, inizialmente con scarsi risultati, dovuti alla mia poca conoscenza della lingua tedesca. Un giorno, assieme alla mia ragazza, mi sono recato alla caffetteria Godshot, vicino Kollwitzplatz, dove ho bevuto il mio primo specialty coffee, di cui ignoravo completamente l’esistenza. Dopo averlo provato me ne sono innamorato e ho capito che il caffè può avere un sapore molto diverso da quello a cui ero abituato. Così ho deciso di lasciare il mio curriculum al locale e sono stato preso. Così mi sono ritrovato a lavorare in una caffetteria con persone appassionate che mi hanno stimolato a dare sempre di più e ad avere sempre più voglia di imparare. La vera svolta è arrivata quando, due anni e mezzo fa, ho iniziato a lavorare per Nora e Bjorn del Chapter One. Il vero motivo per cui ho accettato la loro offerta di lavoro riguardava proprio il caffè da filtro. Avevo voglia di scoprire questo mondo che per noi italiani è qualcosa di strano e sconosciuto. Al Chapter One ho iniziato a lavorare con baristi specializzati che avevano le idee chiare su cosa fare e sul perché farlo. Ho avuto la fortuna di conoscere diverse torrefazioni e ho iniziato a sperimentare diversi tipi di caffè, soprattutto dal punto di vista della tostatura. C’è una differenza enorme tra un caffè che si appoggia alle torrefazioni classiche e uno specialty, prodotto a diretto contatto con i coltivatori di caffè, dunque con la possibilità di comprare caffè più fresco con una maggiore qualità. Da un lato lo specialty è più caro, ma dall’altro chi coltiva caffè guadagna di più ed ha la possibilità di investire questo denaro in ricerca e sviluppo. Si parla comunque di caffè tracciabili, di cui si sa tutto».

La figura del brewer

«Il brewer è un barista che si occupa delle estrazioni non espresso del caffè, utilizzando filtri di carta o altri metodi di infusione per servire la bevanda. Questa procedura richiede più tempo dell’espresso, che ha bisogno di 25 secondi, perché un filtro può impiegare dai due minuti e mezzo ai quattro minuti. Si tratta di un modo diverso di approcciarsi alla bevanda caffè. Il barista ha un ruolo dominante e la mano fa la differenza. Io vedo il brewing come un rituale, un gesto d’amore che richiede grandi attenzioni e cure. È una pausa dalla frenesia del mondo. Non ci si può rapportare al caffè da filtro con fretta. Bisogna prendersi il tempo di gustarlo e capirlo, essendo una bevanda complessa che muta col tempo. Raffreddandosi acquista nuovi sapori mentre altri ne vengono esaltati. Mi fa sorridere quando la gente lo chiama “brodino” perché è così distante dalla realtà. Mi fa piacere se riesco a portare un cliente, soprattutto se italiano, ad apprezzare altri tipi di estrazioni. Questo è il ruolo fondamentale del barista: informare e divulgare. I clienti vanno guidati, non si può pretendere tutto e subito».

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La vittoria come miglior brewer ai campionati italiani del caffè

«Tutto è nato per caso da un’idea di Nora, in quanto il mio collega Milo aveva partecipato precedentemente ai campionati tedeschi per baristi. Mi ha proposto di partecipare alla Brewers Cup in Italia, incentivando ancora di più la mia passione per i caffè da filtro. Inizialmente ho rifiutato, perché sono un tipo ansioso e credevo non fosse una cosa per me. In seguito però ho capito che il vero motivo che c’è nel partecipare ad una gara è tentare di superare i propri limiti e migliorarsi e così ho pensato che potesse essere un’occasione di crescita. A settembre 2016 ho iniziato ad allenarmi per affrontare questa nuova sfida, con Nora come coach. Ho speso tantissimo tempo nella ricerca di un caffè adatto alla competizione finché, grazie a Stefanos Domatiotis (World Brewers Cup Champion 2014), ho trovato uno dei caffè più buoni mai bevuti in tutta la mia vita: un caffè naturale che proviene dall’Etiopia con fermentazione non uniforme. La gara dura dieci minuti durante i quali si preparano tre infusioni a filtro, una per ognuno dei tre giudici sensoriali. In più c’è una presentazione nella quale si illustrano tutti i passaggi necessari per ottenere il risultato desiderato in tazza. L’emozione era fortissima, ma ho deciso di considerare i giudici né più né meno di semplici clienti. La vittoria è stata comunque inaspettata non solo perché si trattava della mia prima gara, ma anche perché mi sono trovato in finale contro Rubens Gardelli, un nome importante. A quel punto ho pensato che sarebbe stata molto dura. E invece il mio caffè ha vinto».

Caffetterie tedesche e italiane

«Il motivo della scelta di lavorare per tedeschi è stata solo la lingua. Ho visto troppa gente trasferirsi qui e non imparare il tedesco, lavorando per italiani, con clienti italiani e conoscendo solo italiani. A mio avviso questa non è integrazione. In secondo luogo perché gli specialty coffee in Italia non sono ancora al livello di quelli tedeschi. Nelle caffetterie tedesche ho trovato molti stimoli e tanto da imparare e in più Berlino è la città in cui è iniziato lo specialty in Germania. Anche se i tedeschi sono più avanti nel campo del caffè da filtro, in Italia le cose stanno cambiando. La scena italiana sta crescendo molto velocemente con un attenzione alla qualità e alla preparazione dei baristi che è paragonabile a quella internazionale. Di questo sono molto orgoglioso. Non mi sento di giudicare le caffetterie italiane a Berlino. Quando sei all’estero e straniero devi sempre lottare per ottenere tutto. Posso solo permettermi di dire che alla maggior parte delle caffetterie italiane a Berlino manca la ricerca di unicità ed un’adeguata preparazione dei baristi. Nonostante io lavori da sei anni con gli specialty coffee penso di avere ancora tanto da imparare».

La preparazione ai campionati mondiali del caffè di Budapest

«Ho deciso di usare la stessa struttura della gara italiana, con qualche rifinitura e miglioramento. Anche questa volta ho trovato un caffè formidabile e so di avere al mio fianco il miglior coach che si possa desiderare, Nora. Con grande umiltà tenterò di dare il meglio di me. Negli ultimi quattro mesi mi sono allenato duramente. A fine aprile mi sono rotto il gomito in un incidente in bici, ma sono ancora più motivato perché so di aver perso tre settimane. La voglia di vincere è tanta, ma la concorrenza è ancora più alta. Di sicuro sono un barista migliore di quello che ero all’inizio di questa avventura».
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Foto di copertina: Gianenrico Zaniol re della Brewers Cup © Lorenza Cini