Islam, © https://pixabay.com/it/photos/persona-umano-femmina-spazio-luce-1171956/

“Io napoletana vi spiego perché a 35 anni ho deciso di diventare musulmana insieme a mio marito”

Carla è una mia amica, ma era da alcuni anni che non la sentivo, per quanto ovunque andassi, ho sempre avuto vivido nella mia mente i suoi lunghi riccioli castani, la montatura arrotondata degli occhiali e quella voce soul che faceva venire i brividi ogni volta che la si ascoltava al coro della chiesa. Si, perché l’ultima volta che l’ho vista, eravamo entrambe vestite con una tunica blu e cantavamo insieme battendo le mani in un coro gospel. Poi, io sono partita, lei è rimasta a Napoli. Nella mia immaginazione la sua vita proseguiva come l’avevo conosciuta in passato. Mi sbagliavo. Qualche settimana fa mi sono apparse delle sue foto recenti sull’home page di Facebook.  Sorrideva, come ha sempre soriso, ma sulla testa niente riccioli, o forse sì, di certo non visibili, visto che ad avvolger il suo capo c’era e, c’è tuttora, un velo. Carla da quattro anni è diventata musulmana. Ho voluto scriverle e poi parlarle per chiederle che cosa l’abbia portata a quello che, ai miei occhi, è sembrato un cambio di vita.

Il primo contatto con la religione musulmana. “È iniziato quasi per gioco. Dicembre 2009. Io e il mio ragazzo dell’epoca, nonché mio attuale marito, mossi dalla curiosità per altre culture decidiamo di inviare richieste di amicizia a caso su Facebook in tutto il mondo, tra cui Giappone, Stati Uniti, Marocco, Australia. A rispondere sono pochissimi. Fra questi c’è una ragazzina di Tunisi poco più che diciottenne che, per casualità, parla italiano. Cominciamo così una corrispondenza composta da consigli culinari, scolastici, di abbigliamento e di tanto altro. Una sera mi chiede se può parlarmi della sua religione su Skype. Incuriosita e in tutta onestà, con la testa strapiena di pregiudizi, mossa da quella voglia tutta occidentale di “liberare” quella povera ragazza dall’oppressione, accetto con l’idea che alla fine sarò io a rivelarle come stanno davvero le cose. Ed invece più lei mi parla dell’Islam e di Allah, più mi rendo conto che parliamo dello stesso Dio  a cui io, da cristiana, mi rivolgo quando sono nei casini.  Il suo è un Islam che non conoscevo e che stride con l’immagine dipinta dai media.

Scoprire ciò che davvero è la religione musulmana. “A quel punto inizio mia personale ricerca. Mi affascina fin da subito che l’Islam dia al credente la possibilità di vivere con spiritualità la quotidianità di ogni gesto e di poter avere un contatto diretto e costante con il Creatore, attraverso la preghiera, senza bisogno di alcun intermediario. Non solo. Mi colpisce che scienza e Islam non siano in conflitto, ma anzi, la scienza, l’intelletto la capacità di discernimento sono viste come un dono prezioso di Dio. La conoscenza e la ricerca del sapere, sono un obbligo per ciascun musulmano, sia uomo che donna. Inoltre nell’Islam le differenze che noi definiamo di genere sono valorizzate, perché l’uomo completa la donna e viceversa in una perfetta armonia.

Via i pregiudizi. “Più mi informo, più ciò che pensavo con arroganza di sapere si dissolve. L’Islaml che io credevo fosse qualcosa di alieno, brutale e lontano da noi, mi divienecosì familiare, concreto e vicino. Il mio è un lento innamoramento fatto di studio, di apertura, di lotta interiore provocata dalla paura del cambiamento e di dolce, dolcissima resa avvenuta una calda notte d’estate di quasi quattro anni e mezzo fa. Da allora la mia vita è serena, la mia personalità è cambiata, o forse è meglio dire “ritornata”, ritornata a qualcosa che già mi apparteneva, ma che avevo perso con il tempo e che mi rendeva inquieta e insoddisfatta nonostante facessi mille cose per riempire quel vuoto. Sono ritornata a Dio, al mio Creatore e per nulla al mondo tornerei indietro”.

Il marito. “Anche lui si è convertito. A dire il vero lui lo ha fatto qualche mese prima di me, senza dire niente a nessuno. Conoscendo il mio caratterino, aveva timore che potessi prenderlo in giro. Ci siamo sposati poco dopo essere diventati musulmani, dopo 18 lunghissimi anni di fidanzamento. Ci siamo conosciuti quando eravamo dei ragazzini e da allora siamo stati inseparabili. Posso anche dire che non siamo mai stati dei “santarellini” e abbiamo seguito per anni uno stile di vita che definirei piuttosto “bohemien” fatto di eccessi, giornate frenetiche, scandite da nervosismo e mal di testa di fondo. Ora siamo sereni, sobri, appagati ed equilibrati. Io dopo aver studiato al liceo artistico e al conservatorio, lavoro saltuariamente in mercatini e fiere dell’artgianato dove vendo accessori di moda, lui, nonostante un diploma da tatuatore, fa l’operaio”.

La famiglia e gli amici. “C’è stata solo un pochino di diffidenza all’inizio, ma quando hanno visto sulla nostra pelle quanto l’Islam ci avesse migliorati, sono solo stati contenti per la nostra scelta. Un paio di volte sono anche venuti in moschea e sono stati benissimo. Anche se loro sono cattolici fra noi c’è dialogo e un profondo rispetto, oltre ad un amore smisurato. Per quanto riguarda gli amici è stato più o meno lo stesso e ne ho “di tutti i tipi”: cattolici, buddisti, atei, insomma. Quando c’è dialogo e apertura c’è armonia! Mi ritengo in questo una persona molto fortunata, ma purtroppo un caso rarissimo nella nostra società. In questi anni mi è capitato di conoscere alcune persone che come me, hanno liberamente scelto di essere musulmani. Molti di loro hanno subito e subiscono ancora oggi insulti, isolamento ed improperi, da parte di amici e parenti. C’è addirittura chi è stato cacciato di casa e stato costretto a dormire per strada. Ma di questo non se ne parla in televisione. Per questo ringrazio Dio ogni giorno, per avermi donato persone così belle intorno a me”.

La comunità musulmana di Napoli. “È numerosa, giovane, attiva e ben assortita. Non credo ci sia la prevalenza di un’etnia ma una bella varietà di colori. Conosco persone del Bangladesh, Pakistan, Kazakistan, Marocco, Algeria, Tunisia, Palestina, Somalia, Burkina, Bulgaria, Romania, Polonia, ho conosciuto alcuni statunitensi e ci sono anche molte donne italiane! La cosa bella è che quando ci vediamo siamo un’unica grande, gioiosa e festosa famiglia. Il razzismo e la schiavitù non sono assolutamente contemplate nell’Islam. Il profeta Mohammed ricorda ai fedeli: Nessun uomo è superiore all’altro se non per la pietà e le buone azioni. Organizziamo corsi gratuiti di arabo per adulti e di italiano per stranieri. I corsi sono aperti a tutti, anche ai non musulmani o diversamente credenti. Io sono la terribile insegnante di italiano. In più, chiaramente facciamo corsi di religione e corsi per imparare la recitazione del Corano. Molti sono i bimbi e le bimbe della comunità, ed io avendo alle spalle studi musicali, insegno ai piccolini della moschea i “Nasheed”, ossia i nostri canti religiosi. La cosa divertente è che essendo alle prime armi con l’arabo, sono loro che spesso correggono me”.

Essere donna, moglie e di religione islamica. “La donna ha un ruolo importantissimo nell’Islam, ne rappresenta il suo fulcro. Su quest’argomento ci sono talmente tanti miti da sfatare che ci vorrebbe un’intervista a parte. Personalmente come donna e come moglie musulmana mi sento felice e assolutamente appagata. Da mio marito sono amata, rispettata, onorata, ascoltata, coccolata e anche parecchio viziata. Il tutto è pienamente ricambiato. La donna non è la serva del marito ma la sua compagna di vita”.

Femminilità. “Teniamo al nostro aspetto e lo curiamo come ogni donna, con la differenza che la nostra bellezza è un fatto intimo, privato e prezioso. Il fatto che la maggior parte delle persone pensi che il velo sulla testa di una donna la opprima o ne mortifichi la femminilità mi fa sorridere, perché così facendo la percezione della donna viene limitata solo ed esclusivamente al fattore estetico, come qualcosa da mostrare e da mettere in vetrina. Le donne, tutte le donne, sono molto di più! Indossare il velo per una musulmana è un atto di fede. Lo si fa con amore, volontariamente e spontaneamente. Nessun uomo o istituzione al mondo può obbligare una donna a indossarlo con la forza se lei non vuole, e viceversa nessun uomo, nessuna istituzione al mondo può obbligare una donna a toglierlo”.

Il velo. “Ho deciso di indossare il velo dopo un anno e mezzo circa dalla mia conversione all’Islam e di domande da allora me ne sono state poste a migliaia. Mi è stato persino chiesto se facessi lo shampo con il velo! No, lo togliamo in casa, tranquilli. Da allora tutte le volte che esco di casa è un’avventura, a volte divertente altre un po’ meno. Soprattutto quando ti senti vomitare addosso frasi velenose e inviti a tornare al “tuo paese”. Così sto vivendo da straniera nel mio paese, scoprendo tanta gente magnifica, disponibile ma anche tanto, tanto razzismo che non credevo potesse ancora esserci. L’unica cosa che opprime la donna musulmana nel libero occidente sono proprio i luoghi comuni, il razzismo, l’ignoranza e l’ostruzionismo sul lavoro. Ogni volta che una donna musulmana, per “tirare a campare” si vede costretta a togliere il suo amato velo, avviene una grossa, immensa sconfitta per un paese che si proclama democratico”.

La strage di Parigi alla redazione di Charlie Hebdo e ai due poliziotti. “La mia reazione, come quella di tutta la comunità islamica italiana e non solo, è stata di assoluta condanna per ciò che è accaduto a Parigi. Non ci sono parole per esprimere la gravità e l’orrore del gesto. Adesso per colpa di questi terroristi, pazzi, scellerati, criminali che non rappresentano minimamente l’Islam, poiché l’Islam condanna e vieta con forza l’omicidio ed il suicidio, i musulmani di tutto il mondo vengono presi di mira e ingiustamente colpevolizzati da chi, per sciacallaggio adesso cavalca l’onda dell’odio e dell’intolleranza per squallidi fini politici. Noi ci troviamo schiacciati fra incudine e martello e doppiamente impauriti. Da una parte anche noi potenziali vittime di atti terroristici, come lo è stato il poliziotto e il correttore di bozze del giornale Charlie, i quali pur essendo musulmani sono stati vittime dell’attentato. A dimostrazione che il terrorismo non guarda in faccia nessuna religione, poiché non ne fa parte di alcuna. Dall’altra siamo infamanti da accuse rivolte a tutta la comunità islamica da parte di alcuni esponenti politici nostrani che ci additano come complici di questo scempio. Con la conseguenza che le Moschee vengono bruciate e le donne sbeffeggiate e picchiate per strada; il tutto in un assordante silenzio da parte della stampa. Tutto questo è terribile! Così come è terribile, essere delle brave persone, salire su un treno e leggere negli sguardi della gente la paura. Paura di te, che non faresti male a una mosca! Io non mi sento Charlie, perché la mia educazione, il grande rispetto che ho per il prossimo è tale da non farmi prendere in giro nessuna religione o cammino spirituale altrui. Ma al tempo stesso sono contro ogni forma di violenza verbale o fisica che sia e soprattutto sono per la libertà di espressione di qualsiasi individuo. Libertà di espressione che non vuol dire però libertà di offendere. A quanto pare io e Papa Francesco “condividiamo” lo stesso pensiero.

Jonathan Swift, il famoso autore dei Viaggi di Gulliver, disse: “Abbiamo religioni a sufficienza per farci odiare, ma non a sufficienza per farci amare l’un l’altro”. “Non mi sento di condividere questo pensiero e ti spiego perché. L’Islam, come tutte le religioni, sono portatrici di un unico messaggio alla cui base c’è l’amore, la pace, la condivisione, la fratellanza e la speranza. Esortano gli esseri umani a sviluppare e a mostrare la parte migliore di se stessi, ad aprirsi verso il prossimo a creare dialogo, fornendo regole di vita, regole morali da seguire. Il problema nasce quando non ci si attiene a tali dettami, creando caos e delinquenza. Facendolo spesso, anche in nome di questo o quel credo, così come ci mostra la storia. Il problema dunque, non è insito nella religione ma in colui che solo con la bocca ne professa l’appartenenza ma nel cuore, nell’anima e nei fatti ne è lontanissimo”

Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli.

Martin Luther King

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Immagine di copertina: Pixabay