La storia di Ku’damm: anima di Berlino ovest che sta ridiventando cool

Alla scoperta di uno dei viali più celebri di Berlino, a lungo simbolo dell’Ovest cittadino

«… ah, ma allora vivi a Ovest.» [con malcelato disprezzo]
«A Ovest di cosa? Il muro è caduto venticinque anni fa.»
«Sì, insomma, dalle parti di Charlottendorf. [?!] Mi hanno detto che è un quartiere per pensionati.»
«Ma dai. Ci sei mai stato?»
«No, non ho mai oltrepassato Tempelhof.» [pausa di silenzio significativa] «Però mi chiedevo… non è limitante? Nel senso, come fai ad uscire?»
«Dalla porta. Poi decido se prendere la bicicletta o i tre mezzi di trasporto che ho a disposizione sotto casa. Quattro, se contiamo la locomotiva a vapore che il mio dirimpettaio ottuagenario tiene nascosta nelle segrete del palazzo.» [l’ironia cade miseramente nel vuoto]
«Okay, sarà anche ben collegato, l’Ovest. [aridaje] Ma non succede mai niente. Troppo tranquillo, lontano dalla ggente, dalle serate. E poi c’è poca storia.»

Poca storia. Eh già, nell’Ovest di Berlino c’è poca storia.
Forse John Fitzgerald Kennedy, nel suo memorabile discorso a Rathaus Schöneberg del 26 Giugno 1963, non aveva tenuto conto di quelle che cinquant’anni dopo sarebbero state le aspettative mondane e culturali di un techno raver di Rapallo. Berlino Ovest “besonderes politisches Gebiet”, zona politica a statuto speciale, come la definivano i paesi del blocco sovietico. Berlino Ovest vetrina del capitalismo e della vacua superficialità dei costumi. Berlino Ovest dei passaggi di confine, politici e generazionali. Berlino Ovest, Berlino Est… Scusate, ma in che anno siamo? E soprattutto, stiamo parlando davvero della stessa città? È sulla scia di brevi, ma frequenti e inquietanti scambi di battute come quelle sopracitate che molto spesso viene da chiedersi se siamo a Frittole, in un ipotetico anno “quasi Duemila”, o nella Berlino guizzante e multiculturale del 2014.

Ku’damm, oggi

Questa distinzione netta tra le due zone della città (che pur portando i segni evidenti di un passato difficile si differenziano ormai solo per il gusto architettonico e la cospicuità dei fondi urbanistici che il senato cittadino ha deciso di destinarvi), la predilezione spiccata per alcuni quartieri piuttosto che per altri, la tendenza a ricollocare tutto ciò che è cultura in aree urbane specifiche a discapito di altre, il ritorno squisitamente hipster di una vaga nostalgia Ossie in otto millimetri e lo sprezzo per qualunque tipo di evento, punto di ritrovo e potenziale domicilio collocati al di fuori di una risibile circonferenza immaginaria che racchiude quattro o cinque Bezirke giovanilmente accettabili sono tutti fenomeni riconducibili allo stesso trend. Un trend che, paradossalmente, ha nulla o poco a che vedere con la reale percezione urbana dei tedeschi o degli appartenenti alla comunità turca che a Berlino vivono da decenni. Ma che, con atteggiamento anacronistico e poco illuminato, viene ostentato da una categoria specifica di italiani o giovani Ausländer rampanti e facilmente identificabili: quelli arrivati ieri, l’altroieri o un numero imprecisato di mesi fa per il semplice fatto che Berlino è una città cool. E puntando al fattore cool non possono che scegliere di vivere, bazzicare e ritrovarsi solo in zone che rispondano a dei canoni tacitamente prefissati e a loro parere inconfutabili. Disdegnando con una scrollata di spalle tutto il resto, senza prendersi nemmeno la briga di scoprire i mille volti di questa città e una storia che non sia ridisegnata solo dal numero di fabbriche dismesse convertite in templi della scena musicale alternativa.

Simbolo dell’Ovest

Eppure – sebbene escluso dal panorama degli eventi underground – anche il caro, vecchio, bistrattato Ovest ha una sua anima, dei luoghi che vibrano di storia e narrano silenziosamente le crepe di un vissuto che Berlino stenta a dimenticare. Tra questi una lunga arteria cittadina che attualmente risuona di echi patinati e frenesia commerciale, ma che ancor prima di diventare un moderno ed elegante boulevard ha rappresentato un frammento della storia di Berlino che vale la pena raccontare. Parliamo del Kurfürstendamm, per ovvii motivi di praticità e affettuosamente ribattezzato Ku’damm, il viale di tre chilometri e mezzo che attraversa quattro distretti e collega Breitscheidplatz a Rathenauplatz, incarnando un primato europeo in fatto di lusso e raffinatezza. Certo è che, cinquecento anni prima di udire sul suo asfalto il rombo di Ferrari e Maserati e risplendere di vetrine posh, il Kurfürstendamm non era altro che un terrapieno fangoso realizzato principalmente per scopi di viabilità. L’avreste mai detto?

La storia

La storia di quest’arteria cittadina comincia intorno al 1542, quando Gioacchino II di Hohenzollern, principe elettore del Brandeburgo, decide di creare uno snodo facilmente percorribile a cavallo affinché i principi elettori (i Kurfürsten, appunto) possano spostarsi rapidamente dallo Stadtschloss eretto nel cuore di Berlino alla riserva di caccia di Grunewald, la foresta a ridosso della porta occidentale della città. Per ben tre secoli, il viale continua ad assolvere essenzialmente a questa funzione e ad agevolare gli spostamenti dal centro della città alle zone boschive limitrofe. È solo nel 1875 che Otto von Bismark, ispirandosi al fasto degli Champs-Élysées parigini, ordina la sua trasformazione da viottolo polveroso ad amplio ed elegante boulevard di rappresentanza. Lo sviluppo successivo è repentino e inaspettato, e il Kurfürstendamm – oltre ad ospitare il passeggio e gli svaghi dell’alta borghesia berlinese – diventa la passerella di presentazione delle nuove scoperte tecnologiche simbolo della mentalità imprenditoriale nascente. È qui che nel 1882 compie il suo tragitto inaugurale il primo autobus di superficie al mondo ed è sempre qui che, quattro anni dopo, Carl Benz brevetta e collauda la prima automobile a motore della storia. Il 5 Maggio 1886, data di istituzione di una linea tranviaria moderna e veloce, rappresenta un tassello fondamentale nell’evoluzione storica del viale, che all’epoca fa ancora parte della città di Charlottenburg e sarà inglobato nel territorio amministrativo della capitale solo nel 1920.

Nel primo decennio del Novecento, il Ku’damm è ormai diventato un crocevia vivace e dinamico, specchio della vitalità che caratterizza l’intera città di Berlino. Tra le varie personalità letterarie vissute nei dintorni di questo viale prestigioso c’è lo scrittore Walter Benjamin, che raccontando la sua infanzia berlinese è riuscito a restituire un’atmosfera vivida e peculiare del magnifico boulevard. Nell’autobiografia Berliner Kindheit um 1900, Benjamin scrive: “Con quali parole descrivere il sentimento quasi immemorabile della sicurezza borghese che emanavano questi appartamenti? La miseria qui non era di casa, come non lo era la morte.” È in questo periodo che fanno la loro comparsa i primi luoghi di ritrovo per attori, intellettuali e scrittori (tra i più famosi il Café Schillin, il Café Kranzler e il Café des Westens), i varietés, i cabaret (impossibile non menzionare il noto Kabarett der Komiker) e le primissime sale cinematografiche degli albori. Nel Romanischer Café sul Kurfürstendamm debuttano Erich Kästner, Max Reinhard e Berthold Brecht. Ed è qui, non a Hollywood, che viene proiettato il primo lungometraggio sonoro della storia, seguito dalle proteste per gli effetti neurologici presumibilmente deleteri causati da questa strabiliante e rivoluzionaria innovazione.

L’inizio degli Anni Trenta segna la fine di quest’epoca aurea ed entusiasta anche nei quartieri che lambiscono il viale simbolo del fermento e del benessere. Con la presa di potere del partito nazionalsocialista, l’idillio borghese subisce una vera e propria dilapidazione. Nel 1931 ha luogo il cosiddetto Pogrom del Kurfürstendamm, con i famigerati assalti antisemiti ad opera delle milizie naziste. A partire dal 1933 i negozi ebraici vengono spietatamente e meticolosamente boicottati o confiscati con la forza, costringendo molti residenti ebrei della zona ad emigrare in paesi europei più sicuri. Nel 1938 il tragico epilogo, che rappresenta l’apice di un decennio infausto: viene incendiata la famosa sinagoga della Fasanenstraße, insieme a una decina di stradine residenziali del quartiere. I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, in seguito, distruggono o danneggiano gran parte degli edifici che un tempo facevano bella mostra delle loro eleganti facciate, e i resti celebri della Gedächtniskirche sono ancora lì a rammentare i tragici eventi di oltre settant’anni fa.

Nel secondo dopoguerra, la vita sul Ku’damm fa presto a dimenticare gli echi drammatici delle bombe e del conflitto. Nel 1945 le sue strade ospitano nuovamente – come in passato – cinema, atelier alla moda, boutique e café, restituendo allo storico viale rinnovata fama mondiale. Nel 1952, in occasione della Berlinale, passeggiano sul Kurfürstendamm star cinematografiche di calibro internazionale che, attirate dall’eleganza del quartiere, scelgono di soggiornare negli alberghi di lusso di recente apertura. Nel 1961 viene eretto il Muro: Berlino è ora una città divisa, a inaugurazione della fase più critica e drammatica della Guerra Fredda. Questo viale assume così un ruolo chiave nel confronto fra due sistemi politici avversari, trasformandosi nella vetrina dell’Ovest libero e ostentando modernissimi uffici, raffinati negozi e innumerevoli luoghi di svago. Quello che succede sul Ku’damm deve essere sotto l’obiettivo del mondo intero, tant’è che
 quest’attenzione comunicativa, negli anni Sessanta, viene debitamente sfruttata dai movimenti contemporanei per le dimostrazioni politiche legate al dissenso. Il 2 giugno 1962, durante la visita dello scià di Persia a Berlino, l’intero quartiere è teatro di violente agitazioni e proteste studentesche. E uno dei dimostranti, lo studente Benno Ohnesorg, non sopravvive agli scontri con le forze dell’ordine. Questo tragico evento ha il potere di scuotere tutta la Germania ed è ricordato dalla storia come l’episodio catalizzatore del movimento dissidente tedesco del ’68.

Fino alla caduta del Muro, il Kurfürstendamm resta il fulcro vitale di Berlino. Il suo connubio unico al mondo di viale alla moda, strada commerciale, luogo di proteste, quartiere di svago e crocevia di incontri diviene leggendario. Ogni qualvolta i berlinesi debbano festeggiare qualcosa è qui che si ritrovano, da sempre. Nel 1979 viene celebrato sul Ku’damm il primo Christopher Street Day di tutta la Germania, la manifestazione dell’orgoglio gay e lesbo, un appuntamento che da allora si rinnova ogni anno a giugno. Nel 1989 sfila qui, sotto gli sguardi stupefatti dei passanti, anche la prima Loveparade, la cui atmosfera gioiosa e variopinta ha caratterizzato e segnato un’intera generazione di giovani berlinesi ed europei per ventun anni, fino al drammatico epilogo di Duisburg nel 2010. Nel 1995 gli organizzatori sono però costretti a deviare il percorso della parata, perché il Ku’damm si rivela troppo piccolo per un manifestazione divenuta ormai un ritrovo di massa. Nello stesso anno, sempre sul Kurfürstendamm, si svolgerà la festa più commovente che la città ricordi. La notte della caduta del Muro, tra il 9 e il 10 novembre 1989, i berlinesi dell’Est arrivano qui a bordo delle loro Trabi, suonando i clacson, ballando e piangendo insieme ai concittadini ritrovati dell’Ovest. È una notte che la Germania non dimenticherà mai più, e le fotografie del Ku’damm tornano ancora una volta a fare il giro del mondo.

Subito dopo la caduta del Muro, la vecchia signora dell’Ovest cade nel dimenticatoio a vantaggio della Friedrichstraße, che attira frotte di investitori da tutto il mondo. Molte gallerie d’arte e boutique di haute couture, sull’onda del nuovo fermento edilizio, chiudono le loro sedi storiche e riaprono a Mitte. La ex-Berlino Est è terreno vergine, più facilmente plasmabile e sfruttabile, e i brand di lusso cominciano a dislocare prestigiosi store fra Potsdammer Platz, Alexander Platz e la Friedrichstraße. Cominciano a sorgere grattacieli in vetro dal design inedito, cinema modernissimi, ristoranti di lusso, ma con il passare del tempo molti marchi tornano a rivalutare gli antichi splendori del Ku’damm. I quartieri dell’Est hanno un che di freddo e posticcio che mal si sposa con brand dalla prestigiosa tradizione commerciale. Oltre a questo, grazie alla presenza della storica sede del KaDeWe, l’Ovest garantisce una maggiore affidabilità e un rapporto più duraturo e consolidato con il cliente. Se l’Est presenta gli svantaggi di un cantiere in perenne trasformazione, il Kurfürstendamm ha sempre avuto la prerogativa di essere un universo già plasmato e rassicurante. Per non parlare della recente apertura del lussuosissimo Hotel Waldorf Astoria in cima al Zoofenster, dell’inaugurazione del megacomplesso Bikini Berlin e dell’opera di rinnovamento sostanziale di tutta la zona a ridosso della stazione Zoologischer Garten, che hanno contribuito a spalleggiare e confermare l’esplosione di una zona commerciale in perenne crescita.

In definitiva, dopo quasi cinquecento anni di lunga e onorata carriera, il Kurfürstendamm continua a difendersi degnamente. Ha assistito al passaggio di principi a cavallo, ricchi borghesi in calesse, ebrei in fuga, intellettuali e poeti di un’epoca che fu. Ha udito il rombo delle prime automobili, le note scanzonate dei varietà e dei teatri di cabaret, il pianto di un’intera comunità costretta alla diaspora, il tuonare delle bombe, la gioia di un’attesa riunificazione. Ed è ancora lì, a rammentarci tutto questo dietro una facciata di luci e vetrine abbaglianti.
Basta solo trovare il coraggio di oltrepassare Tempelhof.

 

Immagine di copertina: Pixabay

 

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