La storia della leggendaria foto del detenuto che indica il suo aguzzino nazista

Una foto storica rappresenta un ebreo del campo di Buchenwald. La vittima indica il suo aguzzino e un fotografo riesce a immortalare il momento con la sua macchina fotografica

Sono molte le foto scattate durante la Seconda guerra mondiale che sono diventate famose. La foto in questione è insolita, non conforme alla tipologia standardizzata a cui siamo abituati. Quasi sconcertante, rispetto alle altre fotografie che testimoniano gli orrori dei Lager nazisti. Un uomo che si regge in piedi a malapena punta il dito contro un altro individuo in uniforme. La fotocamera ritrae il suo viso smunto e provato dalla fame e un dito che indica con fare provocatorio un altro uomo, non una persona qualsiasi ma proprio uno dei suoi aguzzini.

[adrotate banner=”34″]

La storia narrata dalla fotografia

Ci troviamo nel bel mezzo di una guerra. Il personaggio a destra indossa un’uniforme chiaramente tedesca, è disarmato e con un’espressione sul viso tra l’affranto e il rassegnato. A sinistra vediamo un uomo magro, nelle povere vesti di un prigioniero, che con la bocca mezza aperta e uno sguardo terribilmente fisso indica l’aguzzino nazista. In secondo piano altre due figure, una di spalle e una che si sta voltando, dovrebbero con ogni probabilità essere due soldati americani. Il momento della foto è dunque successivo all’occupazione del campo da parte degli alleati. Il Lager in questione è quello di Buchenwald, nei pressi di Weimar. Gli occhi sbarrati del prigioniero sostengono lo sguardo del suo aguzzino. Nel momento della liberazione ha potuto indicare, come a colpevolizzare, la causa delle sue sofferenze. Non servono, del resto, parole per capire. Comprende bene la guardia tedesca, comprende altrettanto bene il prigioniero. La colpa del carnefice che non potrà mai essere redenta si incarna nello sguardo fisso e nell’atto giudicante della vittima.

Le informazioni sicure sulla foto

L’autore dello scatto di quel periodo è il fotografo americano Harold M. Roberts. Nella giornata del 14 aprile 1945 si trovava, armato di macchina fotografica, nel campo di concentramento di Buchenwald. Del prigioniero si sa solo che è russo e che ha indicato la guardia il 14 aprile 1945, giorno in cui il campo fu liberato. Prima che arrivassero le truppe americane del generale Patton, che si trovavano nelle vicinanze, i prigionieri riuscirono a ribellarsi e a catturare molti nazisti, che avevano organizzato la ritirata per quel giorno.

Il campo di Buchenwald

Il campo di Buchenwald fu uno dei più grandi della Germania nazista. Si trova a circa 8 chilometri da Weimar e come in pochi forse sapranno, al suo interno si creò una specie di resistenza tra i detenuti per la protezione delle donne e dei bambini. Inizialmente il campo era utilizzato solo per criminali, testimoni di Geova o oppositori politici, ma mano a mano si ampliò sempre di più, e servì a eliminare migliaia di persone di origine ebraica, rom e omosessuali. Dopo lo scoppio della guerra, il campo servì soprattutto come prigione per migliaia di prigionieri russi, catturati sul fronte orientale. Il luogo fu anche teatro della realizzazione del piano Aktion T4, che prevedeva l’omicidio di tutti i disabili tedeschi. Ben 1000 ne vennero uccisi solo a Buchenwald, prima che fosse bloccato. Infine, man mano che la guerra sul fronte orientale volgeva al peggio per la Germania, il campo venne individuato come meta finale delle famigerate marce della morte, che colonne di internati dagli altri lager furono costretti ad eseguire, molto spesso a prezzo della vita stessa.

Ilse Koch, alias “la strega di Buchenwald”, fu condannata, per ben due volte, all’ergastolo. Foto di pubblico dominio.

Gli efferati crimini dei nazisti contro i prigionieri

Sebbene Buchenwald non fosse un Lager dotato di camere a gas, le terribili condizioni di lavoro degli internati lo resero di fatto un campo in cui lo sterminio veniva praticato mediante lo sfinimento fisico. Chi non riusciva più a sopportare il lavoro forzato veniva inviato altrove per essere ucciso. Altrimenti era assassinato tramite iniezioni di fenolo. Il campo è stato inoltre reso famoso per i numerosi “esperimenti medici” condotti sui prigionieri. I medici inoltre compirono diversi “esperimenti” sui prigionieri, infettandoli con alcune malattie oppure avvelenandoli mediante il cibo. Addirittura, fecero trasfusioni tra appartenenti a gruppi sanguigni diversi per studiarne l’agonia. Gli omosessuali invece venivano “curati” con massicce dosi di testosterone somministrati ai prigionieri, trattamento che ha provocato la morte degli individui utilizzati come cavie. Il Lager è anche celebre a causa della famigerata Ilse Koch, che ha collezionato vari soprannomi. “La cagna di Buchenwald” (Buchenwälder Hündin) “la strega di Buchenwald” (Die Hexe von Buchenwald) “donnaccia di Buchenwald” (Buchenwälder Schlampe), “la iena di Buchenwald” (Hyänen von Buchenwald). Tra le sue innumerevoli brutalità, faceva scuoiare i prigionieri tatuati per farne copertine di libri.

I bambini di Buchenwald

Evento insolito, una percentuale abbastanza consistente dei sopravvissuti del campo erano bambini, meglio conosciuti come “i bambini di Buchenwald”. Quando il campo fu liberato, le truppe americane trovarono fra 21.000 superstiti circa 904 adolescenti tra i 13 e i 17 anni ma anche bambini dai 6 ai 12 anni. Le dinamiche che si erano sviluppate all’interno del campo facevano sì che i detenuti più grandi aiutassero quelli più giovani; ad esempio i più piccoli venivano esclusi dagli estenuanti lavori forzati.

Bambini sopravvissuti in partenza da Buchenwald. Autore della foto sconosciuto. Foto di Dominio pubblico.

 

[adrotate banner=”39″]

SEGUI TUTTE LE NEWS SU BERLINO, SEGUI BERLINO MAGAZINE SU FACEBOOK

[adrotate banner=”34″]

Immagine di copertina: foto scattata da Harold M. Roberts il 14 aprile del 1945 all’interno del campo di sterminio di Buchenwald. Fonte: Le Foto che hanno segnato un’epoca.