L’America ha scelto Trump ma ora il problema è tutto (o quasi) europeo

Fa freddo, a Berlino, dopo la vittoria di Donald J. Trump alle elezioni americane. È il 9 novembre, la data che ha cambiato la storia della Germania e del mondo intero. Ricorrono 27 anni dal crollo del muro di Berlino che ha inevitabilmente segnato la storia della politica internazionale, distruggendo un sistema che sembrava impossibile scardinare. Il 9 novembre 2016 verrà probabilmente ricordato come un’altra data importante nella storia della politica internazionale: il giorno in cui è stato eletto il primo presidente americano senza esperienza politica, un outsider, che ha incentrato la campagna elettorale su uno programma anti-sistema, che predicava isolazionismo internazionale, ma allo stesso tempo più lavoro per gli americani e meno tasse.

Un nuovo Berlusconi? Forse ma il dato più importante è che, dopo il confronto elettorale peggiore della storia degli Stati Uniti, la comunità internazionale non ha assolutamente un’idea di come agire per ristabilire un equilibrio nel caos della politica globale. La stessa situazione, forse peggiore, si ebbe dopo la caduta del muro di Berlino: nessuno se lo aspettava, tutti davano per scontato che il mondo e la Germania sarebbero rimasti divisi in due blocchi, URSS da un lato USA dall’altro. Il popolo, il 9 novembre 1989, fece la storia. I tedeschi scrissero la storia, resero possibile l’impossibile. Un mondo è finito il 9 novembre 1989, un nuovo mondo è nato dopo quella data, più instabile, caotico e anarchico ma probabilmente più libero e indipendente di quello precedente.

E adesso? Cosa succederà dopo il 9 novembre 2016? Nessuno lo sa e non possiamo immaginare come il Presidente Trump si muoverà durante il suo mandato. Perché una cosa è certa: la campagna elettorale di Trump è stata oscura e azzardata per quanto riguarda la politica estera: il piano segreto per sconfiggere l’Isis, posizioni contraddittorie sul rapporto da tenere con la Russia e la Cina, la volontà di tagliare radicalmente i finanziamenti NATO. La collaborazione fra Europa e Stati Uniti è senza dubbio un caposaldo delle relazioni internazionali, basti pensare all’intervento in Libia nel 2011, dove le Nazioni Unite non hanno voluto prendere iniziative, mentre l’Alleanza Atlantica sulla scia della mutua assistenza ha cercato con la forza di porre fine ad una situazione complessa, riuscendo in parte a eliminare il problema senza però mettere in atto un vero progetto per stabilizzare la zona. La NATO ha avuto quindi il ruolo di policeman of the world dopo la caduta del muro di Berlino, o quanto meno il tentativo degli Stati Uniti è sempre stato quello di garantire la sicurezza agli alleati europei, per poter avere un rapporto privilegiato col vecchio continente, e mantenere su di essi un’influenza politica che continua ad andare avanti dal secondo dopoguerra. Il nuovo presidente degli Stati Uniti, però, ha più volte annunciato che taglierà i fondi per la NATO, finanziata dagli Usa con più del 3% del PIL americano.

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Quindi ora la palla passa all’Unione Europea, che deve scegliere come impostare il gioco in uno scenario internazionale che non è dei più favorevoli. Il popolo ha ancora una volta deciso e tutto cambia di nuovo. In che direzione andrà la politica estera del nuovo presidente lo vedremo nei prossimi mesi e anni ma la situazione non sarà così semplice. L’UE si troverà di fronte agli Stati Uniti probabilmente più isolazionisti, dovrà prendersi maggiori responsabilità in politica internazionale, senza più la protezione scontata di “mamma” America, e questo sarà un banco di prova decisivo per delle istituzioni, come quelle europee, in grave crisi di legittimità, sottolineata da un altro voto popolare come quello della Brexit. La fragile Unione Europea dovrà quindi fare i conti con: ad ovest l’incognita Trump, ad est l’espansionismo di Putin in Ucraina e le idee folli del coreano Kim Jong-un (supportato in parte dalla Cina) e a sud il silenzioso ma imponente passaggio della Turchia di Erdogan da una democrazia parlamentare a un regime dittatoriale, a cui si aggiunge la guerra in Siria e l’esplosiva situazione mediorientale.

La situazione richiede leader forti, istituzioni stabili e una Weltanschauung comune, per questo probabilmente la cancelliera Angela Merkel è stata la prima a commentare in maniera più risoluta il risultato delle elezioni americane. Con il classico pragmatismo tedesco ha sottolineato a Trump il canale privilegiato dei rapporti fra la Germania e gli Stati Uniti, da leggersi però più come un avvertimento al nuovo presidente che come un auspicio di buon lavoro (Merkel ha avvertito Trump che ci sarà collaborazione solo se rispetta la dignità umana a prescindere dalla provenienza), e ha inoltre ricordato quali siano i temi che legano gli States al vecchio continente per riportare il dibattito su un piano più concreto. Alla conferenza della cancelliera si sono aggiunte anche le dichiarazioni del ministro della difesa tedesco Ursula von der Leyen, che ha subito posto il problema del nuovo rapporto tra il presidente Trump e la NATO, nonostante le rassicurazioni del segretario generale Jens Stoltenberg, il quale ha sottolineato come gli Stati Uniti abbiano l’interesse a mantenere il loro primato nell’alleanza. Gli altri capi di Stato, invece, si sono limitati a poche frasi di rito per augurare un buon lavoro al nuovo presidente, e questo forse fa capire il clima di paura che si respira nell’Unione dove si attendono tre appuntamenti elettorali di enorme importanza: il referendum italiano del 4 dicembre, le elezioni presidenziali francesi nell’aprile 2017, le elezioni tedesche del novembre 2017.

Se il 9 novembre 2016 segnerà la storia come il 9 novembre del 1989 sarà solo il tempo a dirlo, ma non c’è dubbio che l’elezione di Donald Trump darà una scossa alle istituzioni europee e, a giudicare dalle ultime esternazioni dell’Alto Rappresentante per la politica estera e sicurezza comune, tutti ormai ne sono al corrente. Federica Mogherini ha infatti dichiarato alla CNN: «Queste elezioni danno all’Europa e agli europei una nuova responsabilità che può essere anche una nuova opportunità se riusciremo a sfruttarla. Parte del mondo e parte della nostra società guarderanno all’Unione Europea con molta più attenzione e aspettative di quelle che le venivano attribuite prima di ieri». Non ci resta dunque che aspettare l’insediamento del nuovo presidente e la formazione della nuova squadra di governo per capire l’evolversi della situazione internazionale, sempre più incerta e caotica, in particolare per quanto riguarda i rapporti fra gli Stati Uniti e l’Europa.

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