Mense dei poveri piene e case poco riscaldate: la Germania non è ricca come sembra

Lievi segnali di ripresa, ma l’economia tedesca è meno solida di quanto possa sembrare ed un sesto dei cittadini lotta con la povertà. I dati che provengono dalla Germania non sono dei più positivi. Secondo la Reuters, il terzo trimestre ha visto una crescita del Pil del solo 0,1%, sicuramente meglio di quanto registrato tre mesi prima (-0,2%), ma siamo comunque in fase di frenata visto che a marzo la crescita era dello 0,8%. Sulla stessa falsariga sono i dati riguardanti la ricchezza dei tedeschi. Secondo quanto reso pubblico dallo  Statistische Bundesamt, l’ufficio federale di statistica tedesco nel 2013, 13 milioni di tedeschi, ovvero il 16.1% della popolazione, ha vissuto al limite sulla soglia della povertà così come nel 2012. Nel 2008 era il 15,1%.

La povertà per i tedeschi. Per  lo Statistische Bundesamt  è indigente chi ha un reddito mensile inferiore al 60% di quello medio nazionale,  ovvero i 979 Euro al mese se si è single,  2.056 se si  è una famiglia con due figli d’età inferiore ai 14 anni. Le donne rischiano di più degli uomini (sono il 18% nella fascia 17-64 anni contro il 16% degli uomini) così come le famiglie con più di un figlio ed un solo genitore: 35,2%. A fare un po’ più impressione è quel 5,2% che ammette di non riscaldare a sufficienza il proprio appartamento perché non potrebbe permettersi la spesa conseguente, mentre addirittura l’8,8% non riesce a consumare un pasto completo una volta ogni due giorni. Un articolo del Der Spiegel dello scorso gennaio rivela come ben 1,5 milioni di persone in Germania si rivolga alle mense per i poveri, “un aumento tale che le organizzazioni di carità non sono più in grado di dare da mangiare a tutti i richiedenti”.

Disoccupazione, export e produzione industriale. Seppur sia difficile fare un diretto collegamento tra la concentrazione della povertà e dati macroeconomici, è indubbio che la situazione generale non sia rosea. Ad ottobre tasso di disoccupazione, al netto della stagionalità, è rimasto invariato al 6,7%, ma dietro l’angolo c’è il grosso punto interrogativa che accompagna l’entrata in vigore a gennaio del salario minimo di 8,50 euro l’ora. Gli effetti sulle piccole imprese e suoi lavori part-time sono tuttora avvolti dal mistero così come un possibile dilagare del lavoro in nero. È questa una delle ragioni che sta spingendo Berlino ad investire un miliardo di euro per il reinserimento dei disoccupati da più di un anno. I datori di lavoro che li assumeranno potranno contare su di un aiuto dello Stato che potrà arrivare fino ad un anno di stipendi corrisposti per il neoassunto. Da stimolare… CONTINUA SU WIRED 

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