Donne immigrate

Queste donne sono fuggite dalle guerre e si sono ricostruite una vita a Berlino

Il Museum Europäischer Kulturen a Dahlem ospita fino al 15 luglio una mostra fotografica di Heike Steinweg che vede protagoniste le donne immigrate a Berlino.

Entrando nella sala del Museum Europäischer Kulturen di Berlino che ospita la mostra di Heike Steinweg “Ich habe mich nicht verabschiedet – Frauen in Exil” ci si sente osservati: dalle quattro pareti ci guardano infatti 32 donne, mentre una ci volge la schiena. Sono donne immigrate a Berlino dalla Siria, dall´Iraq e dall´Eritrea, che hanno lasciato il proprio Paese per fuggire da guerre e da società che non riconoscono i loro diritti. I loro sguardi sostengono il nostro e parlano di esperienze diverse ma accomunate dal coraggio e dalla forza di affrontare una nuova vita – sperabilmente migliore – in un Paese lontano. L’obiettivo di Steinweg infatti era quello di rappresentare le donne immigrate in Germania non come vittime, ma come persone che hanno deciso di prendere in mano il proprio destino e costruirsi un futuro diverso da quello scritto per loro da circostanze politiche o culturali avverse.

Donne immigrate

Raja, 2017 © Heike Steinweg

Le origini del progetto fotografico

È dal 2015 che Steinweg porta avanti questo progetto, spinta dal desiderio di rappresentare adeguatamente coloro che si stanno integrando nella società tedesca. «Di immigrati vedevo solo brutte fotografie, sgranate, di gruppo, dove non si vedeva bene neanche un volto», racconta. «In quanto fotografa ho sentito che potevo e dovevo fare qualcosa a riguardo».

 La decisione di concentrare la propria attenzione su ritratti femminili è nata dalla considerazione che le donne devono assumersi delle responsabilità fino a qualche tempo fa loro precluse: «devono lottare il doppio degli uomini per i propri diritti, ed è il loro coraggio che manda avanti le famiglie». È così che Steinweg ha cominciato a cercare donne “forti”, come lei stessa le descrive, perché posassero davanti al suo obbiettivo, ma non senza prima conoscerle. Più che la qualità estetica dell’immagine sono le loro storie e le loro esperienze ad essere importanti per Steinweg, ed è anche per questo forse che gli sguardi che queste 32 donne (ma anche ragazze e bambine) ci rivolgono sono particolarmente intensi. Ognuna delle foto è accompagnata, sia in sede espositiva sia all’interno del catalogo, da parole scritte dalle donne ritratte, in cui esse riflettono sulla loro condizione e sul nuovo inizio che hanno trovato in Germania, tra difficoltà, soddisfazioni e nostalgia.

Donne immigrate

Lama Ahmed viene intervistata davanti al suo ritratto © Costanza Morabito

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Contro ogni tipo di pregiudizio

Se nelle didascalie che accompagnano le foto i loro sentimenti sono espressi in maniera anche intima e dettagliata, il loro paese di provenienza non viene mai specificato. La fotografa ha preferito tralasciarlo in modo da evitare ogni tipo di pregiudizio. Per lo stesso motivo i 33 ritratti presentano uno sfondo neutro: senza alcun punto di riferimento che possa suggerire la loro professione, situazione economica o familiare, l’osservatore è costretto a osservare i volti delle protagoniste e a riflettere sulle loro parole e sulle loro esperienze. Si instaura così un dialogo immaginario incoraggiato dalla grandezza naturale delle foto e dall’altezza alla quale sono state disposte sui muri: Steinweg ha voluto che lo sguardo delle donne ritratte fosse all’altezza di quello dello spettatore, come in un incontro reale. Esse non dovevano trovarsi in nessun modo in una posizione svantaggiata rispetto al visitatore, al contrario dovevano essere in grado di sostenere il suo sguardo, come se raccontassero la loro storia a viva voce.

Donne immigrate

A., 2016 © Heike Steinweg

Una foto diversa dalle altre: le parole di A.

Tra le tante foto che tappezzano le pareti, ne spicca una che ritrae una donna che ci volge le spalle. È l’unica di cui non conosciamo il nome, che è ridotto ad una A puntata. Nel testo che accompagna la sua foto troviamo il motivo di questa scelta: «Voglio parlare dei miei sentimenti, i miei sentimenti sono universali e possono capirli tutti. Non ha importanza la mia faccia, la mia nazionalità, la mia religione o il colore della mia pelle. Ma i miei sentimenti, la mia tristezza per il fatto che non posso più tornare a casa mia, possono capirla tutti».

Donne immigrate

Doha, 2016 © Heike Steinweg

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Donne immigrate

Fadwa, 2016 © Heike Steinweg

Donne immigrate

Hend, 2016 © Heike Steinweg

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Donne immigrate

Ebaa, 2017 © Heike Steinweg

Donne immigrate

Enana, 2017 © Heike Steinweg

Ich habe mich nicht verabschiedet | Frauen im Exil. Fotografien von Heike Steinweg

presso il Museum Europäischer Kulturen

Arnimallee 25, Berlino (Dahlem)

Dal 9 marzo al 15 luglio 2018

Dal martedì al venerdì 10-17; sabato e domenica 11-18; lunedì chiuso

Biglietti €8 (intero), €4 (ridotto)

Per ulteriori informazioni visitare il sito del Museum Europäischer Kulturen

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Foto di copertina: Enana, 2017 © Heike Steinweg