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Da sempre gratuite e d’eccellenza, ecco come funzionano le università tedesche

Perché l’università tedesca istruisce gratuitamente gli studenti internazionali?

Il sistema europeo dell’università pubblica disegna un campo variegato, che si organizza intorno a due poli principali. Da un lato si trova il modello UK, con tasse molto alte che vanno a finanziare le borse di studio, la ricerca e il costoso sistema dei campus; dall’altro il modello tedesco, che offre (quasi) gratuitamente l’istruzione superiore a tutti i richiedenti. Nonostante alcune trascurabili differenze che dipendono dai singoli Länder, a uno studente universitario in Germania si chiede di pagare una cifra che si aggira attorno ai 300 euro a semestre. La somma include un abbonamento ai mezzi pubblici, il prezzo è talmente conveniente che in molti, soltanto per poterne usufruire, si iscrivono all’università senza l’intenzione di frequentare. Anche gli studenti internazionali possono accedere gratuitamente alle università tedesche, e molti osservatori si chiedono le ragioni di questa scelta. David Matthews di Times Higher Education – magazine con sede a Londra nato come spin-off del Times e diventato un’autorità nel campo dell’educasione – ha provato a dare delle risposte.

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I diagrammi mostrano l’aumento del numero di studenti internazionali in Germania nel periodo 2009-2016. Gli studenti vengono distinti in: Bildungsauslaender (studenti di altre nazionalità che si trasferiscono in Germania appositamente per studiare) e Bildungsinlaender (studenti di altre nazionalità che risiedono già da tempo in Germania). Dati UNESCO, infografica wissenschaftweltoffen.de

Buco demografico, soft power e politica interna

Le osservazioni di Matthews sono basate su dati freschi, pubblicati in uno studio recente finanziato dal Ministero Federale dell’Educazione e della Ricerca. Le conclusioni che ne sono state tratte sono le seguenti. In primo luogo, il popolo tedesco ha bisogno degli studenti internazionali per riempire un grande buco demografico. Seconda soltanto al Giappone per numero di over 60, la Germania è interessata ad attirare studenti giovani, con la speranza che decidano di rimanere nel paese. La Germania a tale scopo garantisce loro un visto post-laurea della durata di 18 mesi per lavorare nel paese. Questo (ed è il secondo argomento) produce soft power, letteralmente “potere morbido”. Gli studenti educati in Germania decidono spesso di lavorare per imprese tedesche, internazionalizzando ulteriormente l’economia del paese. Sempre in una prospettiva di internazionalizzazione, viene valutato positivamente il clima culturale di scambio e confronto che soltanto una presenza costante di studenti provenienti da altri paesi può garantire. In questa decisione anche la politica locale gioca un ruolo importante. Le decisioni relative alla tassazione universitaria, infatti, non sono appannaggio del governo federale, bensì dei singoli Lander, che hanno ampissimi margini di autonomia. Nel 2006 sette regioni introdussero tasse più consistenti, salvo poi fare immediatamente marcia indietro per la quantità e la violenza delle critiche ricevute. Dopo quell’episodio nessun politico, intimamente convinto o meno della necessità di riformare il sistema universitario, ha trovato conveniente riaprire l’argomento. L’università tedesca ha una lunghissima tradizione che si riconosce nell’accessibilità e autonomia dell’istruzione, per cui l’argomento economico, portato da chi ritiene che il sistema stia diventando sempre meno sostenibile sul lungo periodo, non riesce ad avere alcuna presa.

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Cifre e percentuali degli studenti internazionali in Germania nel 2016; dati UNESCO, infografica wissenschaftweltoffen.de

Come fa la Germania a mantenere un sistema così costoso?

Come è possibile che la Germania, pur beneficiando di un’economia forte, riesca a coprire interamente i costi del sistema universitario? Questa domanda appare ancor più logica se si guarda all’attuale congiuntura economica, in cui molti paesi europei si trovano costretti ad aumentare le tasse o ad assecondare una progressiva tendenza alla privatizzazione. La risposta non è semplice. In primo luogo, si può notare che l’università tedesca ha un basso numero di iscritti in percentuale rispetto ad altri paesi. Il modello tedesco, inoltre, ha una struttura molto libera, in cui allo studente viene offerta la formazione ma non, nella maggior parte dei casi, i servizi di vitto e alloggio, che peserebbero troppo sul bilancio. Andrew Tompkins, storico americano intervistato dal Guardian, riferisce la sua esperienza nell’università tedesca: «All’inizio trovavo quasi strabiliante l’autonomia organizzativa che viene richiesta qui agli studenti. Le università tedesche forniscono un’esperienza meno strutturata: il peso dell’apprendimento è tutto sullo studente, non sull’istituzione. Adesso il modo in cui gli studenti delle università americane vengono tenuti per mano mi sembra ancora più strano».

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Foto di copertina: © Huuboa CC BY-SA 3.0