Fulvio Pinna

«Io, Fulvio Pinna, unico italiano ad aver dipinto l’East Side Gallery, vi racconto la mia arte dai tempi del Muro ad oggi»

L’attitudine per l’arte e la voglia di emergere come artista sono state la benzina che il pittore e scultore Fulvio Pinna ha messo nel suo motore per anni. Un viaggio che parte dalla Sardegna ed arriva fino a Berlino

Fulvio Pinna, classe ’48, è un pittore e scultore nato a Furtei in Sardegna. La sua volontà di essere un’artista e di vivere con la sua arte, il suo sogno più grande, l’hanno spinto per tutti questi anni di carriera a intraprendere viaggi, provare mestieri, lasciare città e persone ma senza mai perdere la sua bussola. Un passato tra Sardegna, Siena, Roma e Milano prima della sua consacrazione finale a Berlino, dove attualmente vive, grazie alla sua opera “Inno alla Gioia” nella East Side Gallery. Oggi come allora, Fulvio Pinna è un’artista che ha molto da raccontare e con molti progetti da realizzare. Siamo stati nella sua galleria in zona Zoologischer Garten, abbiamo parlato della sua arte e di Berlino vista dagli occhi di un’artista.

«Mio padre non voleva che io diventassi artista, convincerlo non è stato facile ma rispettavo il suo parere»

«Il primo affronto con mio padre l’ho avuto quando bisognava scegliere il mio futuro scolastico. La decisione di mio padre fu categorica, non voleva che io facessi un istituto d’arte, non voleva che io perdessi tempo con studi che non mi avrebbero dato un futuro certo. Solo con il tempo capii che quella di mio padre era una forma di protezione nei miei confronti. Voleva che io avessi un futuro sicuro e sostenibile, che una scuola d’arte non mi avrebbe mai dato. Imparai dunque a dipingere e a scolpire in maniera autonoma, non mi iscrissi mai a istituti d’arte celebri, la mia formazione come artista fu più pratica e sudore e ammirazione verso i grandi artisti del passato.»

«Non aver programmato il mio futuro ma vivere le opportunità che il destino mi offriva è stato il mio modo di affrontare la vita»

«Il mio spirito indipendente e da sognatore mi ha fatto vivere una vita a tappe. Ho capito che dovevo cogliere le opportunità che mi si presentavano per potermi aprire porte per il mio futuro. Per esempio, come tutti i ragazzi dei miei anni, a un certo punto ti arrivava la chiamata dall’esercito per il periodo di leva obbligatoria. Il destino ha voluto che io andassi a Siena, una città ricca d’arte e di opere da ammirare per poter imparare e migliorarmi. Il capitano della mia caserma era un grandissimo appassionato d’arte. Condividemmo questa nostra passione insieme e mi diede il permesso di entrare e uscire dalla caserma a qualsiasi ora, visitare la città e le sue opere e mi dedicò uno spazio per me per potermi esercitare nella pittura. Ho sempre voluto fare l’artista e vivere con la mia arte, ma per tratti della mia vita ho dovuto fare altro. A 22 anni, finito il periodo da militare, ritornai nella mia città natale. Una volta ritornato in Sardegna mi sono reinventato in numerosi mestieri, per un certo periodo sono stato supplente in una scuola, ho lavorato come assicuratore e successivamente come manovale a Porto Cervo. In tutti quegli anni non ho mai messo da parte la mia arte, trovavo il tempo per dipingere e scolpire la notte e iniziai a vendere le mie prime opere.»

Fulvio Pinna

Fulvio Pinna – Immagine di Berlino Magazine

«Da Porto Cervo venni trasferito a Roma, era il 14 gennaio, il giorno del mio compleanno. Fu il trampolino per farmi conoscere a livello nazionale»

«Arrivato a Roma iniziai a lavorare ai magazzini generali. Negli anni non avevo mai perso il mio obiettivo di diventare un’artista, credevo nei miei sogni. Certo, per un periodo della mia vita li ho messi da parte, ma rimanevano lì, dentro di me. In parte riuscivo a mantenermi vendendo i miei quadri. Riuscii ad aprire un atelier nel quartiere di San Lorenzo a Roma e la mia arte iniziò ad avere seguito, per la prima volta le mie opere venivano esposte a delle mostre, Napoli, Firenze e Milano. Passo dopo passo stava arrivando il successo, riuscivo a mantenermi solo con il lavoro d’artista, anzi mi stavo arricchendo, ma volevo qualcosa di più, forse quello che stavo cercando era in un’altra città. Arrivò così Berlino.»

«Tutto partì dalla visita di un mio vecchio amico di scuola. Mi disse di andare con lui in Germania, il giorno dopo eravamo in macchina insieme direzione Berlino»

«E così, dopo averci riflettuto sopra mezza giornata, decisi di prendere e andare a Berlino. La vedevo come una grossa opportunità per la mia arte un po’ insolita, diversa dai canoni artistici italiani. Volevo conoscere la realtà di Berlino di quegli anni, dove il concetto di libertà era stato violato, capire come si viveva in una città spaccata in due. Mi metteva in crisi l’idea del muro. Mi faceva arrabbiare la leggerezza con cui alcuni artisti occidentali dipingevano il lato Ovest del muro, senza nessun rispetto per chi soffriva dall’altra parte. Un opposto tra eccesso di libertà e chi la libertà l’aveva persa. Anch’io feci un opera dedicata al muro ancora prima di trasferirmi a Berlino, una scultura che rappresentava il muro aperto con la forma di un arco di trionfo. La mia opera sul muro, l’Inno alla Gioia è venuto dopo, ma quella è un’altra storia.»

Fulvio Pinna

Fulvio Pinna – Immagine di Berlino Magazine

«Ho vissuto 30 anni di cambiamenti a Berlino»

«Iniziai vendendo quadri ai ristoranti, adottati in un sistema di vendita chiamato “art leasing”. Molti italiani arrivarono a Berlino in quegli anni, aprirono moltissime pizzerie, ristoranti, caffè e tutti volevano i miei quadri per l’arredamento. La consacrazione finale a Berlino arrivò con la scultura “Sofia” per il premio Bacco, una statuetta per celebrare il cinema italiano a Berlino. Berlino in quegli anni era piena d’artisti provenienti da tutto il mondo. Ma a fine anni ’90 le cose cambiarono a causa di una prima crisi economica. I ristoranti avevano sempre meno clienti e a me chiedevano sempre meno opere. Riuscii a sopravvivere grazie al giro che mi ero creato, ma molti altri artisti non ce la fecero.»

«Dietro alle mie opere c’è sempre un messaggio politico, filosofico o umano.»

«Oggi, come 30 anni fa, si costruiscono ancora muri, un’assurdità, i muri vanno abbattuti. Il muro è il simbolo perfetto d’arroganza ed egoismo. Tutti devono fare la loro parte, io lo faccio con l’arte. Le mie opere hanno il coraggio di comunicare qualcosa, che sia significativo solo per me o che tocchi i problemi di questa società, il messaggio è sempre parte centrale delle mie opere.»

 

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Immagine Copertina: Fulvio Pinna nel suo Atelier © Foto di Berlino Magazine