Carlotta Ballarini

«Io, infermiera, in Italia pagata con i voucher dopo 2 anni di ricerca lavoro, a Berlino assunta a tempo indeterminato»

Lasciare l’Italia per trovare dignità lavorativa in Germania

«In Italia trovare lavoro per un’infermiera è difficile,  devi essere iscritto all’albo, tutti ambiscono al posto pubblico e per farlo devi fare concorsi che già solo per mandare la domanda paghi 50 €, senza contare i costi per il viaggio visto che accade raramente che siano nella tua città. Io ne ho fatti due, in uno eravamo in 5mila, in un altro 3600.  Se ti rivolgi all’ambito privato è altrettanto dura, io  nei due anni successivi alla laurea ho lasciato di persona più di 200 curriculum a cliniche del nord d’Italia e nessuno mi ha mai richiamato». A parlare così è Carlotta Ballarini, 28 anni di Pesaro, infermiera assunta a Berlino a soli due anni dall’arrivo. «In Italia a 24 anni l’unica cosa che avevo ottenuto era un lavoro part-time pagato con i voucher. Non potevo andare avanti così».

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La scelta di Berlino

«A Berlino ci abitava una mia amica e i voli erano economici e già questo bastava a rendere la città più attraente che altre mete estere. Mi ci sono trasferita senza avere niente né sapendo parlare tedesco. La malinconia di dovere lasciare l’Italia è stata tanta anche se ero arrabbiata. Nessuno prende la decisione a cuore leggero, a meno che non si abbiano problemi familiari gravi o altre particolari situazioni. Nel mio caso però queste non c’erano. Ho una bella famiglia, ci amiamo tantissimo, non poterla frequentare fa male. A Berlino ho dormito il primo mese in un ostello con le pulci.  Il secondo mese mi sono trasferita altrove e ho trovato un altro ostello dove lavorare come donna delle pulizie con contratto a tempo indeterminato. Nel frattempo ho cominciato a studiare tedesco tutti i giorni, quattro ore al giorno. Dopo un anno di alternanza tra scuola e lavoro ho raggiunto un livello medio di lingua, b1, abbastanza per potere inviare qualche candidatura agli ospedali cittadini sperando che mi potessero prendere in considerazione. Qui si fa tutto online, non bisogna mettere la foto, specificare il genere a cui si appartiene né se si hanno tatuaggi o piercing. Ti rispondono subito che hanno ricevuto il tutto e ti faranno sapere entro 48 ore. Una delle strutture contattate mi ha subito voluto conoscere e poco dopo mi ha assunto come assistente infermiera per pazienti in coma irreversibile, un contesto in cui parlare non è fondamentale. Tutto il tempo non dedicato al lavoro continuavo a dedicarlo allo studio del tedesco. Dopo un altro anno, con un livello di tedesco finalmente buono, ho cambiato sia ospedale che reparto, diventando un’infermiera a tutto tondo anche per il sistema tedesco, logicamente con contratto a tempo indeterminato visto che qui, in questo contesto, è la normalità. A livello umano devo dire che qui a Berlino ho incontrato tanta solidarietà tra italiani, ci si trova nella stessa situazione dopo aver provato le stesse emozioni. Ci si capisce facilmente, almeno con quelli che poi sono diventati i miei amici».

Il lavoratore è un bene prezioso per l’azienda

«Rispetto all’Italia qui il sistema sanitario privato è ovunque quindi anche e soprattutto negli ospedali. Ogni persona è coperta da una cassa malattia che paga mensilmente ed è calcolata sia sul reddito che su altri parametri. Se qualcuno non può permettersela lo Stato la paga per lui. Gli stupendi di chi lavora nella sanità sono equiparati al costo della vita. Nonostante l’affitto, la spesa e qualche divertimento si riesce a mettere qualcosa da parte. In Italia gli stipendi pubblici, non solo nella sanità, sono di fatto fermi da 30 anni nonostante il costo della vita si sia alzato. Lo stipendio aumenta ogni anno se sei fedele ad un’azienda. Ti vogliono far capire che non ti vogliono perdere, che sei una ricchezza per loro».

Ritornare?

L’Italia è bellissima, se non vivessimo questa epoca sarebbe bellissimo tornarci. Purtroppo oggigiorno una volta che ci si è abituati a questo tenore di vita è difficile tornare indietro. Qui nonostante non tutto sia perfetto la meritocrazia viene privilegiata e la qualità della vita ne beneficia sia economicamente che psicologicamente».

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