Light of my life

Casey Affleck presenta a Berlino un film dedicato alle donne, ma…

Non convince per niente la seconda pellicola diretta dal regista statunitense

Dopo essere stato protagonista di ottimi film come L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, aver vinto un premio Oscar per Manchester by the sea e aver diretto quel gioiello che è Joaquin Phoenix – Io sono qui! Casey Affleck presenta alla 69esima Berlinale, nella sezione Panorama, Light of my Life, sua seconda opera dietro la macchina da presa. Affleck è anche protagonista del film insieme alla giovanissima Anna Pniowsky. Purtoppo la nuova fatica dell’attore e regista statunitense proprio non funziona.

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La trama

In un futuro post-apocalittico un uomo, di cui non scopriremo mai il nome, vaga per i boschi americani con la figlia undicenne Rag. Il suo obiettivo primario è proteggere la piccola, unica donna rimasta sulla terra. Pochi anni prima, infatti, una terribile malattia, la QTB, ha eliminato totalmente il genere femminile dalla faccia della terra. Per evitare che gli altri uomini scoprano il suo segreto, il padre veste Rag solo con abitit maschili e le ha tagliato i capelli. I due dormono nei boschi, fino a che, scoperti da altri membri della comunità, decidono di partire verso nord. Qui arrivano in una casa isolata sulle montagne che scoprono essere abitata da tre uomini che, venuti a conoscenza del fatto che Rag è una femmina, sembrano mantenere il segreto. Rag e il padre saranno veramente al sicuro o dovranno scappare di nuovo?.

Perchè Light of my Life proprio non ci è piaciuto

Il film era stato presentato come una pellicola dallo stampo fortemente femminista. Non sta a noi giudicare se questa affermazione sia dettata dal fatto che Affleck era stato denunciato per molestie sessuali nel 2010, fatto sta che Light of my Life di femminista ha ben poco. È vero che un mondo senza donne è presentato come un luogo ormai senza alcuna regola, ma è anche vero che, anche con la presenza femminile, i maschi sono comunque esseri che, molte volte dimostrano atteggiamenti animaleschi ed estremamente violenti. Il fatto che Rag sia una bambina e non un maschio poco aggiunge all’economia della storia. Anzi, il fatto di dover essere costantemente protetta dal padre avvalora l’aspetto patriarcale che è ancora radicato nella nostra società. Sotto questo aspetto è sicuramente più riuscito il recente Birdbox (che per alcuni aspetti si avvicina molto alla trama della pellicola di Affleck), con Sandra Bullock, madre guerriera disposta a tutto per proteggere i suoi figli. Altri elementi fanno si che il film non scorra via per niente. Affleck si affida a lunghissimi piano sequenza, probabilmente credendosi l’Alfred Hitchcock di Nodo alla Gola, capolavoro in cui questa tecnica cinematografica era superbamente usata, ma che qui annoia solamente, un elemento che sembra quasi autoreferenziale per poter dire ‘ecco, questo è un film d’autore’. Superare i primi venti minuti in cui Affleck racconta alla figlia la storia di una volpe è stata una delle imprese più ardue che abbiamo dovuto affrontare dentro a una sala cinematografica, tanto che, se ci chiedeste il riassunto di questo breve racconto, sinceramente, non sapremo darvelo. Una fiaba usata dal padre per far addormentare la bambina ma che, invece, manda subito lo spettatore in uno stato di semi-catalessi. E il resto del film di certo non aiuta. Tra discorsi di etica, di morale e di educazione sessuale si scivola in uno strano paradosso temporale per cui le 2 ore del film sembrano non terminare mai. Light of my Life rischia di essere la brutta copia di The Road pellicola del 2009 con Viggo Mortensen tratta dall’omonimo romanzo di Corman McCarthy. La storia è praticamente la stessa e segue le vicende di un padre e di suo figlio, vagabondi per le strade di un’America reduce da una catastrofe apocalittica, che si devono difendere da bande di criminali e cannibali. Per tutta la durata di Light of my Life i paragoni con La Strada si possono sprecare ma, per il film di Affleck, il confronto diventa veramente impietoso. Il regista ha dichiarato che ci ha messo dieci anni per scrivere questo film, un paio in più avrebbero sicuramente giovato ad arrivare a un risultato migliore

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