«Io, italiano, e papà, a Berlino ho co-realizzato una sonda ora su Marte»

Intervista a Sergio Rufini Mastropasqua, ingegnere pugliese che a Berlino ha lavorato con la NASA

«Fare l’ingegnere a Berlino mi ha permesso di collaborare con la NASA, ma rimango soprattutto perché mi sono reso conto che è il posto migliore al mondo per crescere i miei bambini. Qui sono libero di rinviare un incontro di lavoro perché è il primo compleanno di mio figlio, e nessuno trova nulla da ridire». Sergio Rufini Mastropasqua, ingegnere elettronico, dal 2012 vive a Berlino dove attualmente lavora per il Centro Aerospaziale Tedesco. Ci ha raccontato il ruolo che ha ricoperto nella costruzione di una sonda inviata su Marte dalla NASA, e perché costruirsi una famiglia a Berlino è molto più “fattibile” che altrove.

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Il suo contributo per InSight Mars Lander: la missione per l’esplorazione di Marte

Nei suoi primi quattro anni a Berlino, Sergio ha collaborato alla creazione di una sonda che la NASA sta utilizzando per una missione attualmente in corso su Marte. Il lander Insight, che si trova sul pianeta rosso da novembre 2018, è un modulo dotato di diversi strumenti, tra cui un sismografo costruito dall’Agenzia Spaziale Francese e la sonda termica creata dal Centro Aerospaziale Tedesco (HP3). L’obiettivo della missione è quello di scoprire, scavando in vari punti del pianeta e misurando il gradiente di temperatura, la composizione della superficie di Marte. «Io mi occupo dell’aspetto elettronico, ovvero di testare l’affidabilità della componente elettronica degli strumenti che dovranno sopravvivere nello spazio. Il lato positivo dell’ambiente scientifico è che non si lavora per il profitto, ma per aumentare la conoscenza in un determinato settore. Oltre all’eccitazione della scoperta, c’è un forte valore morale alla base di tutto quello che facciamo, che per me costituisce una spinta importante. Il settore dell’aerospazio, sebbene ben retribuito, non presenta gli stessi margini di guadagno di quello farmaceutico o informatico. Per questo, in Germania e in generale in Europa, siamo tanti stranieri, in gran parte italiani. Anche se il mio è un lavoro a progetto e non un contratto indeterminato, qui mi sento al sicuro, so che il sistema tedesco è in grado di tutelarmi».

«La lingua tedesca per me è rumore bianco, ma Berlino mi ha spinto a crearmi una famiglia»

Nato a Trani nel 1977 e cresciuto a Bari, Sergio ha studiato ingegneria elettronica a Bologna, dove ha lavorato per i tre anni successivi alla laurea. «Non mi considero un vero e proprio emigrato, in Italia avevo un contratto a tempo indeterminato, ma ho rinunciato al lavoro sicuro per viaggiare. Prima di venire in Germania ho passato diversi anni tra Cina, Russia e Mongolia, ho fatto l’ingegnere, ma anche il giornalista, il videomaker, il cameramen, l’insegnante. In Cina ho conosciuto quella che poi è diventata mia moglie, tedesca, e per motivi familiari abbiamo deciso di tornare a vivere in Europa. La scelta è ricaduta su Berlino, dove ci siamo trasferiti dal 2012. All’inizio qui avrei voluto tentare la carriera di videomaker, ma non è andata bene, così sono tornato a fare l’ingegnere. Nonostante le grandi difficoltà con il tedesco, che non ho ancora superato, ho trovato il primo lavoro grazie al forum Italiani a Berlino” e così, un po’ per caso, mi sono inserito nel campo dell’ingegneria aerospaziale. Ma non è tanto per la carriera che sono legato a questa città, quanto perché la considero il luogo dove poter crescere i miei figli nel modo più aperto e internazionale possibile».

«Mi sento più europeo (anzi, terrestre), che italiano»

«Da pugliese, dell’Italia mi manca soprattutto il mare, il profumo della salsedine. Poi alcuni aspetti difficili da rintracciare qua, come il senso dell’umorismo, la confidenza non richiesta, la volgarità sguaiata del sud. Nulla che sia indispensabile. Le cose fondamentali, lavoro, casa, dignità, sono indubbiamente più accessibili in Germania che in Italia, dove il lavoro risulta spesso più un favore che una risorsa. Anche per questo tornare in Italia per me oggi non avrebbe senso, considerato che ormai mi sento più europeo, anzi terrestre, piuttosto che italiano. Altro aspetto estremamente positivo di Berlino è che mi ha permesso di vivere senza possedere un’auto. Qui posso passare il tempo nei mezzi, sempre molto frequenti, a leggere o ascoltare Podcast. Ma, se serve, posso passare da un Car sharing a una bici, o scooter, senza dovermi preoccupare di assicurazione, manutenzione o perfino di fare carburante. Al di là delle soddisfazioni in campo lavorativo, delle comodità e delle sicurezze, questa città mi dà soprattutto l’opportunità di fare il papà al cento per cento, che è anche più interessante che fare l’ingegnere».

Leggi anche: Diario di un neo papà italiano a Berlino: la nascita e i primi giorni

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Immagine di copertina: Sergio Rufini Mastropasqua.