«Sono diventata regista in Germania sfidando i miei limiti. In Italia sarebbe stato più difficile»

Intervista a Lucia Chiarla, italiana dell’anno 2019 a Berlino

«Berlino, certi giorni mi sembra bruttissima altri la trovo splendida. È in continua trasformazione, sempre alla ricerca di una nuova identità e questo mi stimola. Ho la sensazione di non arrivare mai a conoscerla completamente. E, allora, vale sempre la pena di restare ancora un po’. Qui mi sento a casa». Lucia Chiarla, classe 1970, genovese, assieme a Giò di Sera è stata nominata dal Comites di Berlino “Italiana dell’anno” 2018. Il premio arriva poco dopo il successo riscosso da Reise nach Jerusalem, film ambientato a Berlino vincitore del prestigioso festival Achtung Berlin! 2018 (e nelle sale tedesche dal 15 novembre). Lucia però vive e lavora nella capitale tedesca dal 2005. «Quando mi sono trasferita a Berlino non avevo ancora velleità registiche, ma solo attoriali e di sceneggiatrice. Mi ero formata come attrice nella Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi e successivamente all’École des Maîtres. Finiti gli studi mi ero trasferita a Roma, dividendomi tra teatri stabili e primi tentativi di scrittura cinematografica. La situazione culturale non era buona e risentiva negativamente del governo Berlusconi. Io uscivo in quegli anni da un Machbeth al Teatro di Roma con la regia di Marco Bellocchio. Il cambio della giunta comunale aveva modificato anche la direzione del teatro. Cercavo di fare cinema, da attrice, ma era un vero caos, raccomandazioni, promiscuità nei rapporti lavorativi, nessuna chance. Con Jan Stahberg, attore e regista tedesco conosciuto all’Ecole de Maîtres, nacque l’idea di trasformare quell’insofferenza per la situazione politica in un lavoro artistico. Nel frattempo, nel 2002, era nato nostro figlio Oscar. Abbiamo cercato produttori in Italia, ma niente, solo rifiuti. Jan è riuscito invece a coinvolgere una produzione tedesca, la Schiwagofilm e così abbiamo cominciato a scrivere. Abbiamo girato a Genova, ma ci siamo trasferiti temporaneamente a Berlino per la fase di montaggio. Il risultato è stato il film Bye Bye Berlusconi, selezionato nella sezione Panorama della Berlinale. Oscar andava già all’asilo a Berlino, ma ancora l’idea di restare non era chiara, lo è divenuta con il tempo».

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Scrivere e dirigere un film in Germania

A Berlino Lucia ha continuato sia a scrivere che a fare teatro grazie ad una collaborazione con il Teatro Instabile. Reise Nach Jerusalem segna il suo debutto alla regia di un lungometraggio. «È partito tutto da un trattamento che ho scritto e che ha ricevuto un primo finanziamento dal Film Fond Bayern, un passaggio fondamentale per trasformare il tutto in una vera e propria sceneggiatura. Non era nei miei piani diventare anche regista del film, ma la tonalità tragicomica della storia era difficile da trasmettere a qualcun altro, avevo già una visione chiara di cosa volevo raccontare e come. Poi mi sono resa conto che sarebbe stato un passaggio naturale. Nel ruolo di regista mi sono sentita estremamente a mio agio. Amo molto registe come Lina Wertmüller, Maren Ade, Agnès Jaoui». Più difficile fare “la” regista che “il” regista?  «Credo che sarebbe stato più complicato ottenere in Italia le stesse condizioni ed opportunità che sono riuscita a trovare a Berlino. Qui i rapporti di genere sono più equilibrati, anche se rimane ancora della strada da fare. Non è stato facile realizzare Reise nach Jerusalem, ma dopo anni di ricerche e rifiuti, il film è stato  prodotto dalla Kess film, casa di produzione tedesca guidata dall’italiano Giulio Baraldi. È stato un incontro fortunato, da quel momento la produzione è andata avanti molto velocemente».

Reise Nach Jerusalem e il desiderio futuro di raccontare “un’altra” Germania

Reise Nach Jerusalem  (Viaggio a Gerusalemme, che in tedesco significa “gioco delle sedie”) è la storia di Alice: una quarantenne berlinese che deve affrontare la propria improvvisa condizione di disoccupata. «La Berlino in cui è ambientato il film rappresenta lo specchio di una società. Ovviamente, trattandosi di una metropoli, tutto qui è amplificato all’ennesima potenza: la solitudine, la difficoltà di relazione, la condizione di anonimato. Avevo valutato anche altre possibili ambientazioni, ma poi ho deciso che era Berlino a rappresentare al meglio la realtà lavorativa attuale che volevo descrivere. Sebbene abbia una fortissima ammirazione per il modo in cui Ken Loach e i fratelli Dardenne trattano le tematiche sociali, il mio obiettivo era quello di occuparmi della condizione medio borghese, più vicina al mondo che conosco e frequento. Anche i miei progetti futuri hanno a che fare con Berlino, ma mi piacerebbe raccontare anche la provincia tedesca e che da sempre mi attrae visto che io stessa vengo dalla periferia di Genova». Mentre si attende la distribuzione del lungometraggio in altri paesi, Italia compresa, continuano gli appuntamenti di presentazione: Istanbul e Santiago del Cile le prossime tappe.

Il premio Comites 2019: «un abbraccio dalla comunità italiana»

«In questi anni, per lavorare nel mondo dello spettacolo, ho ovviamente dovuto superare un forte stacco linguistico. La Germania offre tanto, ma c’è anche tanto da sudare. Credo però che il desiderio di superare i propri limiti sia presente in ogni artista. Il premio del Comites mi conferma che con Reise nach Jerusalem sono riuscita a raccontare una storia che riguarda molte persone. Allo stesso tempo, è un abbraccio che ricevo dalla comunità italiana: un sostegno importante che viene dalle mie radici per aiutarmi ad affrontare quello che verrà».

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La cerimonia di premiazione si terrà giovedì 28 marzo alle 19:00 presso il Salone delle Feste dell’Ambasciata d’Italia a Berlino, per partecipare è necessario effettuare la registrazione a questo link.

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Immagine di copertina: Lucia Chiarla sul set di Reise nach Jerusalem.