Soviet Asia, lo splendido libro di foto “asiatico-socialiste” di Roberto Conte e Stefano Perego

Roberto Conte e Stefano Perego, fotografi di architetture socialiste tra Asia ed Europa

«Ci siamo incontrati fotografando luoghi abbandonati e nel corso dei nostri viaggi è stato naturale subire il fascino delle architetture socialiste. Tra le strutture per noi più stupefacenti ci sono sicuramente gli hotel cittadini e i circhi, per non parlare di casi specifici come il gigantesco busto di Lenin collocato sulla cima di una diga in Tajikistan». Entrambi nati e cresciuti nell’hinterland milanese, Roberto Conte e Stefano Perego fotografano architetture ormai dal 2005. Il loro percorso, iniziato da una passione comune, si è trasformato in una professione a tutti gli effetti e in un libro, Soviet Asia, pubblicato recentemente da FUEL.

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La passione comune per l’architettura sovietica

«Negli anni, abbiamo esplorato centinaia tra fabbriche, ville, hotel e basi militari in Italia e all’estero, Germania inclusa. Abbiamo sviluppato un interesse specifico verso diverse tipologie di architetture, in particolare per il brutalismo». La corrente, che deve il suo nome al béton brut (cemento grezzo) largamente utilizzato da Le Corbusier, è caratterizzata dalle forme geometriche e, spesso, da una monumentalità di grande impatto visivo. Anche a Berlino si contano numerosi esempi di edifici in stile brutalista, tra cui la chiesa di St. Agnes, fotografata dallo stesso Conte, – che in passato ha vissuto nella capitale tedesca -, e di recente trasformata in galleria d’arte. Ma i due fotografi hanno presto sentito l’esigenza di scoprire questo genere di architetture anche al di fuori dei confini dell’Europa occidentale. «Ad un certo punto, è stato inevitabile arrivare ad esplorare le zone al di là della cortina di ferro, come la ex Yugoslavia, oppure aree della ex Unione Sovietica come Armenia e Georgia, il Caucaso e la Russia stessa».

L’architettura sovietica tra Asia ed Europa: affinità e divergenze

«Limitandoci al modernismo, senza quindi parlare di costruttivismo e classicismo socialista, le architetture asiatiche ed europee sono molto affini, sicuramente impattanti a livello visivo, spesso monumentali, con un’estetica fortemente influenzata dalla corsa allo spazio di quegli anni e a volte caratterizzata da soluzioni costruttive ardite e inedite. La differenza principale, e sicuramente più visibile, è che in molti casi gli edifici sovietici asiatici sono decorati in modo davvero notevole, con colori vivaci, spesso con mosaici o ceramiche, diretta influenza delle tradizioni culturali locali con cui il modernismo “importato” dai russi ha in qualche modo dialogato».

Circo (1976). Tashkent, Uzbekistan. Foto: Roberto Conte, da Soviet Asia, pubblicato da FUEL.

La realizzazione di Soviet Asia

«La pianificazione delle tappe fotografiche ha richiesto un lavoro di diversi mesi, in cui abbiamo incrociato informazioni raccolte da diversi libri specializzati, da un importante database universitario e setacciando i luoghi con foto satellitari o su siti locali, spesso in russo. In più, scattare le fotografie in questi luoghi non è sempre immediato: muoversi con cavalletti di fronte ad alcune architetture, specialmente in caso di edifici pubblici, può destare sospetti. A volte ci è capitato di dover mostrare i nostri documenti e in un caso, in Russia, uno di noi è stato portato in una stazione di polizia per accertamenti, fortunatamente piuttosto rapidi e senza complicazioni. Nel caso di Soviet Asia non abbiamo avuto particolari difficoltà, abbiamo evitato alcune situazioni più delicate e in alcuni casi le forze di sicurezza ci hanno semplicemente impedito di procedere. Abbiamo comunque avuto modo di entrare in diversi edifici, specialmente per quanto riguarda l’edilizia popolare, riscontrando sempre curiosità, gentilezza e interesse. Non è una cosa che capita tutti i giorni per loro vedere degli italiani che girano con i cavalletti nelle periferie di Bishkek o Tashkent».

Soviet Asia, edito da FUEL.

 

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Immagine di copertina: Monumento a Lenin (1965). Istaravshan, Tajikistan. Foto: Stefano Perego, da Soviet Asia, pubblicato da FUEL.