u-bahn

Storia di un quasi amore sulla metro di Berlino

Wir lieben Kino – U-Bahn. Il corto di Hendrik Hölzemann, con Rebecca Mosselmann e Matthias Schweighöfer

Dove passa la linea di confine tra “vita vera” e opera di finzione? La domanda è vecchissima, ma scherzarci sopra è una costante della produzione letteraria e cinematografica degli ultimi quarant’anni. E rappresenta il nucleo strutturale di questo corto, ambientato sulla U-Bahn.

Gioco di sguardi in un vagone della metropolitana di Berlino. La voce narrante riporta i pensieri di una giovane donna (Rebecca Mosselmann) mentre osserva speranzosa il ragazzo che le siede di fronte (Matthias Schweighöfer). I due si studiano, si sorridono, scatta qualcosa di cui entrambi sono consapevoli, ma di cui manca il coraggio di parlare. Perché nella “vita vera” l’espressione dei sentimenti – quando avviene, se avviene – non prende una forma melodrammatica, hollywoodiana. E’ pacata, segue le regole della decenza e della morale sociale. Ma appunto: se la vita fosse un film?

«In un film lui si sarebbe girato. O qualcuno mi avrebbe aggredito e lui mi avrebbe dovuta salvare. Oppure le porte non si sarebbero aperte. O lo avrei dovuto salvare io. E se tutto ciò non accadesse, almeno partirebbe la musica». Lui scende, è la sua fermata, si gira e continua a guardarla. Lei aspetta dentro. Il corto potrebbe finire qui, ma l’idea del regista è un’altra: la musica parte davvero.

Lei balza in piedi, prova a uscire, ma ormai le porte si sono chiuse. Il treno è già in viaggio. Iniziano entrambi a correre in direzioni opposte e convergenti, lui sulla banchina, lei salta di carrozza in carrozza. Il montaggio è frenetico, ma il tempo è rallentato. Alla fine, nell’ultimo vagone, i due riescono a sovrapporre le mani l’una sull’altra, attraverso il filtro trasparente del finestrino. La voce del regista commenta: «C’è un regista dentro ognuno di noi». O, per dirla con le parole che Woody Allen pronunciò in un’intervista: «Il cinema ci ha rovinati».

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Immagine di copertina: frame del video.