Alla fine della tristezza di Peter Turrini, le difficoltà degli immigrati italiani in Austria

Peter Turrini è un poeta e drammaturgo austriaco tuttora vivente (St. Margarethen in Lavanttal, 26 settembre 1944), molto noto per il filone di critica sociale che caratterizza tutta la sua produzione, anche quella televisiva. Com’è chiaro fin dai primi versi della poesia, Turrini è figlio di un immigrato italiano che nonostante il matrimonio con un’austriaca vive la condizione di isolamento cui erano relegati molti Ausländer, soprattutto nei primi decenni del Novecento. Da questa situazione muove la critica del poeta, che rivive attraverso gli occhi del padre le difficoltà linguistiche, climatiche e di integrazione di un italiano del Sud il quale, pur di garantire un’esistenza più dignitosa a se stesso e alla sua famiglia, è disposto a rinunciare a una parte del suo io in un paese straniero che spesso lo confina ai margini. Una manciata di versi, che però condensano magistralmente i sentimenti contrastanti presenti nell’animo di molti migranti italiani delle nuove generazioni. Protesi verso un futuro luminoso e più promettente, ma spesso combattuti sulla reale bontà di una scelta che comporta gioiose conquiste e altrettante rinunce.

Alla fine della tristezza
Alla fine della tristezza e della rabbia
capisco mio padre.
Questo piccolo italiano
che trovò la neve troppo presto
e la lingua tedesca troppo tardi
aveva paura.

Intuiva
che per uno straniero
non c’era posto
al tavolo dell’osteria locale.

Per non dare nell’occhio
taceva e lavorava.
Imitò le virtù locali
Finché ne fu sotterrato.

Una volta
mi raccontò un mio fratellastro, anni dopo
voleva dar fuoco alla bottega
lasciare la famiglia
e ritornare al suo paese.

Mi dispiace
di non potergli più dire
quanto sarei andato volentieri
con lui
verso sud.
(Traduzione di Mauro Ponzi)

Am Ende der Trauer
Am Ende der Trauer und des Zornes
verstehe ich meinen Vater.
Dieser kleine Italiener

dem der Schnee zu früh
und die deutsche Sprache zu spät kam
hatte Angst.

Er spürte,
dass es für Ausländer
keinen Platz gab
am Stammtisch der Einheimischen.

Um nicht aufzufallen
schwieg und arbeitete er.
Er ahmte die ortsüblichen Tugenden nach
bis sie ihn begruben.

Einmal,
erzählte mir mein Halbbruder Jahre später,
wollte er die Werkstätte anzünden
die Familie verlassen
und zurück in seine Heimat gehen.

Es tut mir leid
dass ich ihm nicht mehr sagen kann
wie gerne ich mit ihm
in den Süden gegangen wäre.