Alla scoperta dell’Infanzia berlinese di Walter Benjamin

Walter Benjamin, berlinese DOC, figlio della buona borghesia ebraica a cavallo tra Otto e Novecento, è stato critico letterario, traduttore (di Proust, di Baudelaire, di Kafka tra gli altri), nonchè, en passant, uno dei più influenti pensatori del XX secolo. Come ogni buon filosofo, fu prima di tutto un acutissimo osservatore e interprete dei suoi tempi, e lo fu fin da bambino, come testimonia Infanzia berlinese, Berliner Kindheit, unico suo testo di matrice biografica, scritto tra il 1932 e il 1938, che raccoglie i ricordi della più tenera età.

In una lettera degli anni Trenta parla del suo libro come di una “storia originaria del secolo XIX specchiata nello sguardo del bambino che gioca alla sua soglia”: e così ci appare una Berlino fatta di marzapane e carrozze, in cui già sono presenti, come di consueto nelle immagini e nei fenomeni su cui Benjamin ci invita a riflettere, i germi del tempo che verrà (“come l’ombra del Terzo Reich”scriverà Theodor W. Adorno nella Postfazione).

I luoghi che Walter Benjamin descrive con sensibilità e acutezza sono i più vari, condensati nei brevi 30 capitoli dell’opera: si va dalla Colonna della Vittoria, allora ancora collocata in Koenigsplatz, odierna Platz der Republik, che Benjamin rilegge come allegoria della Divina Commedia dantesca (in basso i dannati, in alto gli angeli), al parco di Tiergarten, alle cui estremità, sul Landwehrkanal in prossimità dell’attuale Ponte Bendler, vivevano le sue nonne, ai locali domestici più significativi, come l’andito dove era collocato il telefono, o cari, come il cassetto che conteneva i suoi calzini.

Sono pagine attraverso cui si può assaporare tutta l’atmosfera dell’infanzia nella Germania prebellica e guglielmina, compresi i turbamenti individuali che spesso accompagnano questa fase della vita: esempio ne è il capitolo dedicato a Krumme Strasse, la via berlinese in cui allora si concentravano prostitute e case di appuntamenti, luogo di mistero e turbamento.

Per Benjamin, imprudentemente iscritto dai genitori al Friedrich Willhelm Gymnasium (lo stesso di Otto von Bismarck), di cui serberà una pessimo ricordo, saranno di certo più istruttive le esperienze urbane, di quelle scolastiche: per le vie di Berlino incontrerà l’amore, andrà a caccia di lontre e farfalle, scoprirà il dolore della perdita. In questo senso, Infanzia berlinese si può considerare un autentico Bildungsroman, un romanzo di formazione.

E probabilmente per questa stessa ragione dedicherà alla sua città, per la quale nutriva un sentimento ambivalente di attrazione e repulsione, un’intera opera: e questo, proprio nel momento in cui più intenso diventerà il rapporto con un’altra grande capitale europea, Parigi.
Forse per espiare così un senso di colpa verso la madrepatria, forse per il gusto di richiamare in vita gli idoli dell’infanzia, a cui Benjamin non finì mai di guardare (egli fu, tra le varie cose, un importante collezionista di libri per bambini).

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