Bambino Tedesco

Il bambino tedesco che ogni giorno appiccica il naso sulla vetrata dell’ufficio a guardarci

Cronaca di un momento di vita quotidiana berlinese

Ogni giorno intorno alle quattro del pomeriggio una serie di bambini del vicino asilo si affacciano sulle vetrate del nostro ufficio (Berlino MagazineBerlino Schule) a vedere noi, una decina di persone con lo sguardo fisso sul pc a scrivere, con una curiosità tale da appiccicare puntualmente il naso sul vetro prima di essere trascinati via dai genitori di turno. Tra tutti loro c’è un ragazzino biondo, capelli lunghi, di età direi 4 anni, che più di ogni altro, per il suo look finto trasandato, in realtà cool, attira la nostra simpatia. Ci fermiamo ogni volta tutti quanti a osservarlo e commentiamo con toni da “che carino” il suo outfit del giorno. Ieri intorno alle 16.20 ho preso la bici che parcheggio sempre davanti l’ufficio per andare ad un’intervista.

Gryphiusstrasse è lunga una trentina di metri, è piena di sampietrini e il suo accesso, partendo sul marciapiede, è bloccato dalle tante macchine parcheggiate a spina di pesce. Insomma, non si può andare sulla strada prima di raggiungerne uno degli estremi. La parte disponibile del marciapiede per camminare, a causa parcheggi di bici e piccole aiuole, è abbastanza stretta e così, poiché ero un po’ di fretta, solo salito in sella e, andando a passo d’uomo, alternando una pedalata a qualche passo a piedi prima di avere la possibilità di immettermi correttamente sulla strada. In lontananza, vedo il bambino biondo di sempre. La madre sta qualche metro dietro con il passeggino del fratellino. Il bambino si ferma e comincia a guardarmi. Sorride. Si gira, richiama l’attenzione della mamma. Io sono sempre più vicino. Sono pronto a sorridergli e salutarlo come se ci conoscessimo da tempo. Sarebbe la prima volta che gli parlo. C’è sempre stata una finestra tra di noi. Dieci metri, nove metri, cinque metri. Il bambino è ormai accanto alla mamma e con il dito della mano destra mi sta indicando. Io mi sposto lentamente sull’estrema destra del marciapiede. Poso uno dei piedi a terra per rallentare ulteriormente e salutarlo. “Hallo” dico sorridendo. Lui però non coglie e, mentre ormai lo sto superando, mi grida, scandendo bene. “Hier nicht mit dem Fahrrad fahren”. Qui non si può andare in bicicletta. E io, quel bambino, ora, non lo amo più.

 

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Photo: © CC0 Public Domain