Centro di Berlino invaso da gamberi rossi. Non provate a portarli a casa

Da inizio estate, con un picco ad agosto, i gamberi rossi americani “passeggiano”per alcune strade di Berlino, in particolare intorno e dentro il Tiergarten, a due passi da Potsdamer Platz e la porta di Brandeburgo.

Il loro nome ufficiale è Procambarus clarkii, ma vengono più comunemente chiamati gamberi rossi americani o gamberi rossi della Louisiana. Come potete vedere dal video assomigliano più ad astici che a gamberi. Girano per Berlino indisturbati, ma non per questo non notati. “Stiamo ricevendo molte chiamate al giorno” ha affermato Ulrike Kielhorn della Naturschutzbund Deutschland (Nabu). La preoccupazione è legittima: si tratta di una specie animale che rovina l’ecosistema. Importata circa vent’anni fa in Europa  dagli Stati Uniti perché reputata deliziosa al palato, si è scoperto anni dopo che la sua carne rischia di contenere pericolose tossine per l’organismo umano a causa delle alghe di cui questi crostacei si nutrono. La specie è sopravvissuta agli smantellamenti degli allevamenti imposti dalle autorità e, soprattutto quando piove e si alza il livello dell’acqua emerge e comincia a popolare anche la “terra ferma”.

Il precedente del 2014 in Germania dei gamberi rossi americani

Non è la prima volta che in Germania avviene questa “invasione”. Già nel 2014 una gran quantità di esemplari di gamberi rossi fu avvistata nei dintorni di una piscina di Francoforte. Normalmente vivono in buchi ben protetti, in un contesto ottimo per la proliferazione. Il loro sempre più frequente avvistamento a Berlino è probabilmente dovuto anche ad una migrazione “di massa” verso acque più calde.

Il danno per l’ambiente dei gamberi rossi americani

I gamberi rossi americani sono ben più forti dei nativi crostacei europei. Sono portatori sani di diverse malattie fungine. La loro presenza falsa l’ecosistema locale (sia berlinese che europeo) mettendone a rischio l’equilibrio. Raccoglierli e portarli a casa è vietato tanto in Italia quanto in Germania.

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