Cannes 2017, alla Quinzaine il film di Chloé Zhao sul mondo dei cowboy americani

Con la sua nuova pellicola The Rider, la regista Chloé Zhao torna per la seconda volta al Festival di Cannes.

Vederlo lì sul palco della Quinzaine des Réalisateurs, durante la Q&A session del film The Rider di cui è protagonista, giovane, magro, alto, dinoccolato e con indosso il suo cappello da cowboy, fa un certo effetto alla fine dei 104 minuti di proiezione. Brady Jandreau è un vero bronco rider dei rodei del South Dakota. Attore non professionista, così come tutti coloro che hanno preso parte al film – anche se non si direbbe – Brady è dotato di una mano incredibile per la doma dei cavalli selvaggi ed è un giovane talento nel circuito dei rodei professionali. È un mondo di cui fa inesorabilmente parte dalla nascita e al quale si trova però a dover rinunciare per via di una ferita alla testa riportata durante una gara.

La ricerca di un’identità diversa

Chloé Zhao, regista cinese che da anni vive a Denver, ha conosciuto prima la storia di Scott Lane e poi quella di Brady, mentre girava Songs My Brothers Taught Me nella riserva indiana di Pine Ridge, film anch’esso selezionato e acclamato dalla Quinzaine nell’edizione del 2015. Accanto alla figura di Brady c’è quella della sorella con difficoltà d’apprendimento e quella di un padre presente, ma spesso perso tra alcol e videopoker, con evidenti problemi economici, alle prese con i cambiamenti che la condizione del figlio porta al menage quotidiano. Il percorso lungo il quale ci accompagna lo sguardo della regista mostra la difficile ricerca di un’identità diversa da quella con cui Brady è vissuto per tutta la sua vita.

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Un film onesto, poetico e scevro da pietismo

Ci troviamo nel cuore di un’America fatta di sogni che sembrano per molti versi appartenere ad un’altra epoca e che però sono in fin dei conti attuali e comuni in chi condivide una passione tale da annientare il naturale istinto di autoconservazione per il piacere adrenalinico della sfida. Sfida che, se superata, rende invincibili, rende supereroi. «Non voglio insinuare nulla, ma io e Superman non siamo mai stati visti nello stesso posto insieme» recita Scott Lane, ex enfant prodige dei rodeo, amico fraterno di Brady, in uno dei suoi vari video girati prima di un incidente che lo ha reso seriamente menomato. 

Il mondo machista dei cowboy

Quello dei cowboy è un mondo profondamente machista, che non permette di manifestare in alcun modo la paura e il dolore nemmeno nell’intimo delle relazioni familiari. The Rider è fatto di una particolare fisicità che si manifesta sin dalle primissime scene, soffermandosi spesso sul legame che il protagonista ha con i propri cavalli attraverso il contatto, lo sguardo, il respiro stesso dell’animale. Si prende per esempio tutto il tempo necessario per raccontare la costruzione del legame di fiducia che si deve instaurare tra uomo e animale durante alcune scene di doma incredibilmente belle.

La vita che vale la pena vivere dura 8 secondi

Un racconto di poche parole, ma con un sonoro e un paesaggio che colma tutti gli spazi vuoti. Segnato dalle asperità del contesto, The Rider è un film sulla forza di volontà di chi non vuole abbandonare l’unica cosa che sa fare e per la quale è stato cresciuto in un mondo di uomini la cui essenza, la cui vita che valga la pena di essere vissuta, si esplica ed esaurisce in 8 secondi: il tempo della durata di ogni gara.

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