“Che me ne frega del Berghain, Berlino è anche altro”

Che me ne frega del Berghain!

Andiamo al Wannsee, sulla Sprea, al Tiergarten in bicicletta. Rubiamo raggi di sole al Mauerpark la domenica pomeriggio.

Che me ne frega del Berghain!

Mangiamo turco, indiano, asiatico o tedesco. Prendiamo una pizza da Standard e vediamoci un film abbracciati sul divano.

Che me ne frega del Berghain!

Andiamo al Pergamon, alla Gemäldgalerie, al museo ebraico. Perdiamoci nel labirinto dello Jüdisches Denkmal o tra le memorie orribili di Sachsenhausen.

Che me ne frega del Berghain!

Transenne, finestre sbarrate, sei ore di fila. Chiama le ragazze, compra le birre da Kaiser’s, le foto dentro non si possono fare, come ti vesti?

Che me ne frega del Berghain!

Hipster no, Casual no, Punk no, Turista no. Fanculo tirapiedi di Sven! Sono io che rimbalzo voi.

Che me ne frega del Berghain!

Tramonti rosa, la Philharmonie, gli Hackesche Höfe, i palazzoni abbandonati della DDR ad Alexanderplatz, il Klunkerkranich a Neukölln, la Bergmannstrasse, gli Späti aperti tutta la notte.

Che me ne frega del Berghain!

Tempelhof, la foresta di Grunewald, la collina del Viktoriapark, i Flohmarkt nel fine settimana e i mercatini di Natale.

Che me ne frega del Berghain!

Il Maybachufer, Neue Venedig, una visita al Sowjetische Ehrenmal nel silenzio irreale e pacifico di Treptower Park.

Sì, che me ne frega del Berghain, e non parlo della musica, spesso eccezionale, non parlo di Sven, che alla fine fa il suo, ed è anche bravo, non parlo del locale, a suo modo bello e affascinante, né di chi ci va per passarci ogni tanto una bella serata (o pomeriggio), ma di chi, tra i suoi frequentatori, ne fa una religione, un credo da venerare e da difendere anche fuori dalle porte di questa ex centrale elettrica e chi non la pensa come loro è un fallito, non ha diritto di parlarne, non ha capito nulla di Berlino. Loro, omologati nella diversità, non capiscono che Berlino, per fortuna, è anche altro.

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FOTO © Berghain © Wikimedia