Chiedere non costa niente (solo il prezzo del biglietto d’ingresso)

La nostra è una generazione che non ha la possibilità di sedersi e aspettare che il titolo di studio ci apra direttamente le porte del mercato del lavoro. Ancora più di un buon voto di laurea è sempre più importante spendersi in giro: alimentare una buona rete di contatti, uscire, crearsi da soli le opportunità. L’altro ieri sono andato a visitare il DDR Museum di Berlino. Da guida mi ha fatto una bravissima ragazza italiana che lavora per il museo come responsabile dei social media. Mi aveva contattato un paio di giorni prima chiedendomi se avessi voluto scrivere del museo per il magazine (l’articolo arriverà prossimamente). Chiacchierando con lei, non potevo che finire con il chiedere come fosse arrivata a lavorare lì. La storia non ha dell’incredibile, è una storia a suo modo comune ad altre, ma dimostra sia l’inventiva che la tenacia non solo di questa bravissima ragazza (laureata in comunicazione), ma di tutta una generazione che deve sfruttare ogni minimo spiraglio che le si pone davanti per provare ad infilare almeno un piedino. Quella che segue è l’esperienza di Federica.

Chiedere non costa niente (solo il prezzo del biglietto d´ingresso)

di Federica Felicetti

Progetto Leonardo. Partenza prevista: 15 Marzo. Destinazione: Berlino. Due settimane di corso intensivo di tedesco e tre mesi di internship sponsorizzati dall´Unione Europea. Si parte carichi di aspettative ma una volta messo piede sul suolo tedesco, iniziano i dubbi. Ora che si fa? Devo trovare un “Praktikum”, ovvero uno stage. O meglio… Dovrebbe trovarlo l´organizzazione che si occupa del progetto, ma se l´organizzazione, che poi tanto organizzata non è (perdonatemi il gioco di parole scontato) tarda nell´adempimento del proprio dovere, mi devo assolutamente mobilitare io. Ed è cosí che, un po´ scoraggiata, entro quasi per caso nel DDR Museum, sulle sponde dello Spree. E mi si apre un mondo. Il museo è davvero interattivo e molto dettagliato, spiega in maniera precisa come i cittadini della DDR vivevano la propia quotidianitá.

Mi affascina e mi spaventa al tempo stesso, poiché racconta di una realtá che sembra cosí lontana, ma che al contrario é molto recente. Sono passati solo venticinque anni dalla caduta del muro. Sono ispirata e decido di fare un po´di foto da postare su Instagram, taggando ovviamente il @ddrmuseum che è “very social” e ha un suo profilo su tutti i social network possibili e immaginabili. Le mie foto piacciono e il ddrmuseum commenta, io rispondo, lui mi risponde di nuovo, mi chiede se ne ho altre e se posso postare anche quelle e io penso… Ma, perché non chiedere proprio al DDR Museum se hanno bisogno di una stagista? In fondo, chiedere non costa nulla. E poi la mia tesi di laurea era proprio basata su come i musei possono interagire meglio con il visitatore tramite i Social Network, mi pare perfetto. Rintraccio la mail del direttore e gli espongo la mia situazione. Lui mi invita per un colloquio. Ci vediamo al ristorante del museo, anche quello a tema DDR, e gli racconto la mia storia. Al termine del colloquio mi chiede: “Quando puoi iniziare?”.

Non riesco a trattenere la gioia! “Anche subito”, rispondo. Due giorni dopo entro per la prima volta negli uffici del museo e mi sento subito a mio agio. Mi accolgono tutti in modo davvero gentile e premuroso. Il team è giovane e molto dinamico. Ma la cosa che piú mi ha colpito e che in Italia credo non potrebbe mai accadere, se non in rari e sporadici casi, è che qui mi hanno giá dato delle responsabilitá. Non devo fare solo i caffè e le fotocopie (come narra la leggenda dello stagista sfruttato). Qua mi occupo del Social Media Management insieme a un mio collega, con l´obiettivo di creare una comunitá attiva di sostenitori del nostro museo. Ho giá guadagnato il mio spazio e mi è stata addirittura offerta una piccola rubrica tutta mia sui social Facebook e Google +, che pubblico ogni sabato all´ora di pranzo (DDR Ort- i luoghi della DDR). Insomma diciamo che la tecnologia in questo caso ha davvero aiutato, condita da un pizzico di intraprendenza e dall’apertura mentale di chi mi sono trovata di fronte, che ha preso la decisione di darmi questa immensa possibilità. A Berlino succede anche questo.