Il servizio della metro di Berlino per ritrovare i tuoi colpi di fulmine mancati per timidezza

Kottbusser Tor, stazione della metro. Sono seduta sulla Ubahn, linea u1 e assorta nei pensieri, ascolto un po’ di musica e butto un occhio fuori dal finestrino. Poi mi giro e di fronte a me si siede lui. . Il suo aspetto fisico rispetta tutti i miei canoni estetici, percepisco il suo fascino ancora prima di potere ascoltare il suono della sua voce. E’ colpo di fulmine, almeno per me. Lo guardo fintamente distratta. Ricambia. Lo riguardo. Riguarda anche lui. Ogni sguardo dura giusto qualche attimo, appena compare l’imbarazzo abbassiamo entrambi il capo come se nulla fosse finché qualche attimo dopo, quasi spinti da una forza superiore, i nostri occhi si incrociano di nuovo stavolta accompagnati anche da timidi sorrisi. Nella mia mente una voce rivolta a lui urla a ripetizione: “Parlami! Fai qualcosa! Fai una qualsiasi cosa!”. Mi tolgo quindi gli auricolari, nella speranza che interpreti questo mio gesto come segnale di via libera per attaccare bottone. Ma nulla, proprio nulla accade… e sapete perché? Anche nella sua mente c’è una voce che insistentemente urla verso di me: “Parlami! Fai qualcosa! Ma dove sta scritto che deve essere l’uomo a fare il primo passo?”. E così i minuti passano e le fermate si susseguono una dietro l’altra, fino a quando la voce in filodiffusione sulla metro pronuncia il nome della mia fermata. Inizio a sistemare la mia borsa e gli lancio uno sguardo ancora più profondo che ha il seguente significato: “Io sto per scendere quindi sei pregato di rivolgermi la parola nell’arco dei prossimi tre secondi!”. Ma nulla, nemmeno il migliore dei miei sguardi porta all’effetto desiderato e così come è nato e cresciuto, in pochi secondi questo “amore” è già morto. Scendo e attraverso il finestrino ci lanciamo un ultimo sguardo: lo sguardo affranto di chi sa già che non si rivedrà mai più.

Ora ditemi, quante volte è successa una cosa simile anche a voi? Sicuramente parecchie. Ogni giorno, per anni, i poveri vagoni della U-bahn e della S-bahn hanno dovuto assistere impotenti a questi colpi di fulmine che, per mancanza di coraggio delle persone coinvolte, raramente si trasformano in qualcosa di più.
Non tutti sanno però che da qualche anno la BVG ha messo a disposizione sul proprio sito internet un servizio chiamato “Meine Augenblick” (questo il link) creato ad hoc proprio per queste occasioni. Se su un qualsiasi mezzo di trasporto pubblico o in una stazione avete perso all’istante la testa per qualche fanciulla o baldo giovane ma non avete avuto il coraggio di rivolgergli la parola, potrete scrivere un annuncio su questa pagina, nella speranza che il vostro lui/lei lo legga e capisca che è un messaggio proprio a lui/lei rivolto.Oppure se pensate o sperate che qualcuno vi abbia notato e scritto un annuncio per voi, nell’apposita sezione potete selezionare il mezzo di trasporto sul quale vi trovavate con data e orario e controllare se c’è posta per voi.
Vi porgo ora un esempio di annuncio che copio e traduco dalla pagina:

“U8 direzione Boddinstrasse, 20.02.2014, ore 20,40: dormivo appoggiato alla mia bicicletta, quando alla fermata di Moritzplatz mi sono svegliato e ti ho scoperta. Sedevi su un sedile di fronte a me e avevi i capelli di un marrone rossiccio, occhi castani e un viso fine, delicato. Con la coda dell’occhio ti osservavo ma ero troppo timido per sostenere il tuo sguardo. E così sono sceso a Hermannplatz mentre tu proseguivi verso Boddintrasse. Ora questo giovane uomo dai capelli ricci rimpiange il suo comportamento così introverso! Per favore fatti viva!”.

Anche se ho i miei dubbi che tutto ciò funzioni, spero seriamente che il ricciolone bici munito sia riuscito a ritrovare in questo modo la castana/rossiccia. Glielo auguro con tutto il cuore. Ma non era meglio, per una volta, fare lo sforzo di mettere da parte la timidezza e di prendersi questo rischio? Lo so, sicuramente ora starete pensando “La fai facile tu! Vorrei vedere te!”. Ma io, miei cari, il coraggio di farlo l’ho avuto e, già che ci sono, metto a repentaglio completamente la mia reputazione e vi racconto come è andata.

Mi trovavo sulla U-bahn, una di quelle in cui i vagoni hanno due lunghe file di sedili poste una di fronte all’altra. Vedo entrare e sedersi quasi di fronte a me un ragazzo che mi cattura subito l’attenzione. Inizia quindi il solito gioco di sguardi, ma lui aggiunge a tutto ciò dei sorrisi fin troppo ampi. Spero quindi sia lui il primo a cercare un qualsiasi contatto. Quando però dallo zaino tira fuori un quotidiano tedesco e capisco quindi la sua nazionalità, mi rendo conto che è più probabile che un meteorite scenda improvvisamente dal cielo e distrugga mezza Europa piuttosto che lui mi rivolga la parola. Continua però a guardarmi, così come a sorridermi esplicitamente. Forse spinta dall’effetto di una qualche droga che non ricordo di aver preso, decido quindi di passare all’azione. Dentro di me faccio un monologo che serve a darmi coraggio. Il tema è: “Tentar non nuoce…e poi se dovesse darmi un due di picche, chi cavolo lo rivede più questo biondo?”. Dalla mia borsa prendo un pezzo di carta e ci scrivo nome e numero di telefono. Quando poi arriva la mia fermata, anziché andare direttamente alla porta, vado verso di lui e senza dire una parola gli lascio il biglietto in una mano. Non vi dico l’imbarazzo: penso che sul mio viso sono comparse tutte le esistenti sfumature di rosso. Gli altri passeggeri sul vagone mi guardano sbigottiti ma anche con ammirazione. Percepisco che volentieri mi avrebbero fatto un applauso. Lui invece non so che faccia abbia fatto: il coraggio di guardarlo di nuovo negli occhi non l’ho avuto. Sono infatti poi andata direttamente alla porta che, presa dall’agitazione, non riuscivo ad aprire. Attimi di panico in cui sapevo di avere tutti gli occhi puntati addosso. Fortunatamente la porta si è poi aperta e io sono scomparsa tra la folla che riempiva la pensilina. Chi mi conosce sa che ciò che ho appena descritto non è assolutamente una cosa da me e a stento è riuscito a credere che io abbia potuto fare un atto del genere. Sinceramente io stessa stento ancora a crederci.

Come potete notare però sono ancora viva e vegeta: il fare il primo passo non mi ha portato ad avere particolari danni fisici o cerebrali. Indi per cui consiglio a tutti voi di fare un piccolo sforzo in più e, solo se ovviamente capite che ne potrebbe valer la pena, “buttarvi” e fare il primo passo senza pensarci troppo.
Se poi proprio non ci riuscite, c’è sempre “Meine Augenblick”. Buona fortuna!

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