Conflict Kitchen

Conflict Kitchen, il ristorante in cui si servono solo piatti di Paesi “in conflitto” con gli Stati Uniti

Conflict Kitchen è un modo nuovo di far ristorazione, ma soprattutto un luogo in cui non solo si mangia, ma si parte alla scoperta di tutti quei Paesi con cui l’America è in conflitto.

A giudicare dallo stile e dall’atmosfera multiculturale che vi si respira, sembrerebbe di stare in un locale berlinese. Ma il Conflict Kitchen è un ristorante di Pittsburgh, negli Stati Uniti, la cui particolarità sta nel servire piatti tipici di quei Paesi con cui l’America è in conflitto. Il cibo servito e gustato nel locale è dunque semplicemente un pretesto per analizzare la politica estera degli Stati Uniti. Finora sono stati serviti i piatti di Iran, Afghanistan, Cuba, Corea del Nord, Palestina e Venezuela. Non tutte le scelte sono state accolte con uguale entusiasmo. Una grossa polemica è nata intorno alla necessità di servire cibo palestinese. Il Conflict Kitchen ha dovuto anche chiudere per qualche tempo, ma l’inattività temporanea non ha minato il progetto alla base di questo ristorante.

Conflict Kitchen

L’idea è nato dall’incontro tra Jon Rubi, professore di storia dell’arte alla Carnegie Mellon University, e Dawn Weleski. La prima filiale di questo ristorante è stata aperta nel 2010 nel quartiere East Liberty di Pittsburgh e più che di un vero ristorante si trattava di una semplice finestra per il take away. Questa prima sede è rimasta aperta fino al 2012, quanto i due proprietari hanno deciso di trasformare il Conflict Kitchen in un vero e proprio ristorante con posti a sedere. La nuova sede è stata aperta a Schenley Plaza, Downtown Pittsburgh. Il primo menù servito è stato iraniano e da lì si sono succeduti menù diversi ogni tre/cinque mesi. Un periodo di chiusura (dall’8 al 12 novembre 2014) è stato imposto al ristorante dopo che la preparazione di un menù palestinese, a seguito della quale i due proprietari erano stati insultati e minacciati di morte. Ma il ristorante è tornato più forte di prima per continuare la sua opera di sensibilizzazione. Al Conflict Kitchen non si mangia soltanto, ma si discute. Lo staff del locale fornisce agli avventori informazioni sui posti di provenienza dei piatti offerti, riportate sugli involucri del cibo, che smettono di essere semplici contenitori e diventano così strumenti di sapere. Anche l’arredamento del locale cambia in base al menù. Sarebbe bello se l’idea del Conflict Kitchen venisse esportata anche in altri Paesi del mondo.

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