Die Welt: «Vacanza in Sardegna specchio dell’Italia che fallisce». Ma la tesi è assurda

C’è chi va in vacanza in Sardegna per abbandonarsi totalmente alla bellezza dei luoghi, alla genuinità della gente e alle gioie della gastronomia locale e c’è chi, come Holger Zschäpitz, resiste stoicamente alla sua bellezza sfruttando il periodo di permanenza in loco per imbarcarsi in congetture socioeconomiche sul futuro dell’Italia. Il redattore economico del quotidiano tedesco Die Welt, dopo aver trascorso le ferie in un piccolo borgo della paradisiaca Costa Verde, è caduto nella tentazione di formulare una diagnosi del “morbo” di cui sarebbe affetta l’Italia intera. Una delle più autorevoli testate della Germania ha finito così per pubblicare un articolo dal titolo “La mia vacanza in Italia mi ha fatto capire perché il Paese fallirà” che pretende di essere un’analisi economica della situazione italiana, sebbene prenda le mosse da una vacanza in Sardegna dell’autore e, parametro scientifico alquanto insolito, da una sua visita al discount del paesino in cui ha soggiornato.

Un po’ come ha fatto – anche se con altre conclusioni – Franz Vitulli su Medium qualche settimana fa, anche Zschäpitz parte dalle esperienze collezionate durante la sua vacanza in Sardegna e snocciola i motivi per cui l’Italia è destinata al fallimento: il personale del supermercato così come quello dell’aeroporto è inefficiente, i prezzi (dei generi alimentari, della benzina e dell’iPhone) troppo alti, gli investimenti dello Stato nell’istruzione scarsi, la connessione internet instabile, la produzione industriale stagnante, le banche corrotte ecc.

Le conclusioni a cui giunge Zschäpitz sono riassunte nell’affermazione «ecco perché l’Italia non si merita l’Euro», come se la moneta unica fosse un riconoscimento da concedere per buona condotta e si dovesse ragionare per categorie morali anziché economiche. Ma c’è di peggio: il redattore correda le sue “brillanti” tesi di grafici e statistiche che si riferiscono all’intero Paese (prezzi della benzina, investimenti nell’istruzione, produzione industriale, tasso di disoccupazione) e che dovrebbero essere la controprova schiacciante delle conclusioni tratte durante il soggiorno nel paesello in questione. Sotto è spiegata punto per punto la fallacia dei suoi ragionamenti che qui, per darvi un’idea generale, già riassumiamo. Più che a sostegno della tesi di un’Italia sull’orlo del fallimento, i grafici e le tabelle mostrati da Zschäpitz sembrano essere stati selezionati in virtù della loro autorevolezza per fare da scudo a ogni critica di scarsa obiettività. Agli attacchi il “nostro” potrà sempre rispondere richiamandosi alla inconfutabilità delle sue fonti, che però nessuno, nemmeno in questa sede, desidera impugnare. A essere condannabile è il procedimento per induzione, che conduce l’autore a trarre conclusioni sulla condizione di infermità della nazione italiana partendo dal caso particolare della sua villeggiatura in Costa Verde; e non soltanto perché il comune sardo di riferimento non può essere preso a metro di tutto il Paese. Un procedere, quello adottato da Zschäpitz, privo di un’impalcatura logica sufficientemente robusta e tenuto in piedi esclusivamente da una (malsana) dose di superiorità preconcetta, supportabile soltanto sfoderando grafici e tabelle che mostrino, nero su bianco, quanto la Germania sia forte e potente in Europa.

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La risposta, punto per punto.

La premessa

«Quando vado all’estero, per me è d’obbligo fare visita a un discount locale. […] Da nessun’altra parte come in un discount la cultura di un Paese emerge così chiaramente».

L’affermazione da cui Zschäpitz prende le mosse può forse calzare per alcuni Paesi dove la cultura del discount è particolarmente radicata, come per esempio la Germania. Ma il discount è quanto di più lontano dal costume italiano si possa immaginare. Ed è lo stesso Zschäpitz ad affermarlo quando riporta che la quota di mercato dei discount in Italia corrisponde all’11%, una quota pari a 1/4 di quella tedesca. Una visita al mercato locale sarebbe sicuramente stata una base più solida per formulare analisi socioeconomiche, oltre che per rifornirsi di prodotti di qualità di cui riempirsi la valigia prima di tornare in Germania.

Il supermercato

«Il mio istinto tedesco mi dice che dove non c’è coda, la cassa è chiusa. Ma […] in Italia esiste ancora il cassiere seduto alla cassa deserta in attesa del prossimo cliente».

Se per un attimo abbiamo sussultato pensando di essere incappati per sbaglio nella prima pagina di Bild, dobbiamo in un secondo momento constatare di esserci sbagliati. Purtroppo. La considerazione manichea “i tedeschi sono efficienti, gli italiani fanfaroni” serpeggia per tutto il reportage di Zschäpitz su Die Welt, trasudando arroganza e saccenza, unici due fili conduttori che tengono insieme un pezzo altrimenti sconclusionato nelle argomentazioni.

«Ciò che ho visto alla cassa numero 3 del supermercato durante la mia ultima vacanza in Sardegna è simbolico per l’Italia intera. Il Paese è in un modo o nell’altro piacevole, ma troppo inefficiente per rimanere a lungo nell’Euro».

Probabilmente l’autore è tanto rapido nel procedere per induzione da essersi scordato di argomentare il passaggio dal particolare al generale. Il perché la cassa numero 3 del discount in questione debba essere cifra simbolica dell’intero Stivale rimane dunque un’incognita. La variabile della negligenza del singolo cassiere non viene nemmeno presa in considerazione. Forse perché in Germania si ha tendenzialmente poca dimestichezza con le variabili: per rimanere in tema, basta osservare quanto si affannano i cassieri di un qualsiasi supermercato berlinese non appena si accoda il terzo cliente, vale a dire tanto da chiamare sempre prontamente una seconda cassa. Che si debba indurre una generalizzata incapacità dei tedeschi di lavorare sotto stress?

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L’istruzione

«Neanche l’amichevole benzinaio ha saputo spiegarmi perché i prezzi della benzina fossero così alti, in parte sicuramente perché io non parlo italiano e lui non parlava inglese. Il suo unico commento è stato “scuola kaputt”, che starebbe a significare che il sistema scolastico italiano non è tra i migliori. Solo pochi degli italiani che ho incontrato durante le ultime vacanze trascorse in Sicilia e nell’Italia settentrionale sapevano l’inglese. Le statistiche ufficiali lo dimostrano».

Che l’Italia investa poco nell’istruzione, in particolare modo nelle università, è innegabile. Che i magri rudimenti di inglese del benzinaio di un borgo sardo siano la prova empirica di questa tesi è invece assai discutibile. Recarsi alla stazione di rifornimento del quartiere berlinese di Lichtenberg (nella parte orientale della capitale tedesca) non regalerebbe all’autore molte più soddisfazioni.

I prezzi

«Secondo numerosi esperti, per supplire alle sue debolezze strutturali e tornare a essere competitiva, l’Italia ha bisogno di una forte svalutazione monetaria, impossibile se rimanesse nell’Euro».

Premesso che in materia di valuta l’unico parametro rilevante dovrebbe essere la forza economica di un Paese, se volessimo aggregarci al nostro autore ragionando per categorie morali, potremmo sostenere che se «l’Italia non si merita l’Euro», allora nemmeno la Germania lo “merita”, esattamente per la ragione opposta: la Germania è fin troppo forte per l’Euro, fattore che le consente di esportare deflazione in altri Paesi, comportamento non del tutto immune da colpe da un punto di vista morale.

L’aeroporto

«La mia vacanza è stata straordinaria e ho anche avuto l’onore di rimanere sull’isola due ore più del previsto. Alla fine delle mie ferie sono infatti stato a lungo seduto in aereo, perché non c’erano sufficienti addetti ai bagagli all’aeroporto. Incredibile, visto il tasso di disoccupazione pari all’11,6%, quello di disoccupazione giovanile al 36,5%. Dieci anni fa questa quota era ancora minore di quella tedesca. A questo pensavo mentre fissavo la pista di decollo. Eccolo di nuovo: il mio istinto tedesco».

Addirittura a fine vacanza, al momento di lasciarsi alle spalle il fascino selvaggio della Costa Verde, Zschäpitz non riesce a resistere a quello che chiama l’“istinto tedesco”. Considerare l’insufficienza di addetti ai bagagli in un aeroporto sardo come prova del paradosso di un’Italia ammorbata da un alto tasso di disoccupazione, sarebbe come interpretare il carente servizio dell’aeroporto di Berlin Schönefeld e i clamorosi ritardi nella costruzione dell’aeroporto Berlin-Brandenburg come sintomo dell’inefficienza tedesca.

Il menù dei punti di demerito che l’autore attribuisce all’Italia è infinito: dai prezzi troppo alti al supermercato all’inefficienza dei cassieri, dalla scarsa istruzione del benzinaio al ritardo in aeroporto e così via. Peccato che Zschäpitz, perseguitato com’è da quel pesante fardello che pare essere «l’istinto tedesco», non abbia potuto godersi appieno la sua vacanza in uno di quegli angoli di Italia che chiunque vorrebbe avere l’occasione di vedere almeno una volta nella vita. Di fronte allo splendore mozzafiato della Costa Verde, al redattore economico di Die Welt non è rimasto che appellarsi alle statistiche economiche per sentirsi un po’ meno piccolo e un po’ meno inadeguato.

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Foto di copertina: Spiaggia di Tuerredda © Giorgio Michele CC BY 2.0