Germania al bivio: da proibire l’utilizzo del burqa?

Per chi vive in Germania non è difficile notare che la stragrande maggioranza dell’immigrazione è composta dalle popolazioni del Medio Oriente, le quali inevitabilmente portano con sè usi e costumi di un popolo prevalentemente di religione musulmana. Cosa accade se moglie, marito e figli, si traferiscono o nascono in un paese dove le donne non hanno l’obbligo di indossare il velo? Come vengono considerate le donne che lo indossano, dai popoli non appartenenti a questo credo e come vengono giudicate da questi ultimi le donne che non lo indossano?

Il problema sembra andare molto più in là di un semplice giudizio o diversa visione del mondo. La Legislazione della corte europea dei diritti umani infatti, avrebbe deciso questo mese di sostenere il divieto della Francia emanato nel 2011, nell’indossare in pubblico il burqa e il niqab. Divieto che ha riacceso il dibattito anche in Germania.

A Francoforte sul Meno, città di 700.000 residenti, di cui una grande fetta è di origine musulmana, la questione ha letteralmente diviso la posizione della Cancelliera Angela Merkel col partito del CDU e quella del partito dei verdi. Al momento i membri dell’amministrazione municipale non hanno il permesso di indossare il velo sul posto di lavoro e pare che tale divieto possa essere esteso anche alla vita pubblica.

Secondo un’intervista del The Local a Uwe Becker rappresentante del CDU, il partito sarebbe favorevole al divieto:
“Il motivo principale della mia opposizione al burqa è che esso rappresenta il più forte segnale di distacco dall’idea di società aperta e libera. Viviamo in una città ricca di colore e diversità che possiede 170 diverse etnie, rappresentate da musulmani, cristiani, ebrei e membri di numerosi altri credi religiosi, che insieme coesistono in maniera pacifica ed è questa proprio la caratteristica di Francoforte, in cui tutto può accadere in un’atmosfera di grande apertura e libertà. Il burqa è un simbolo molto forte che rinvia all’immagine di una persona che non intende integrarsi nella società e se ne dissocia totalmente. Per me la questione non ha a che fare con il reprimere una cultura o una religione, ma col rischio del disturbo della coesistenza in una città multiculturale come la nostra. Un altro aspetto riguarda l’impatto che esso ha nello stabilire pubblicamente l’identità di un individuo. Nel 1985 ad esempio, la Germania emanò il divieto di nascondere il proprio viso durante una pubblica manifestazione. Vogliamo sapere chi si nasconde dietro al velo e le azioni con cui abbiamo a che fare.

Martina Feldmayer, co-presidente del partito dei verdi di Fracoforte è di diverso parere:
“La nostra collega Uwe Becker, dice che vogliamo sapere chi si nasconde dietro un velo, ma voi pensate che una persona o un gruppo abbiano il diritto di insistere? Si, ne hanno il diritto, così come altri hanno il diritto di vedere la questione in maniera differente, c’è una grossa divergenza di opinioni. La questione verte su cosa vogliamo ottenere? Un livello maggiore di integrazione e più apertura all’interno di una società multiforme? Ciò non viene raggiunto attraverso l’imposizione di divieti, perché il gap diventa solo più profondo. Preferiamo persuadere anziché proibire. In realtà, il velo integrale delle donne, non è un fenomeno di massa, sono preoccupata che un tale dibattito sia stato avviato con l’unico risultato di una polarizzazione più forte.

Alla domanda, sempre riportata dal The Local, riguardo la posizione espressa dalla portavoce del congresso musulmano canadese, Farzana Hassan “Se un governo ritiene di sostenere l’uguaglianza tra uomini e donne, che motivo c’è di supportare una pratica che marginalizza le donne?”, Martina Feldmayer risponde: “Un governo dovrebbe sempre preservare l’egualità tra i sessi, ma questa non è una questione di supportare una pratica, ma piuttosto se qualcosa dovrebbe essere proibito. E tutti dovrebbero prendere in seria considerazione le conseguenze che ciò comporterebbe. Piuttosto che aiutare, io penso che proibire il burqa avrebbe l’effetto opposto e comporterebbe la mancata possibilità di alcune donne di apparire in pubblico. Il mio collega, Omid Nouripour, musulmano tedesco di origini iraniane, è anche lui contrario al divieto del burqa. Attraverso la politica di integrazione di Francoforte e il lavoro del comitato per gli affari religiosi abbiamo fatto grandi progessi attraverso il dialogo verso i valori comuni. E andiamo molto più avanti in questo modo che attraverso i divieti”.

Il velo è visto dal mondo occidentale come il più grande simbolo della imparità dei sessi, ma può un divieto risolvere il problema di un altro divieto? E di contro assecondare l’uso del burqa non è un po’ come essere partecipi della prigionia delle donne che lo indossano?

Lasciate che la libertà regni. Il sole non tramonterà mai su una così gloriosa conquista umana.
Nelson Mandela

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Foto di Institute for Money, Technology and Financial Inclusion CC BY SA 2.0