Shopping a Berlino, il Bikini incarna la perfetta fusione fra passato e avanguardia

Che aspetto avranno le metropoli del futuro? Come bilanciare sostenibilità e sviluppo economico? In che maniera è possibile integrare uffici e negozi nelle aree pubbliche? E infine, è realistico cercare un equilibrio fra il concetto di open space e quello di concentrazione umana? Sono le questioni discusse sempre più spesso dagli urbanisti, i costruttori e gli architetti di tutto il mondo, domande alle quali il Bikini Berlin riesce a fornire una risposta più che mai convincente. Il complesso rimodernato di recente nella capitale tedesca è diventato paradigma globale di oasi urbana e connubio unico di spazi dedicati allo shopping, al lavoro, all’intrattenimento e al relax.

Il Bikini – situato nel cuore del vecchio Ovest di Berlino e pressoché equidistante dalla stazione di Zoologischer Garten, dalle vetrine del Kurfürstendamm e da quelle del KaDeWe – rappresenta un concetto altamente innovativo di sviluppo urbano. Il nuovo complesso inaugurato il 3 Aprile scorso, con tanto di colpo di cannone e cerimonia in grande stile, è il coronamento di ben trentanove mesi di lavori ad opera della nota impresa immobiliare Bayerische Hausbau, di Monaco. L’azienda investitrice, dopo aver acquistato la vecchia struttura, ha affidato la progettazione e il concept allo studio belga SAQ, che a sua volta tra il 2010 e il 2013 ha incaricato dell’opera di ammodernamento lo studio di architettura bavarese Hild und K, specializzato nella ristrutturazione innovativa di edifici preesistenti. L’idea di fondo era quella di operare un rinnovamento radicale sul vecchio complesso Zoobogen o Zentrum am Zoo, progettato e realizzato dagli architetti visionari Hans Schoszberger e Paul Schwebes fra il 1955 e il 1957, che nel corso degli anni (ma soprattutto dopo la caduta del muro) aveva perso valore e attrattiva.

Nessuna opera architettonica poteva assumere significato più pregno del Zentrum am Zoo, a metà degli anni Cinquanta, poiché erano gli anni della ricostruzione, dell’espressione della libertà, di un nuovo inizio per quel settore di Berlino. Su questi presupposti, Schwebes e Schoszberger decisero di fare appello a uno stile edilizio lineare e trasparente, creando un centro che simboleggiasse la ripresa economica e costituisse una pietra miliare nel risveglio creativo della Repubblica Federale. E ci riuscirono progettando il massimo livello di trasparenza nel design della facciata della Bikinihaus, soprattutto con le lunghe finestre longitudinali e il portico al piano terra, che facevano della struttura ben più di un edificio a scopi utilitaristici e commerciali. La struttura rettangolare, con le sue trasparenze, doveva festeggiare il trionfo della luminosità, della dimensione umana e dell’assoluta vivibilità dei suoi spazi, oltre a costituire un filtro quasi naturale tra l’isola verde costituita dallo zoo e dalle propaggini di Tiergarten e la zona dello shopping più frenetica e rinomata nel lato Ovest della città. Inoltre, al secondo piano, l’edificio presentava uno spazio aperto inframmezzato da pilastri e atto a dividere visivamente i livelli inferiori da quelli superiori; da qui, per associazione di idee, il nome di “Bikini”, l’indumento trasgressivo e osé che proprio in quegli anni cominciava a prendere piede fra i tanti simboli della libertà di costumi.

La sfida per i progettisti e i rinnovatori, dunque, era quella di ammodernare il complesso preservando l’intento originario, sfruttando gli accorgimenti all’avanguardia senza snaturare i vibranti elementi architettonici dal sapore anni Cinquanta. E il risultato di tanta perizia è un concetto di mall unico al mondo. Il complesso consta di quattro edifici, riportati a nuova vita dopo un’attenta progettazione, che costituiscono una sorta di nuovo shoppingpassage fra la Budapester Straße e il celebre giardino zoologico: la Bikinihaus antistante la Gedächtniskirche, la Große Hochhaus su Hardenberg Platz, il cinema Zoo Palast e la Kleine Hochhaus, che ospita un albergo pluristellato e un vasto parcheggio.
Il design delle facciate, che è sempre stato il biglietto da visita del Bikini, è una perfetta sintesi di storia e modernismo; quelle della Bikinihaus su Budapester Straße e del 25Hours Hotel, ad esempio, sono state ricostruite mantendendosi fedeli allo stile degli anni Cinquanta integrato da elementi caratteristici ed energici quali i tocchi di colore e gli enormi pannelli di vetro orizzontali nelle sfumature del sabbia, dell’ambra, del bianco marmo e del grigio fumé. Verticalmente, invece, il tratto distintivo è costituito da inserti anodizzati color oro. Anche il prospetto del nuovo cinema, la rampa di scale che conduce alla gigantesca terrazza panoramica della Bikinihaus e il parcheggio del complesso rappresentano un mix eccezionale fra passato e presente, perché alle superfici che giocano su livelli sovrapposti è stato incorporato un memento della vecchia struttura: le vetrate colorate degli anni Cinquanta, ormai inutilizzabili, sono state frantumate e mescolate all’intonaco, creando un superbo effetto di rifrazione anche nelle giornate di timido sole berlinese.

Oggi il cuore dell’intero complesso è rappresentato ancora dalla storica Bikinihaus, che si sviluppa per ben 200 metri di lunghezza e ospita negozi esclusivi, café e ristoranti ai piani inferiori e prestigiosi spazi di co-working e uffici ai piani superiori. Una delle maggiori attrazioni del Bikini Berlin è la spettacolare roof terrace di 7.000 metri quadrati, accessibile gratuitamente, dalla quale i visitatori possono godere di una vista mozzafiato sullo zoo e sul polmone verde del paesaggio urbano di Berlino, Tiergarten. Riscoprendo così un contatto visivo con la natura, ritrovando la vera essenza della città e gettandosi alle spalle il senso di straniamento e claustrofobia comunicato dai mall cementificati di vecchia generazione. Oltre alla presenza di più di 50 attività commerciali che tendono a mantenere alto (e costoso) il livello dello shopping, la grande novità si trova al piano terra dell’edificio. Si tratta del Bikini Pool, il vero fulcro creativo del complesso. Su un’area complessiva di 3.300 metri quadrati si sviluppano diciannove ‘scatole’ modulari dal design minimalistico, dei pop up stores di superficie variabile fra i 19 e i 39 metri quadrati dove le nuove labels e i giovani designers possono presentare a rotazione le loro idee e i loro prodotti a costo ridotto, aprendo un confronto con i marchi di più storica affermazione. E cosa c’è di più innovativo? Il piccolo, il locale e l’artigianale si mescolano in armonia ai colossi commerciali, instaurando un dialogo che, si spera, possa divenire sempre più omogeneo.

L’intento dei progettisti può dirsi compiuto, con una creatura architettonica che incarna la sintesi mirabile tra passato e futuro, vecchi fasti ed evoluzione, global e local. È forse in atto la vera rivincita dell’Ovest, dopo ventincinque anni di struggimento e disinteresse?
Dopo l’entusiasmo della comunità architettonica mondiale, agli acquirenti, ai turisti e ai visitatori l’ardua sentenza.

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