Il mio Natale ad Amburgo vs il mio Natale in Italia. Ecco chi ha vinto

di Francesco Paciola

Poco più di due anni fa, a settembre 2012, mi trasferivo in terra “Alemania”, Amburgo per la precisione, dopo aver vissuto per alcuni anni sulle  ridenti e assolate spiagge della Spagna. Ero qui per rimanerci il più a lungo possibile portandomi dietro lo stesso lavoro che facevo da più di 15 anni, il graphic designer freelancer. Mentre mi ambientavo il tempo passava e dicembre arrivò in men che non si dica e così, 5 dicembre 2012, quando la prima neve si posò su Amburgo fui colto da quella pessima sensazione di sorpresa che coglie tutti gli snowboarder quando nevica e non hanno la tavola a portata di mano.

Il Natale ad Amburgo. Era il primo vero inverno freddo della mia vita e quelli che ora sono i miei ricordi furono ben presto collegati alle luci delle feste natalizie. Del resto per me le due cose – dicembre e Natale – hanno sempre camminato di pari passo. Un po’ per la novità di essere per la prima volta in Germania, un po’ per i nuovi amici e un po’ perché ancora sarebbe stata la prima volta, avevo deciso di passare il Natale lontano dalla “natale patria”, ma soprattutto lontano da molti luoghi comuni e modi di fare tipicamente nostrani.

Fu così che – forse influenzati dalla continua calendarizzazione degli eventi dei tedeschi –  già da Settembre io e i miei amici (ne avevo già qualcuno prima di partire per la Germania) cominciammo a parlare della famosa cena di Natale. Come tutti gli italiani però alla fine la vera organizzazione diventò esecutiva solo la settimana prima del 24 Dicembre. Creatività dell’ultimo momento, in questo siamo imbattibili, diciamocelo.

Una bella comitiva di amici e una tavola imbandita nel migliore dei modi, cibo a “finire” e rigagnoli di vino (i fiumi so altre cose) accompagnavano la serata tra due chiacchiere, auguri e qualche brindisi con i calici levati al cielo.

Cena, amici, furgoli (non so come si chiamino), qualche sparo ed una Amburgo “illuminata a tardo pomeriggio” (considerando che “illuminata a giorno” è il termine di paragone con una città come Napoli) erano la cornice di un discreto, modesto e composto Natale. Nessuna critica in merito, anzi è stato un Natale diverso dagli altri, molto carino da passare con un nuovo gruppo di amici e tutto molto suggestivo. La serata andò avanti per parecchie ore tra le vie del centro e qualche salto sporadico tra un locale ed un altro. Diciamo anche che i salti erano più tra la porta di un locale e un altro che nel locale stesso, per onestà.

Tutto molto bello, avrebbe detto Bruno Pizzul.

Un anno dopo: il Natale in Italia. Siamo al 2013 e sempre di questi tempi a differenza dell’anno prima, avevo in tasca un biglietto d’aereo che mi avrebbe portato dritto dritto sulla rotta di “casa”, pronto a fare ritorno in patria a godermi un Natale in famiglia, tra amici della vecchia guardia, sfottò sui crucchi da parte dei conoscenti, le passeggiate per il corso sotto braccio ai tuoi “Eltern” e poi gli immancabili 4/5 chili che ti aspettavano ansiosamente già dall’ultimo gradino della scaletta dell’aereo.

Perché diciamocela tutta, la Germania è un grande paese e bisogna viverlo per capire bene il perché, altrimenti rimarrai il solito scemotto che a pappagallo ripete le solite news propinate dai media italiani del quale il fondamento di verità è paragonabile a una news sul cancro condivisa su Facebook. La gente è cordiale ed è corretta, sorride più di quanto ci si aspetti e lo stato sociale è una cosa tangibile. E su questo non possiamo obiettare niente.

Ma (perché un italiano ha sempre un MA o un PERÓ nella manica), da italiano:

-Correre su un campo da calcio, 11 contro 11, e anche quando i polmoni ti dicono che non c’è n’è più ma il cervello manda alle tua gambe altri stimoli a correre perché LA PARTITA DI NATALE vale un anno di sfottò in caso di sconfitta;

-Passare un pomeriggio nel bar del quartiere pagando a giro dei Campari e Gin agli amici aspettando le ore 20:00 per sedersi a tavola (se superi il quinto giro è fatta);

-Montare una rete di contatti nascosti modello STASI tra te e i tuoi fratelli per comprare i regali ai tuoi da scartare la notte di Natale;

-Vedere la Zia che prepara “l’addobbo” della tavola con suppellettili, candele, tovaglioli e tovaglie delle quali anche “la sobrietà” di Cristiano Malgioglio ne ignorava l’esistenza;

-E infine, sedersi tutti alla stessa tavola. E ritrovarsi ancora una volta.

Non ha prezzo ne tantomeno metro di paragone.

Perché ci sono tante cose in cui il paese “che ti ospita” ti da e magari te ne darà ancora in futuro, ma ci sono gesti, persone e parole che fanno parte del tuo modo di essere. E viverli solo in alcuni periodi dell’anno ti fa apprezzare meglio quello che una volta davi per seccatamente scontato.

Questo è il Natale, o per lo meno il mio.

Foto di copertina: Santas © шурег CC BY SA 2.0

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