tamarro berlinese

Il tamarro berlinese. Ecco come riconoscerlo.

Non so per quale assurdo motivo, ma all’inizio a Berlino i tamarri proprio non li avevo mai visti. Non notavo assolutamente niente di sospetto girando per i corridoi della Humboldt Universität e lungo le strade di Prenzlaurberg o di Friedrichshain, all’epoca i miei quartieri preferiti. Tutto mi sembrava cool e alternativo.

No, aspettate, esisteva anche la normalità o addirittura il cattivo gusto del leggendario calzino abbinato al sandalo. Ai miei occhi vergini, di cotanta bruttezza non era sfuggita nemmeno l’ultima moda (era il 2008) in ambito di calzature inguardabili, ma comode e traspiranti, ossia le scarpe a dondolo, quelle con la suola perfettamente simmetrica e tondeggiante che accompagna il naturale movimento della falcata teutonica. Brividi lungo la schiena!

Dei tamarri comunque ancora nessuna traccia. Potevo davvero dormire sonni tranquilli? Data la rinomata forte integrazione tra tedeschi e studenti Erasmus, mi trovavo a chiedere ai miei amici giapponesi se loro avessero mai visto tamarri a Berlino e come risposta non ottenevo niente di più che sibilline torsioni di collo. Non sapendo cosa significassero, le prendevo per un no.

Sembrava proprio che fossi sbarcata in una nazione priva anche solo del concetto di tamarro e mi vedevo già coniatrice di una nuova parola tedesca, uno dei tanti neologismi dettati dalla globalizzazione e dallo scambio di culture (e di forme di vita primate). Sarei entrata nella storia della germanistica: der Tamarrus (un latinismo non fa mai male e poi altrimenti non tornava) /die Tamarrin – pl. die Tamarren. Fa il suo effetto. Ero felice!
Prima o poi, però, tutti i miei sogni di gloria sono destinati ad infrangersi e ovviamente è accaduto anche in questo caso.

È stato un attimo, un battito di ali di colibrì, ma non v’era dubbio alcuno: quell’entità vista con la coda dell’occhio e scesa alla fermata di Frankfurter Allee, probabilmente diretta al Ring Center, era un tamarro e, udite udite, era tedesco!

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La fugace visione non mi ha consentito di focalizzare ogni singola caratteristica, ma sono stata prontamente in grado di raccogliere alcuni primi dati significativi che hanno destato subito la mia curiosità e il mio spirito di piccola antropologa.
Qui pubblicamente e per la prima volta al mondo, grazie a successivi contatti sempre più ravvicinati, sono in grado di stilare il DECALOGO MENO UNO degli imperativi estetici del maschio tamarro tedesco, che, per inciso, si chiama Proll, no, non Troll, quello è un personaggio mitologico del nord Europa, ma Proll “colla PPPI”.

Ecco a voi il frutto dei miei sudati studi.

1. ABBRONZATURA: deve essere artificiale e assumere una nuance tra l’arancione e la terra di Siena (bruciata o meno a seconda dei gusti). Tale colorazione si raggiunge dopo tremiladuecentosettantanove sedute in uno dei tanti “Sonnenstudios”, disseminati per la città, presenti più o meno ogni due o tre farmacie.

2. CAPELLI: rasati sui 3mm. Niente ciuffi sugli occhi o crestine anche perché, per motivi climatici, potrebbe essere necessario l’uso rivoltato del cappellino a visiera o, per le emergenze sotto i meno dieci gradi, del berrettino in acrilico calato fino a metà fronte. Per dare un tocco di brio alla rasatura ogni tanto i più coraggiosi esemplari sfoggiano giochi geometrici di rasatura a pelle nella zona sopra l’orecchio.

3. MARCA IN VISTA: è molto importante che la marca su magliette e giacchette risalti. I caratteri della suddetta devono essere cubitali e una prima sfumata lettura deve essere possibile ai miopi anche da distanze di venti metri. Talvolta, nel caso le magliette con marca a vista siano tutte a lavare, è consentito indossare anche pantaloni dalla marca in rilievo lungo tutta la gamba sinistra. In ogni caso nessuna marca troppo costosa. Preferite Ed Hardy e Picaldi.

4. PANTALONI DELLA TUTA: è risaputo che il tamarro tedesco sia molto desiderato dalla femmina tedesca di un certo livello. Talvolta il riconoscimento delle due specie è fulmineo e l’atto sessuale conseguente potrebbe veramente diventare impellente, questione di secondi. È quindi importante che i pantaloni possano essere velocemente calati senza troppe scocciature di bottoni o cinture. In tedesco tali brachette vengono infatti chiamate Schnellficker Hose, letteralmente „pantaloni per amare in velocità“.

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5. MUSCOLI: la palestra è un punto di incontro e confronto per molti maschi tamarri. Profonde conversazioni che hanno a che fare con il quarto sopracitato punto avvengono tra un sollevamento pesi e l’altro. Differentemente da quanto si possa pensare la massa muscolare non si concentra solo sulla parte superiore del corpo, ma anche le gambe devono fare la loro figura e soprattutto è importante che i larghi pantaloni della tuta siano doverosamente riempiti su cosce e polpacci. L’armonia di un corpo scolpito è tutto.

6. UN PO’ DE PANZETTA NON GUASTA MAI: dopo la palestra una birra (ma anche sette o dodici) è d’obbligo. In una tipica “kneipe” il Proll può deliziare le proprie orecchie di musica schlager remixata a suon di techno, che tanto ben accompagna anche l’ottava o tredicesima birra. La conseguenza è un dilatamento mai visto della zona addominale, ma chi se ne frega: l’amicizia e il cameratismo prevalgono su tutto, anche perchè le profonde conversazioni cominciate in palestra non hanno mai fine.

7. TATUAGGI: braccia e gambe sono spazi infiniti su cui poter farsi tatuare l’intero albero genealogico della propria famiglia, dai bisnonni alle generazioni che verranno. Sì, perché la famiglia è un valore importante e la nascita di un figlio si deve celebrare dal tatuatore di fiducia. D’altra parte la vita è breve e questo pensiero non abbandona mai il tamarro tedesco che con molto garbo a fianco del soave nome „Conny“ accosta un gran bel teschio dalle fauci aperte, con qualche vermuzzo che fa capolino dalle orbite oculari.

8. DIAMANTINI: al Proll lo sbrilluccichio piace poiché un diamantino piazzato al punto giusto è strumento indispensabile per attirare con abbagli ad intermittenza la specie femminile, fondamentale per il proseguimento della specie. Per non dare adito a imbarazzanti equivoci è meglio non esagerare e mantenere tale sfavillio esclusivamente su uno dei due lobi. I diamantini possono raggiungere qualsiasi dimensione e oltretutto più grandi sono e meglio risaltano l’abbronzatura amaranto e i giochi geometrici posti poco sopra.

9. MAI MOSTRARE I PIEDI NUDI: questo punto ancora non mi è chiaro e le motivazioni di tanta timidezza podistica mi sfuggono, eppure non ho mai visto i piedi di un tamarro tedesco, anche in un’estate caldissima come questa in corso. La scarpa da ginnastica non può assolutamente lasciare spazio a nessun tipo di sandalo o infradito. Prendiamolo come un dato di fatto.

Il mistero e i punti di domanda di questo nono e ultimo punto dimostrano quanto ancora ci sia da scoprire sull’infinito argomento del Proll. Mio futuro scopo è anche lo studio comparato con il tamarro italiano, ricerca di cui prevedo una prossima pubblicazione su questi canali.

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