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La fine di Soundcloud, l’azienda berlinese che voleva rivoluzionare la musica

La celebre piattaforma per l’ascolto in streaming molto popolare tra i dj chiude le sedi di San Francisco e Londra e licenzia il 40% del personale.

“Come potrei aggirare una domanda scomoda?” Non l’ha detto, ma è sicuramente ciò che ha pensato Alex Ljung, amministratore delegato di Soundcloud, quando il 12 luglio durante un incontro con la stampa gli è stato chiesto: «Hai appena licenziato mezza Berlino. Come ti senti?». «Stiamo ristrutturando l’azienda» è stata la sua risposta evasiva al punto giusto, ma incapace di fare capire cosa voglia fare dell’azienda da lui co-fondata nel 2008 a Berlino da diversi mesi  in stato di crisi tanto che centinaia di dj e musiciti indipendenti stanno correndo ai ripari facendo backup della propria musica carica sulla piattaforma per il timore di vedersela cancellata da un giorno all’altro. Solo nella scorsa settimana infatti Souncloud ha licenziato il 40% dei suoi impiegati, circa 170 persone. Inoltre, sono state chiuse due delle quattro sedi principali, quelle a San Francisco e a Londra. Come è potuto succedere? Partiamo dall’inizio

Cos’è Soundcloud?

SoundCloud è una piattaforma di ascolto online di musica. I pezzi a disposizione sono caricati soprattutto da musicisti e dj indipendenti che non hanno un’etichetta alle spalle. Ad averlo inventato sono stati due ex designer del suono Alex Ljung ed Eric Wahlforss, ora rispettivamente amministratore delegato e il direttore tecnico dell’azienda, che nel 2008 decisero di creare uno spazio virtuale che permettesse a tutti gli artisti di diffondere la propria musica gratuitamente. Spotify ancora non esisteva e Myspace era già in declino. Dapprima, l’idea era quella di poter condividere la propria traccia solo con altri musicisti, ma ben presto ci si rese conto che la piattaforma poteva diventare un vero e proprio strumento per pubblicizzare e distribuire la propria musica. Con un investimento iniziale di circa due milioni e mezzo raccolto tra diversi investitori, in un anno di vita Soundcloud raggiunse un milione di user. Nel 2012 l’azienda superò i 180 milioni di iscritti al mese, ovvero l’8% della popolazione che accede ad internet ogni mese.

L’inizio del declino

Nel 2014 Twitter manifestò un vivo interesse per l’acquisizione dell’azienda berlinese. Offrì due miliardi di dollari prima di rendersi conto che i mancati accordi di Soundcloud con diverse etichette discografiche rischiava di limitarne la remuneratività. Il problema era noto anche ai due fondatori che, nonostante il grande piano di assunzioni e l’apertura di ben altre tre sedi (Londra, New York e San Francisco) oltre a quella iniziale di Berlino, vedevano gradualmente diminuire i fondi raccolti attraverso diversi giri di campagne di investimenti. Nonostante il suo apparente successo (la trilogia di Paul Kalkbrenner con remix di pezzi techno anni ’80 e ’90 ne è un esempio), Soundcloud genera relativamente pochi introiti. Molti utilizzano il piano gratuito senza sottoscrivere nessun abbonamento a pagamento. E la pubblicità non rende abbastanza. Le perdite nel 2016 sono state di 50 milioni di dollari. Spotify, un tempo interessata all’acquisto, per ora sembra essersi tirata indietro così come Deezer, che pare potrebbe interessarsi alla vendita solo se all’interno di una cordata. Una cosa è certa: per continuare a vivere Soundcloud ha bisogno di una svolta che i suoi stessi fondatori non sembra siano in grado neanche di immaginare.

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