Ragazza alla pari

La guida per fare la ragazza alla pari in Germania scritta da chi l’ha già fatto

Fare la ragazza alla pari è un modo diverso per vivere un’esperienza all’estero a costo zero.

Quando la mia vita all’estero è iniziata e ho mosso i primi passi dentro ai corsi di lingua «Che ci fai tu qui, perché sei in Germania?» era una domanda ricorrente. Io che all’epoca ero a Bremen per amore, ero stupita dal numero di ragazze provenienti da tutto il mondo. Madagascar, Utah, Taiwan, San Paulo, venute in Germania come ragazza alla pari.

In cosa consiste il lavoro di una ragazza alla pari

L’amore per i bambini e la voglia di confrontarsi con esperienze del tutto nuove costituiscono i due tasselli che la potrebbero rendere davvero un’esperienza unica. A volte è l’amore per le lingue, per quella finestra sul mondo che una persona di un’altra nazionalità porta con sé, altre volte è il serio contributo che può apportare nel’ambiente familiare, a spingere alcune famiglie ad accogliere una ragazza (o un ragazzo, of course) in casa loro per un arco di tempo che da va dai 3 mesi a un anno, in cambio di una collaborazione con i bambini e in qualche aiuto domestico.

Una sorella maggiore che, oltre al vitto, l’alloggio e la partecipazione a tutte le attività della famiglia, riceve una “paghetta”, un piccolo contributo economico. Una baby-sitter, cuoca all’occorrenza, una compagna di giochi, un’attenta organizzatrice della routine dei piccoletti di casa, a stretto contatto con una famiglia, una lingua, una cultura, che – attenzione, attenzione – potrebbe trovarsi da qualsiasi parte nel mondo.

Non immaginatevi un posto da bambinaia. Il lavoro è tutelato da un contratto, le ore sono concordate, spesso i bimbi sono a scuola per la maggior parte della giornata e il tempo richiesto alla ragazza alla pari è quello della merenda nel pomeriggio. All’inizio vi è un’attenta ricerca, un oculato scambio di email, un colloquio conoscitivo su Skype, si ha tutto il tempo per stabilire i criteri con cui selezionare le famiglie e farsi da loro ispirare.

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Difficoltà della ricerca? Moltissime, sia da parte delle ragazze, che dalle famiglie.

Ci si sceglie dopo tanto, tantissimo cercare, affinché l’avventura sia effettivamente quella auspicata. Da entrambe le parti si cerca il meglio, non ci si accontenta. Ma, ad un certo punto, la famiglia tanto cercata arriva e con l’incertezza dell’ignoto ma presentimenti positivi. Infine, si parte.

Io andai a Berlino e subito fui accolta come una figlia dalla famiglia che più era riuscita a dipingermi un quadretto familiare positivo: mamma, papà, una bambina di due anni e due gemelline di tre mesi.

Nel corso di quei mesi che ricordo come pieni d’amore, mentre la mia conoscenza del tedesco varcava nuove frontiere, venivo sempre più inglobata dagli aspetti della società tedesca più disparati. Dai corsi di ginnastica per neonati, agli incontri con la figura della Hebamme (levatrice), tutto era una scoperta. L’alimentazione poi non così bio, la cena delle 18.00 e i biscotti al cioccolato delle 20.30, l’onnipresente Apfelsaft, i pomeriggi agli Spielplatze fatti di sabbia e scivoli alti tre metri. Le feste al Kindergarten a base di Kartoffel Salat und Bratwurst, vacanze al mare del nord, a Rugen, con -8 gradi.

E poi Berlino, difficile non innamorarsene.

Cercai un tandem-partner con cui imparare il tedesco in cambio del mio italiano e trovai un’amica, l’amica, compagna di mille avventure ancora presente. Scoprii la vivacità di Berlino, i suoi locali, i mercati, le persone, una Berlino crocevia di mille passaggi.
I genitori ne giovarono in serenità: la garanzia di sapere le bimbe al sicuro, un po’ di tempo libero, riprendere qualche attività accantonata, la possibilità di controllare grazie alla presenza di un estraneo quel nervosismo a cui talvolta in famiglia ci si lascia andare, con rispetto e armonia, impagabili per tutti.
Io ne ho giovato da tutti i punti vista: la lingua prima di tutto. Poi, ho viaggiato, ho scoperto, mi sono lasciata accogliere dalla Germania e dai suoi abitanti, ho conosciuto tante persone, ricevuti nuovi spunti. Ho anche imparato a farmi da parte quando avrei voluto intervenire e a parlare apertamente quando qualcosa non mi andava bene, ma quel che più rimarrà è che ho imparato a non giudicare, a capire e adattarmi.

Mi chiedono: e se non avesse funzionato?

Se così fosse stato, se mi fossi accorta che la famiglia aveva degli aspetti che avevo sottovalutato, che il dialogo non appianava le divergenze e la prospettiva di stare in determinate condizioni mi fosse sembrata stretta, semplicemente me ne sarei andata.
Invece io alla fine dei sei mesi, non sarei mai voluta andarmene. Ciò che al mio arrivo era un posto di lavoro, era diventata a tutti gli effetti la mia nuova a casa. Ma è la bellezza della vita: arrivi, crei, poni le fondamenta del tuo nuovo mondo e quando è ora te ne vai, lasciando ricordi, parole, cene improvvisate a base di carbonare, una bimba che parlicchia italiano, momenti unici di 3 adulti esausti con un bicchiere di vino in mano e sento adesso che ovunque andrò, avrò sempre una casa dove tornare, a Berlino.

Per scoprire come proporsi come ragazza alla pari il sito di riferimento è aupairworld.it

Leggi anche:Le famiglie tedesche raccontate in 10 punti da una ex ragazza alla pari italiana

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Immagine di copertina: © Pixabay – PublicDomaniPictures