La Storia Infinita di Michael Ende, un mito che continua ad incantare anche dopo 35 anni

Quando un libro ha praticamente la tua stessa età – e a distanza di quasi trent’anni ricordi ancora la veste editoriale che hai sfogliato con dita di bambino, le illustrazioni, il testo bicolore verde e amaranto, quel pomeriggio di tanti inverni fa in cui hai cominciato a leggerlo e la solitudine senza rimedio, sconfinata, che hai provato giungendo al suo ultimo capoverso – allora quello non è più soltanto un libro, ma un tassello prezioso e inviolabile della tua infanzia.

Credo di parlare a nome di molti bambini trentenni della mia generazione definendo La Storia Infinita di Michael Ende un autentico capolavoro dell’immaginazione. Il libro dei libri, la storia nella storia, il baluardo senza tempo dell’umana fantasia. Un’epopea antologica dei tempi moderni che però riesce ad evocare tratti eroici e universali, fondendo la realtà e la fantasia in un gioco di scatole cinesi senza fine e teso ineluttabilmente verso la vittoria dell’immaginifico. Un susseguirsi di avventure cui fa da sfondo Fantàsia, il regno che tutti abbiamo sognato di sorvolare, come Bastian e Atreiu, in groppa a un fortunadrago dalla candida criniera. Una favola compiuta e perfetta che ha permesso a milioni di lettori di ritrovarsi faccia a faccia con fuochi fatui e Mordipietra, di attraversare il Mare Erboso e scalare le Montagne d’Argento, di solcare la Terra degli Alberi Cantanti, di finire invischiati nelle Paludi della Tristezza, di udire i gorgoglii della vecchissima e leggendaria Morla, di tremare al pensiero dell’Oracolo del Sud, di cercare in lungo e in largo i confini di Fantàsia e infine raggiungere la roccaforte di speranza racchiusa fra le mura della Torre d’Avorio, incarnata dalle sembianze serafiche dell’Infanta Imperatrice. Se già di per sé la letteratura agevola e sublima l’evasione, La Storia Infinita è un esempio mirabile di metaletteratura fantasy perché consente – o regala l’illusione – di poter modificare con la lettura il corso degli eventi, un intreccio di vicende fantastiche in cui la chiave di tutto è per l’appunto un libro e la vivificatrice capacità di sognare di chi lo legge. Non esiste più barriera tra lettore e personaggio, e il sottile confine tra realtà e finzione si stempera fino a divenire impercettibile.

unendliche 3
Sono passati trentacinque anni dalla pubblicazione dell’editio princeps di Die unendliche Geschichte in Germania (1979), e il romanzo ha riscosso un successo tale da essere tradotto in tutte le principali lingue del mondo. Nella veste editoriale originale curata dalla K. Thienemanns Verlag di Stoccarda, il libro era suddiviso in ventisei capitoli (tanti quante sono le lettere dell’alfabeto tedesco) e stampato in due colori diversi per differenziare gli eventi ambientati nel mondo degli umani da quelli che hanno luogo nel regno immaginario di Fantàsia. Ad impreziosire la veste grafica le illustrazioni di Roswitha Quadflieg, che nello stile delle raffigurazioni e delle miniature si ispirò ad un gusto antico, quasi si trattasse di un tomo datato e ormai sedimentato nel patrimonio letterario nazionale. Nel 1984 venne realizzata anche la nota trasposizione cinematografica diretta da Wolfgang Petersen e prodotta nell’allora Repubblica Federale Tedesca, che consacrò la storia al successo internazionale e al grande pubblico ma che scatenò le critiche furiose dell’autore, Michael Ende. Dopo la visione della prémiere, e resosi conto delle divergenze tra libro e film quando ormai era troppo tardi per apportare modifiche alla pellicola, Ende dichiarò ai giornalisti: «…auguro la peste ai produttori. M’hanno ignorato. Quello che mi hanno fatto è una sozzura a livello umano, un tradimento a quello artistico». Malgrado i tentativi di bloccare l’uscita nelle sale e la causa intentata alla produzione, il film venne comunque proiettato. E sebbene per certi versi snaturi l’essenza poetica del romanzo, ha il grande merito di aver suggellato agli occhi della critica internazionale la potenza narrativa di una storia eccezionale (oltre a vantare la presenza di una colonna sonora straordinaria, firmata da Klaus Doldinger e Giorgio Moroder). Nel 2009, quattordici anni dopo la morte di Ende, la Warner Bros ha deciso di acquistare i diritti cinematografici del romanzo, annunciando di voler attualizzare l’ambientazione della storia con espedienti visivi spettacolari. Per i lettori affezionati la speranza è che almeno questa volta, nonostante lo switch di contesto storico, la fedeltà al romanzo sia uno degli elementi chiave dell’adattamento.

Nel frattempo vale la pena tornare in quella soffitta polverosa, recuperare la versione cartacea e ritrovare uno sguardo fanciullesco immergendosi nella lettura di questo meraviglioso romanzo, magari in versione originale. Perché se un giorno la bellezza salverà il mondo, saranno la salvaguardia e la cura della fantasia a farlo risplendere della sua luce più abbagliante.

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“[…] Per Bastiano Baldassarre Bucci la passione erano i libri.
Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver fame o freddo; chi non ha mai letto sotto le coperte, al debole bagliore di una minuscola lampadina tascabile, perché altrimenti il papà o la mamma o qualche altra persona si sarebbero preoccupati di spegnere il lume per la buona ragione ch’era ora di dormire, dal momento che l’indomani mattina bisognava alzarsi presto;
chi non ha mai versato, apertamente o in segreto, amare lacrime perché una storia meravigliosa era finita ed era venuto il momento di dire addio a tanti personaggi con i quali si erano vissute tante straordinarie avventure, a creature che si era imparato ad amare e ammirare, per le quali si era temuto e sperato e senza le quali d’improvviso la vita pareva così vuota e priva di interesse; chi non conosce tutto questo per sua personale esperienza, costui molto probabilmente non potrà comprendere ciò che fece allora Bastiano. […]”

(Michael Ende, La Storia Infinita, traduzione di Amina Pandolfi, Longanesi & C., 1981)

“[…] Für Bastian Balthasar Bux waren es die Bücher.
Wer niemals ganze Nachmittage lang mit glühenden Ohren und verstrubbeltem Haar über einem Buch saß und las und las und die Welt um sich her vergaß, nicht mehr merkte, dass er hungrig wurde oder fror –
Wer niemals heimlich beim Schein einer Taschenlampe unter der Bettdecke gelesen hat, weil Vater oder Mutter oder sonst irgendeine besorgte Person einem das Licht ausknipste mit der gut gemeinten Begründung, man müsse jetzt schlafen, da man doch morgen so früh aus den Federn sollte –
Wer niemals offen oder im Geheimen bitterliche Tränen vergossen hat, weil eine wunderbare Geschichte zu Ende ging und man Abschied nehmen musste von den Gestalten, mit denen man gemeinsam so viele Abenteuer erlebt hatte, die man liebte und bewunderte, um die man gebangt und für die man gehofft hatte und ohne deren Gesellschaft einem das Leben leer und sinnlos schien –
Wer nichts von alledem aus eigener Erfahrung kennt, nun, der wird wahrscheinlich nicht begreifen können, was Bastian jetzt tat. […]”

(Michael Ende, Die unendliche Geschichte, K. Thienemanns Verlag, Stuttgart, 1979)

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