Il danzatore e coreografo Martin Buczko; (c) Antje Taiga

Sacrificare la gioventù in nome della danza: intervista al coreografo Martin Buczko

Danzatore solista, coreografo e direttore artistico dell’Ensemble Terrible, Martin Buczko è un apprezzato danzatore e coreografo ungherese. La sua formazione è stata piuttosto istituzionale “Ho studiato in quella che attualmente si chiama Hungarian Dance Academy. I sacrifici sono sempre stati tanti. Per essere ammesso all’accademia avevo cominciato a prepararmi privatamente da quando avevo sette anni (in accademia si entra a dieci ndr). Ciò che più ho sofferto è stata la mancanza di tempo da dedicare ad altri sport.”. Tutto quell’impegno ha fatto sì che Buczko riceva ormai richieste da tutto il mondo. Una delle sue ultime collaborazioni è stata quella con lo spettacolo L’elisir d’amore di scena alla Deutsche Oper di Berlino per la regia di Irina Brook. Dopo una settimana di allestimenti lo scorso aprile, lo spettacolo sarà nuovamente in scena nella prossima stagione tra il novembre 2014 ed il maggio 2015.

Chi ti ha indirizzato verso la danza?

È stato mio nonno, molto interessato a verso vari generi d’arte, a spingermi verso questa carriera. Sono l’unico artista di una famiglia di ingegneri.

Quali studi hai seguito?

Senz’altro la base classica, che è fondamentale per qualsiasi genere si voglia poi intraprendere. Senza una solida tecnica non si può essere un ballerino. Dopodiché mi sono avvicinato alla danza contemporanea.

Verso quale repertorio ti senti maggiormente incline?

Mi piacciono particolarmente i ruoli di carattere quali Rothbart ne Il lago dei cigni, Drosselmeyer ne Lo schiaccianoci ed Hagen ed Alberich nel Ring.

Credi che l’attuale metodo di insegnamento della danza sia efficace?

Per quanto mi riguarda, al termine della scuola, ho dovuto imparare molto da me. Il metodo può spesso risultare demodè. Non si è disposti ad andare oltre il dogmatismo. Anche se applicandolo ci si rende conto che magari si potrebbe apportare qualche accorgimento, non si fa nulla per cambiare.

L’elisir d’amore è la prima opera nella quale sei coinvolto come coreografo?

No, ho già fatto “La clemenza di Tito” di Mozart ed è stata un’esperienza meravigliosa.

Come prepari la coreografia per un’opera?

Nell’opera occorre procedere con le pinze per non andare contro il libretto. Ascolto dapprima la musica, dopo studio il libretto per poi confrontarmi, infine, con il regista. È solo al termine di queste fasi che inizio a porre le basi per l’azione coreografica.

Progetti per il futuro?

Mi immagino assieme alla mia compagna e a mio figlio nella nostra casa di campagna in Ungheria, spostandomi all’occorrenza per le nuove produzioni e le masterclass.