Berlino

Mi manca Berlino perché

di Viola Castaldo

Il cielo di Berlino

Mi manca Berlino perché qui a Napoli, dove sono tornata dopo l’Erasmus, il cielo è troppo azzurro, troppo lineare. Quando vivi in una città che hai imparato ad amare alla fine ti affezioni persino ai suoi difetti. Anzi sono proprio quelli che ti dimostrano il tuo attaccamento al luogo. Così, lo ammetto, mi manca il cielo perennemente grigio di Berlino. Quella cappa che spesso si piazza per settimane sulla città impedendo ai raggi di sole di trapelare quando non potevo che ripetere: «Ich will ein Stückchen Himmels sehen!». Mi manca il cielo che minaccia pioggia, il cielo che bombarda neve. Il cielo che inaspettatamente si rischiara, si rannuvola, si rischiara. Il grigio berlinese è quasi un’entità, prende forma e influisce in maniera negativa sul tuo umore. Ma che gioia poi quando improvvisamente spunta un sole che quasi ti commuove e che meraviglia i rari ma intensi tramonti rosa, viola, rossi.

Le mille possibilità di Berlino

Mi manca Berlino perché non posso prevedere esattamente tra quanti minuti potrò trovarmi alla fermata di Stadtmitte attraverso il sito del BVG, la mia Bibbia berlinese. Che voglia di quell’eccitante atmosfera che si respira il venerdì sera quando, dopo una settimana di mutismo e freddezza, vedi tutti felici e pimpanti per l’arrivo del Feierabend. O quando non fai serata e ti ritrovi il giorno dopo ad avere una mattina libera e a potere decidere  di fare tutto quello che vuoi perché la città offre infinite possibilità diverse. I bar di Prenzlauerberg, la stazione di Eberswalder Strasse e il mercatino al Mauer Park. Dove sono? E non lo dico solamente perché fa figo andarci, perché è diventato di moda, ma perché davvero ho nostalgia di quei bar e quei negozi che cercano di sconfiggere il gelo e il grigio con un mare di colori e tanti fiori.

Amo il sorriso dei bambini imbacuccati che vedi girare a frotte in metropolitana. Tanti piccolissimi ometti e donnine che, in maniera sempre chiassosamente ordinata, si dispongono a sedere come meglio possono sull’U-Bahn guidati dalle maestre. Mi sento orfana del Grimm-Zentrum, l’enorme biblioteca della Humboldt. Mi manca il silenzio assoluto all’interno che si contrappone al chiasso della mensa ed il poter prendere un libro in prestito senza ostacoli burocratici. Restituirlo con estrema facilità su una sorta di rullo simile a quello degli aeroporti. E che misto di gioia e depressione la consapevolezza di potere sfruttare il ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, di apertura della biblioteca per preparare un referat.

Il cibo di Berlino

Mi manca Simon Dach, il bar Honululu, Boxhagener e il ponte di Warschauer Straße. Quel ponte grigio e scricchiolante ha sempre avuto un certo fascino per me. Mi piaceva, nei soliti via vai, fermarmi un attimo a guardare la gente che passava lassù. Poi procedere verso la strada con la bicicletta dipinta di rosa di fronte, la strada e dietro lo sfondo di Berlino con la torre della televisione. Quando penso a Berlino ho in mente un tramonto fotografato da lassù. In alto il cielo rosa, in basso i binari della S-Bahn, i palazzoni squadrati e al centro la Fernsehturm. Perché Berlino è così, è la città dei contrasti e di grandi e opposte passioni. Della bellezza improvvisa di uno scorcio e del cielo contrapposti al grigio dell’architettura sovietica e moderna. Mi manca vedermi con qualche amica dell’università per andare a mangiare alla mensa a due minuti da Gendarmenmarkt e poi attraversare la piazza più bella di Berlino per andare a bere un caffè e prendere un dolce nel piccolo bar La perle.

Mi manca vivere da sola a Berlino Est, nella tranquillità delle “steppe russe”. Tra scoiattoli, rospi, lepri e pecore a pochi passi dalla fermata del tram. La tranquillità di tornare alle 2 di notte da sola coi mezzi pubblici. Percorrere quasi al buio 5 minuti nel verde e sentirmi immensamente viva ed indipendente.

La vita Erasmus

Gli scorci sulla Spree. In quei momenti in cui più di ogni altra cosa vorresti solo vedere il mare. Osservando quell’acqua scorrere sotto i ponti, mi sembrava di prendere un po’ di respiro. Le serate internazionali col gruppo dell’università. E  le cene. Quelle napoletane in cui dispensavamo nozioni di buona tavola a inglesi e tedeschi. Quelle improvvisate dal mio coinquilino iraniano e quelle  a domicilio, direttamente sulla scrivania su cui studiavo, quando la mia coinquilina vietnamita, preoccupata che non mangiassi abbastanza, mi portava senza chiederglielo un piatto tipico della sua cucina.

Mi manca parlare più lingue contemporaneamente. Non capire niente e ridere molto lo stesso a causa di questa incomunicabilità manifesta. Mi manca l’alternarsi dei colori fuori dalla mia finestra. Il verde a settembre, il rosso e il giallo a ottobre e novembre. Il bianco e il grigio nei gelidi dicembre, gennaio e febbraio. Mi mancano la disciplina e il silenzio dei tedeschi, la loro puntualità ed efficienza. Il sentire il rumore dei miei pensieri stando seduta in mezzo alla folla. Mi manca passare inosservata sempre. Non mi manca la solitudine e la desolazione di certi momenti. Quando dopo una giornata stressante basterebbe un sorriso di uno sconosciuto a risollevarti il morale e invece nessuno ti guarda o ti rivolge la parola.

E quella universitaria

Mi manca perdere un sacco di tempo a fare la spesa dopo l’università. Progettare di fare ricette elaborate e buone. Poi arrivare a casa, non aver più voglia di fare niente e mangiare pane e formaggio. Le birre lasciate a congelare fuori dalla finestra e il vino che non poteva mai mancare nelle serate italiane. Le chiacchiere con la mia amica ungherese in un tedesco probabilmente inventato. Il Pergamon Museum, l’Hamburger Bahnhof, mi mancano Alexanderplatz e Oranienburger Straße. Non mi manca il Ku’damm, zona che non ho mai particolarmente amato. Forse perché in fondo sono sempre stata una ragazza dell’Est di Berlino. Mi manca comprarmi un panino caldo (Schrippe) all’Edeka di Friedrichstraße e mangiarlo mentre aspetto la S-Bahn. Finire prima all’università e andare ai Lunchkonzerte alla Berliner Philarmoniker. Quando ci si può sedere a terra tra signori anziani, giovani, adulti, bambini e qualche turista per sentire gratuitamente mezz’ora di un piccolo concerto di musica classica. E che dire della cioccolata di tutti i tipi e i dolcetti vari. Quel continuo annuncio della metropolitana «Einsteigen bitte! Zurückbleiben». Delle ore perse da Dussmann a Friedrichstraße quando sai bene che entrarci per un attimo significa ritrovarsi completamente persa tra il reparto musicale, quello di cartoleria e quello di narrativa. Mi manca la gioia di quando superi due esami in tedesco con ottimi voti nonostante le infinite difficoltà. Alla faccia di quelli che dicono che l’Erasmus è solo una perdita di tempo!

Mi manca la vita Erasmus che ho fatto e non ho fatto, Le piccole cose della vita vera che ho imparato ad apprezzare. Abbiamo detto che rimarremo in contatto, ma dove saranno fra dieci anni, quando i ricordi saranno più sbiaditi, le persone che ho conosciuto? Quelle che hanno attraversato fugacemente la mia vita e quelle che invece sono rimaste? Mi manca quella sensazione di sentirmi al sicuro. A mio agio in una città così lontana e differente da una realtà in cui sono nata e cresciuta. Mi manca passeggiare senza meta per le strade di Berlino. Mi manca perdermi, alzare gli occhi al cielo e credere che non sarei in grado di vivere in nessun altro posto al mondo.

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Berlino Schule tedesco a Berlino

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Immagine di copertina: © View of Berlin from the viewing point of Park Inn  – Arild Vågen