Perchè la verità sull’uccisione di Giulio Regeni ci riguarda tutti da vicino

Giulio Regeni era un giovane, promettente ricercatore italiano al suo secondo anno di dottorato a Cambridge. Si interessava di Medio Oriente, studiava da anni la lingua araba e i tumultuosi sviluppi della società egiziana. Era anche un giornalista: seguiva i movimenti sindacali in un Paese fortemente repressivo verso le mobilitazioni dei lavoratori e aveva pubblicato un articolo al riguardo per il manifesto. Sotto pseudonimo, perchè Giulio era una persona coraggiosa, sì, ma consapevole dei rischi che correva, nell’Egitto illiberale del regime di Abdel Fattah Al-Sisi.

Prima ancora, Giulio era un ragazzo di 28 anni che amava la vita, che lavorava all’estero non per disperazione o volontà di fuga ma perchè credeva nell’umanità e voleva cambiare il mondo con due armi pericolosissime, la ricerca scientifica e lo spirito critico. Apparteneva a quella tanto vituperata generazione di bamboccioni, in realtà molto spesso giovani competenti, preparati, cosmopoliti, disposti a un impegno civico e a una dedizione disinteressata sconosciuta ai loro padri. Troppo presi a salvaguardare il loro particulare per sviluppare la sensibilità al comune, l’amore per l’alterità, la forza di indignarsi per le ingiustizie perpetrate contro uomini apparentemente lontani.Tutte doti che Giulio possedeva e che tramanda come eredità spirituale, accademica, politica nel senso più alto del termine. Anche se un potere tanto più feroce quanto più impaurito dalla libertà del sapere ha provato a spezzarle facendo scempio del suo corpo.

Giulio era davvero la meglio gioventù italiana, quella che non si arrende alla barbarie di un mondo cinico, brutale, pieno di disuguaglianze, e prova a migliorarlo con l’intelligenza e con il sorriso. La sua morte, dunque, non è questione che riguarda solo il dolore privato della famiglia o le indagini dello Stato italiano, ma che chiama in causa tutti noi da vicino. Come uomini, come cittadini, come studenti e ricercatori, come amanti della verità. Per tutti questi motivi riceviamo e condividiamo la petizione pubblicata su Change.org da alcuni amici e colleghi di Giulio, un appello rivolto al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, alle autorità egiziane, alle Nazioni Unite, all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini affinchè con ogni mezzo possibile facciano chiarezza sulle torbide circostanze della sua uccisione.

In meno di due giorni la petizione ha raggiunto 27mila sostenitori, e le firme continuano ad aumentare di minuto in minuto. Qui di seguito la riportiamo nella sua interezza, insieme al link originale, dove è possibile sottoscrivere e condividere questo appello:

Ora tutti conoscono Giulio: aveva 28 anni ed era un dottorando dell’Università di Cambridge. Dal Cairo, dove si trovava da settembre per condurre la sua ricerca sull’economia egiziana nell’era post Mubarak, raccontava quello che accadeva in Egitto.

Il 25 gennaio 2016, giorno dell’anniversario dell’inizio delle manifestazioni che hanno portato alla deposizione del presidente Mubarak, Giulio è scomparso. Il suo corpo è stato rinvenuto giorni dopo, nei sobborghi del Cairo, con evidenti segni di tortura.

Giulio rappresenta tutti quei giovani che hanno scelto di indagare il contesto in cui viviamo, con passione, curiosità e spirito critico, per comprendere e conoscere ciò che viene proposto come lontano e diverso. Per questa ragione è nostro dovere ricordare i motivi che hanno spinto Giulio, come tanti altri, a mettere a disposizione di tutti una lettura delle dinamiche che determinano la qualità della nostra convivenza, in un ambiente che si presuppone essere sicuro – quello accademico. Si tratta degli stessi motivi che vogliono garantire la crescita e il mantenimento di una cittadinanza mediterranea e universale, pensata per contribuire alla pace, alle libertà e allo sviluppo di tutti i popoli del comune mare.

L’omicidio di Giulio vuole scoraggiare ogni possibile relazione tra donne e uomini che vivono su sponde diverse del Mediterraneo, andando così ad aumentare il divario tra confini autoimposti, con l’intento di minacciare la possibilità, per tutti, di calarsi in realtà solo apparentemente diverse e non collegate fra loro. Con tale azione violenta si vuole mettere in discussione la libertà di parola, di pensiero e di movimento: è un deliberato atto di soppressione dello stupore e della curiosità umane, perché ritenuti dannosi.

In questo contesto è necessario che i governi di appartenenza, così come le istituzioni accademiche, siano in grado di garantire l’incolumità di tutti coloro che, per il raggiungimento dei propri obiettivi umani e professionali, abbiano la necessità di recarsi in zone a rischio: Giulio ha pagato per aver messo a disposizione la sua esperienza, raccontando e traducendo da un contesto a un altro. Questo non deve succedere.

Per tale motivo, pur coscienti dei limiti dell’esercizio di retorica, chiediamo alle autorità tutte – ai governi egiziano e italiano e all’Unione Europea – di impiegare ogni possibile mezzo per far luce sulle circostanze dell’uccisione di Giulio Regeni.

Gli Amici (Giovanni Parmeggiani, Stefania Villanacci, Oscar Ayala, Eleonora Bacchi, Esther Amoròs Berna, Shady Alshhadeh, Pilar Lopez, Claudia Morini, Patricia Belmonte Cerdàn, Lucas Ivorra, Loli Sànchez Lozano, Marco Basile, Allison Blahna, Fabio Rollo, Julie Rubino, Islam Elshaarawy, Jesse Chappelle)

PER FIRMARE E CONDIVIDERE LA PETIZIONE #JUSTICEFORGIULIO SU CHANGE.ORG CLICCA QUI