Scoprire Amsterdam quando già si ama Berlino. Sono o no due città sorelle?

Sono le 11:06 quando il treno finalmente inizia a rallentare. I miei occhi sono incollati al finestrino, voglio tenere a mente questa sensazione, quasi dimenticata, di sbarcare in una città dal nome importante, che ha in sé qualcosa di speciale.

In pochi minuti mi catapulto fuori dalla stazione: sono disorientata come una bambina. Non so da che parte voltarmi per catturare la prima immagine migliore di questa Amsterdam, che visito per la prima volta.

 

Tutto questo fermento mi ricorda inevitabilmente l’unico luogo che mi fa sentire così: Berlino.

Amsterdam e Berlino sono davvero due città “sorelle”? Con questa domanda iniziano le mie 48 ore nella città olandese. Tengo a mente i dettagli di una Berlino che ormai mi si è stampata nella mente e nel cuore. E la porto con me, in sordina, dentro l’anima di una Amsterdam nuova che sta iniziando a comunicarmi le sue prime impressioni. Così, attraversando il primo ponte, do il via alla mia scoperta.

Odore di erba, forte. Ovunque. Vicoli stretti, vetrine piene di souvenirs erotici o legati al consumo di marijuana. È un business, ad ogni angolo. Le insegne luminose dicono “Coffeeshop”, e il messaggio sembra subito chiaro. Il paese dei balocchi è qui, ma è davvero così? Chi passeggia a fianco a noi, con noi, davanti a noi, ha gli occhi un po’ socchiusi. Le biciclette sfrecciano senza troppa attenzione da ogni direzione. La sensazione è quella di essere sbarcata in un altro mondo, una dimensione parallela, che ha il gusto del “tutto è permesso”. Amsterdam non chiede passaporti speciali a chi la visita attratto dai suoi piaceri più superficiali. Solo più tardi mi accorgo che il primo quartiere davanti la stazione è quello a luci rosse.

Svincolandomi da questo sobborgo fumoso, arrivo finalmente nella piazza centrale del quartiere Nieuwe Zijde. È colmo di turisti, di gente frenetica a bordo di bolidi a due ruote, mentre i tram bianchi e blu partono e ripartono rombando ogni due, al massimo tre minuti.

Mi si riempie il cuore: riconosco i segni particolari di una grande città. Mi sento subito a casa.

La piazza è circondata da edifici imponenti, alti e larghi. Sono eleganti, di un gusto storico. Creano un tutt’uno con il resto, sembrano esserci da sempre e sono parte integrante del paesaggio. La bellezza. La riconosco subito, quella vera, contraddistinta dall’armonia dell’insieme. I colori, i materiali, le dimensioni di tutti gli edifici e di tutti gli spazi sembrano essere stati calcolati al centimetro, per rendere l’atmosfera assolutamente fine, quasi regale.

Mi incanalo in una via centrale. Insegne di panetterie, ristoranti, fast food internazionali, negozi di vestiti si affacciano dall’alto, confondendosi con decorazioni natalizie poco espressive (qui non sembra Natale!). Procedo in direzione di un “Rent a bike” perché ho bisogno di una bicicletta. Entrando in un vicolo laterale trovo un’officina con un’infinità di scelta. A soli 15 euro, noleggio il mio mezzo per due giorni e divento in pochi minuti una vera cittadina di Amsterdam.

 

Dopo alcune ore, inizio a raccogliere le prime impressioni, e oso un pensiero.

C’è una prima sensazione che girando per Amsterdam mi rimanda a Berlino: lungo le strade ci sono dei dettagli in tutto e per tutto berlinesi.

La gente cammina serena lungo le strade, rilassata (non solo per l’effetto erba!), vestita nei modi più strampalati e alternativi, si respira quella libertà di espressione tipica di una capitale e…tipicamente berlinese! Gli hipster spuntano a ogni angolo, con le loro barbe un po’ buffe e le loro biciclette ritoccate. Ci sono in giro per la città, soprattutto fuori dal centro, fra un canale e l’altro, quei piccoli caffè graziosi, con tavoli di legno e insegne un po’ bohèmienne che danno voglia di trascorrerci un’intera giornata e scattare migliaia di foto. Vicino alle case spuntano piccoli giardini improvvisati, con fiori ormai appassiti e piante in vasi grandi. Il tempo non è dei migliori. Un grigiore nordico e invernale si addensa sopra la città, dandole un sapore un po’ nostalgico, ma affascinante.

C’è qualcosa, nella venatura di Amsterdam, che mi fa pensare a Berlino.

Come fossero due quadri di uno stesso autore in cui si vogliono trovare elementi comuni. Ma non sono ancora convinta che sia davvero un rapporto di “parentela”, quello che lega le due città. Con la bici in mano mi intrufolo in un Flöhmarkt. Qui tutto è davvero molto simile a Berlino, ci sono i banconi e le bancarelle con i maglioni di lana, con le scarpe usate e con i souvenirs. Tutto concentrato sul business dell’erba, chiaramente.

Addentrandomi in città, fotografo almeno dieci volte i dettagli delle case. Le facciate sembrano sul punto di cadere in avanti da un momento all’altro e hanno quei riccioli vagamente barocchi sulle estremità che compongono una bellezza tutta personale e un’eleganza fuori dal tempo, che a Berlino non si vede. Non tanto la bellezza, quanto l’armonia. I canali, i ponti, gli alberi lungo le strade, i riflessi di queste case bizzarre e allineate, lo sfrecciare pittoresco delle biciclette ai bordi delle strade. Le piccole imbarcazioni a filo dell’acqua, i fiori che spuntano, quasi naturali, ovunque creano un’atmosfera diversa da quella che c’è a Berlino.

Verso le 17, con il favore del buio, inizio il tour dei coffeeshop.

Il quartiere a luci rosse è già gremito di gente, il fornicare turistico, il vociare euforico dei nuovi arrivati, gli occhi sbalorditi di chi vede in vetrina giovani ragazze offrire il loro corpo quasi nudo, creano un quadro che mi confonde: per un attimo mi viene in mente una serata a Ibiza. Ma il turismo di massa si fa sentire, tale e quale a quello che ho visto nell’isola più famosa di Spagna. Perché c’è un lato di Amsterdam che è così: puro turismo. Puro pellegrinaggio verso i suoi mille intrattenimenti, in cui i due piaceri maggiori sono legali: donne e droga.

I coffeeshop sono strapieni e devo entrare al quarto “The Bulldog” per trovare un po’ di posto a sedere e ordinare qualcosa di analcolico. Dentro: una nuvola di fumo profumatissimo. Un bancone con il “Menù di Marijuana e Hashish”. La techno di sottofondo, un viavai frenetico, una tranquillità generale fuori dal comune. Ognuno rolla la sua canna, o se la fuma, e si gode il suo effetto. Niente tabacco, niente alcolici. L’effetto è davvero stranissimo. Ancora una volta, la parola che mi viene in mente è “Paese dei Balocchi”.

Il giorno successivo Amsterdam mi regala un sole inatteso e splendente, con la bici riparto per un nuovo giro.

I canali sono ancora più belli, riflettono le case che si fanno vibranti a filo dell’acqua. Il sole rende tutti gli edifici del centro ancora più luminosi, grandi e spettacolari. Tutti i colori si accendono. Quelli delle biciclette, quelli dei ponti, delle case e dei fiori. I negozi, contrariamente alla Germania, sono tutti aperti. Le strade del centro sono affollatissime di chi cerca i regali di Natale. Ci sono tantissimi italiani e spagnoli, li si sente chiacchierare e sembrano felici.

Amsterdam sembra una città perfetta. Silenzio, armonia, bellezza e tranquillità convivono con trasgressione, euforia, sregolatezza ed eccesso. Sembra esserci spazio per entrambi gli aspetti. Qui, come a Berlino, ci sono contraddizioni che riescono a convivere. Bisognerebbe viverci però per confermare quella che è solo una prima impressione. Il tempo sfreccia più in fretta di tutte le biciclette della città e finisce che arriva l’ora di andare a riprendere il treno. C’è una corda però che tira e mi tiene legata a questo posto, una calamita, un’attrazione speciale per le città come questa.

E mentre riparto in direzione Germania, dopo aver restituito la mia bicicletta, con la tristezza di chi lascia una città forte, dal grido limpido, di tendenza, trasgressiva ed elegante, chiarisco quella che è la risposta alla mia domanda iniziale.

Berlino e Amsterdam? Sembrano simili, perché sono due “capitali” del Nord Europa, ma sono altrettanto profondamente diverse.

In queste due città si trovano degli input comuni. L’impero a due ruote, l’atmosfera bohèmienne, la libertà di essere ciò che si vuole, come si vuole. Uno spazio cittadino grande dove c’è spazio per tutto e per tutti. Qualcosa che ritorna forse in tante altre città europee. Tuttavia quello che ho provato in 48 ore ad Amsterdam è stato strano e diverso da quello che normalmente provo a Berlino.

La bellezza e l’armonia fanno di questa città qualcosa di incredibilmente grazioso e accogliente. L’underground, il cemento scoperto, le strade grezze, le ferrovie abbandonate, le case con i graffiti, le baracche con i club techno, il grigiore strafottente, non fanno parte di questo contesto.

Il turismo di massa è palpabile. Chi è ad Amsterdam, nella maggior parte dei casi, vi è per le sue attrazioni, esattamente come in un luna park. La giostra “marijuana” e la giostra “prostituzione” sono una calamita fortissima, che dà l’idea più di un pellegrinaggio. A Berlino la realtà della droga e della prostituzione, dell’eccesso e della trasgressione esiste, in modo forte ed evidente. Eppure ha un sapore diverso. Berlino concede in un silenzio sotterraneo tutto ciò che anche Amsterdam concede invece urlando, la sensazione è che a Berlino tutto sia più modesto, più sensuale, meno inflazionato. Berlino sembra attrarti semplicemente con lo sguardo. Sembra volerti suggerire quasi di nascosto che fra le sue braccia c’è un mondo libertino e fuori dal comune in cui tutto è possibile.

Amsterdam ha una voce forte, esplicita, ha quel sapore di vanità che sembra voler dire “tutto ciò che dovete sapere di me, lo sapete già. Giungete e gioite!”.

Berlino è una città dinamica, che cambia, dai mille volte e che sa stupire. Amsterdam in meno di 48 ore mi è sembrata una città storica, cristallizzata, la cui faccia non può cambiare, se non attraverso le tendenze. Non ci sono palazzi da ristrutturare, case da ricostruire, muri da eliminare, stazioni della metro da rifare, elementi del paesaggio da cambiare. Amsterdam non è stata una città divisa, non ha un cuore orientale e uno occidentale. Non ha vissuto una recente e repentina evoluzione, non ha avuto un risveglio improvviso come è successo a Berlino.

Amsterdam non è un’alchimia di  ingredienti. I suoi sono stabili e facilmente riconoscibili. E questa sua storicità, una sorta di regale staticità, la rende diversa da Berlino e da quella sua atmosfera frizzante, precaria e suburbana.
Amsterdam resta al 100% una capitale occidentale. Non ci sono tracce di un passato sovietico, né nella gente, né nel paesaggio.

Berlino, modesta e silenziosa, si è costruita un volto atipico, controverso, a volte criptico, difficile da comprendere. Ho la sensazione che farsi piacere Amsterdam sia relativamente facile, perché la sua bellezza è ovunque, in superficie, e i suoi punti di forza talmente espliciti da essere quasi scontati. Berlino ha mille strati, una brutalità che va compresa, una bellezza nascosta, che forse non è nemmeno una vera bellezza. È sregolata, disarmonica, rude e buia. Spietatamente elitaria: solo chi saprà coglierla dall’angolo giusto, potrà veramente capire la sua profonda originalità.

 

Berlino Schule tedesco a Berlino

Berlino Schule tedesco a Berlino

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Immagine di copertina: Pixabay