Jamie Bell in Skin

Skin, il film sul far parte dei neonazi oggi visto da dentro

La vicenda di Bryon Widner, neonazi che ha deciso di voltare le spalle a una vita piena d’odio

Quella narrata dal regista israeliano Guy Nativ in Skin e la storia vera della rinascita di Bryon Widner, neonazista americano. La pellicola è stata presentata alla Berlinale 2019. Nel ruolo di Bryon Widner, un irriconoscibile Jamie Bell, con il corpo deturpato da decine di tatuaggi con simboli nazisti. Nel cast anche Danielle MacDonald, recentemente vista in Birdbox e Vera Farmiga, protagonista di pellicole come The Departed di Martin Scorsese e L’evocazione.

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La trama di Skin

Bryon Widner con l’odio e la violenza ha sempre avuto a che fare, fin dalla sua nascita. Suo padre e sua madre sono a capo del Vikings Club, associazione di suprematisti bianchi attorno cui si coagulano tutti i neonazisti di una piccola cittadina americana. Cresciuto con principi nazisti, partecipando a spedizioni punitive contro la gente di colore, a manifestazioni per la supremazia della razza bianca e a strani rituali, Bryon non conosce altro che la violenza. Sulla sua pelle porta i segni dell’odio, decine di tatuaggi ispirati da quell’ideologia nazista che ormai è radicata profondamente nel suo essere. L’incontro e la relazione con Julie, ex-neonazi madre di tre figli, porterà Bryon a ridefinire radicalmente tutto le certezze che aveva avuto fino a quel momento. Anche lui sente la necessità di allontanarsi dal mondo di odio che sempre l’aveva circondato, un percorso difficilissimo per la sua anima e dolorosissimo per il suo corpo, in cui verrà aiutato, oltre che da Julie, anche da Daryle Jenkins, fondatore del One People’s Project che aiuta i neonazisti pentiti a ricostruire la loro vita.

Il regista, intervenuto prima della proiezione, ha spiegato perchè ha voluto raccontare questa storia

Widner decise di cancellare fisicamente i segni del suo passato dalla sua pelle. Per farlo si sottopose per quasi due anni a decine di sedute in cui i suoi tatuaggi venivano cancellati col laser. Un processo, come vediamo anche in alcune scene del film, lungo e straziante, un male necessario per poter purificare la sua mente anche attraverso il dolore fisico, anche la sua anima. Nativ ha dichiarato di aver voluto girare il film dopo aver letto la storia di Widner su un quotidiano. «Non è stato facile trovare un produttore per il film. In molti mi dicevano che il film raccontava una situazione anacronistica e che, ormai, dopo l’elezione di Obama, in America il problema dei neonazisti e di chi crede alla superiorità della razza bianca è molto limitato». Ma se guardiamo a come, in poco tempo, la situazione politica in U.S.A. è precipitata, forse questa affermazione non corrisponde molto alla realtà dei fatti. Skin rappresenta per il regista una maniera per raccontare un problema americano che viene nascosto sotto il tappeto ma che, in realtà, infetta ancora gli U.S.A. e molti altri Stati del mondo, come afferma lo stesso Nativ, «viviamo in un tempo pazzo. La gente ha perso la speranza. Siamo circondati dalla violenza 24 ore su 24 e 7 giorni su 7». La storia di Widner è una piccola luce alla fine di questo tunnel di oscurità dove è precipitato il genere umano.

L'intervento del regista prima della proiezione di Skin ©Marco Gobbetto

L’intervento del regista prima della proiezione di Skin ©Marco Gobbetto

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Berlino Schule tedesco a Berlino

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