Gli spagnoli in Germania si ribellano: “I nostri contratti di lavoro peggiori perché immigrati”

Un gruppo di giovani connazionali, lontani dalla loro terra, si riunisce nel bar di una capitale europea o di un qualunque altro paese del mondo. È una scena piuttosto abituale da qualche anno a questa parte, in un periodo difficoltoso che ha costretto molti giovani dei paesi del Sud dell’Europa all’esilio economico.

I ragazzi tra i venti e i trentacinque anni che mercoledì scorso bevevano una birra nel quartiere berlinese di Kreuzberg non hanno però in comune solo il fatto di aver lasciato un paese in cui più della metà dei giovani sotto i ventincinque anni è costretta ad affrontare lo spettro della disoccupazione. Sì, è vero, anche loro hanno lasciato la Spagna spinti dalla crisi; ma ora, qui a Berlino, si sono organizzati per aiutare e sostenere quelli che hanno deciso di emigrare dopo di loro. Quelli che – una volta arrivati nel “paraíso alemán” – si sono ritrovati a svolgere lavori in nero o a percepire, a parità di qualifiche, salari nettamente inferiori ai loro coetanei tedeschi. Senza supporto istituzionale, e totalmente autofinanziati, questi giovani spagnoli in Germania hanno dato vita al GAS (Grupo de Acción Sindical), una piattaforma pensata per fare da tramite fra i lavoratori spagnoli vittime di ingiustizie nel paese in cui hanno messo piede da poco e i sindacati tedeschi.

Come spiega El País la prima spinta associazionistica è stata fornita dal Movimiento 15-M, un movimento di diffusione europea sorto successivamente a Berlino nel Settembre del 2013, nel quale erano confluite le esperienze di giovani spagnoli delusi dal bagaglio lavorativo maturato in Germania fino a quel momento. Impiegati di aziende “innovatrici” che pagano i dipendenti 300 euro al mese per un full-time, infermiere che guadagnano la metà delle colleghe tedesche e alle quali non viene concessa alcuna pausa in una giornata lavorativa di dodici ore, camerieri senza contratto e privi di copertura sanitaria per mesi e mesi… Sono le situazioni più frequenti, quelle che hanno portato alla creazione di uno sportello per la consulenza e l’orientamento rivolto ai giovani spagnoli approdati a Berlino alla ricerca di un impiego. Un “ufficio precario”, com’è stato definito dagli stessi creatori, nato per informare i nuovi arrivati delle pratiche burocratiche necessarie, ma che col passare dei mesi si è trovato ad affrontare sempre più spesso problematiche legate ai diritti dei lavoratori e che nel Febbraio del 2014 è diventato il GAS. «Vogliamo che i lavoratori siano consapevoli e organizzati» spiega Miguel Sanz, 34 anni, perito ambientale. «È necessario indagare per capire chi ha il diritto di promuovere azioni sindacali, specie in gruppi che ad oggi non possono fare il benché minimo riferimento a comitati d’impresa.» Dopo soli quattro mesi di azione, cominciano ad emergere i primi risultati concreti.

Al gruppo di attivisti si sono rivolti sei giovani lavoratori dipendenti, dei quali solo due hanno accettato di abbracciare la causa in difesa di interessi comuni; gli altri quattro, chiarisce il comitato, lavorano per piccole start-up nelle quali spesso i lavoratori non hanno il coraggio di mobilitarsi. Nel settore infermieristico, invece, è già stato creato un collettivo disposto a fare il primo passo e ad organizzarsi. «Li abbiamo contattati perché non possiamo più tollerare che, a parità di mansioni e curriculum, un collega tedesco arrivi a guadagnare fino a 15 euro l’ora mentre noi dobbiamo accontentarci di 9,50 euro. E se decidiamo di dare le dimissioni prima dei diciotto mesi previsti dal contratto, siamo obbligati a pagare una multa che può sfiorare i 6.600 euro» racconta un’infermiera che ha rivolto il suo appello al GAS, il gruppo di volontari giovanissimi finanziati dalle donazioni individuali o dall’organizzazione di feste solidali. GAS Gli attivisti assicurano che la risposta del sindacato VerDi, il secondo con più iscritti in Germania, è stata più incoraggiante di qualunque aspettativa. Le due organizzazioni hanno redatto, in collaborazione, un volantino in cui reclamano fra le altre cose lo stesso salario per la stessa qualifica e l’abolizione della multa che vincola gli infermieri all’azienda sanitaria presso cui lavorano. I sindacalisti contattati dal GAS cercavano da anni di penetrare in questi collettivi per promuoverne i diritti, ma per qualche motivo non ci erano mai riusciti. Forse perché i lavoratori in difficoltà li percepivano un po’ come dei burocrati del sindacalismo a caccia di affiliati ed erano poco propensi all’apertura. La creazione di un collettivo di lavoratori stranieri, tuttavia, è un punto di forte interesse anche per gli stessi lavoratori tedeschi, che sempre più spesso si vedono negati miglioramenti salariali con la giustificazione che dietro l’angolo ci sono spagnoli, greci, portoghesi e italiani disposti a svolgere la stessa mansione in cambio di uno stipendio più basso. E questa situazione ha contribuito ad aumentare le tensioni fra i lavoratori locali e quelli stranieri, generando in alcuni casi proteste e reazioni di stampo xenofobo. Dei 2,3 milioni di lavoratori stranieri registrati in Germania lo scorso anno, 48.546 sono spagnoli, e queste solo le cifre “ufficiali”. In base al sondaggio periodico effettuato dall’istituto tedesco per il mercato e la ricerca del lavoro, nel primo semestre del 2013 la comunità italiana si è registrata al terzo posto sulla base del numero di immigrati arrivati in Germania (dopo Polonia e Romania e prima di Ungheria e Spagna), dunque questo dà un’idea del peso e della rilevanza che possono rivestire iniziative come quella promossa dal GAS.

Negli ultimi anni i numeri dell’immigrazione sono aumentati esponenzialmente e con essi le situazioni lavorative che, pur non violando propriamente la legge, rappresentano degli abusi da denunciare e contrastare. Un ammirevole esempio di solidarietà fra connazionali, quello degli spagnoli, che partendo dal basso cerca di migliorare le condizioni di una comunità trapiantata in un contesto non sempre gestibile senza il conforto di un supporto linguistico, burocratico, affettivo. Un gruppo di professionisti giovani e preparati, che a titolo gratuito si propone come tramite fra i connazionali in difficoltà con i datori di lavoro e le istituzioni sindacali, promuovendo un’iniziativa assolutamente degna di emulazione. Gli spagnoli a Berlino si organizzano e si mobilitano così. E gli italiani? Possono senza dubbio far riferimento al Comites Berlin, che come ogni anno ha stilato un Vademecum con tutti gli indirizzi utili relativi alla cultura, all’istruzione, all’informazione, ai luoghi di ritrovo e alle iniziative di spicco. Oppure ai patronati FLC CGIL di Berlino, che rappresentano però un’entità più distaccata e istituzionale. A mancare è una rete solidale, dinamica e organizzata che si focalizzi principalmente sulle problematiche lavorative e che faccia sentire i giovani meno soli di fronte a ostacoli come il mobbing, il diritto a un salario commisurato e la rivendicazione delle proprie qualifiche professionali. In materia di conforto costruttivo fra connazionali, forse, gli italiani all’estero hanno ancora qualcosa da imparare.

Foto dell’articolo © Montecruz Foto CC BY SA 2.0

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