Presentato alla Berlinale il nuovo film onirico di Guy Maddin, il David Lynch canadese

Dopo qualche minuto speso nel fornire dettagliate istruzioni su come godersi un bagno caldo tra le mura domestiche, un uomo anziano dall’aria licenziosa, che indossa solo accappatoio slacciato sul vistoso addome gonfio, lascia il posto a quella che dovrebbe essere la storia principale.

Quattro marinai discutono della mancanza d’aria e cibo all’interno del sottomarino dentro il quale ormai vivono da mesi senza riemergere. Ancora 24 ore di ossigeno, poi non ci sarà più aria da respirare. Trascorrono il tempo nutrendosi di fameliche boccate e di pancakes dalle cui bolle di lievitazione attingere altro ossigeno. D’improvviso, senza spiegazione e motivazione alcuna, giunge a bordo un taglialegna venuto direttamente dalle oscure foreste dello Holstein-Schleswig.

Da qui la storia, già priva di senso, inizia le sue complicazioni, guidata come in un sogno dalla concatenazione di strani avvenimenti. Il boscaiolo viene catapultato nella foresta attraverso il racconto in stile “fiabesco” da parte di uno dei membri dell’equipaggio, nel tentativo di salvare la bella Margot dalle grinfie dei lupi rossi.

Il film prosegue in un crescendo di episodi onirici e privi di logica, tra demenziali prove di forza, ex-fidanzati trasformati in banane marce, neuropsichiatri che scavano con le mani nella materia cerebrale di un paziente con l’ossessione per i fondoschiena, uno psicologo che seduce la sua paziente su un treno da qualche parte tra Berlino e Bogotá, un dottore che mette a posto le ossa rotte dei pazienti a mani nude emettendo disgustosi suoni. Per poi ritornare quasi a ritroso verso gli episodi iniziali. L’equipaggio troverà infine “La stanza proibita” che dà titolo al film, nella quale si era rifugiato il loro capitano, colto in flagrante nell’atto di fare un bagno a pochi minuti dalla loro fine per mancanza di ossigeno. Il film si conclude con la spiegazione finale “dell’arte di fare un bagno” fornita dal lascivo vecchietto in accappatoio.

Il film, diretto da Guy Maddin e co-diretto da Evan Johnson, è interamente girato con colori forti, saturi fino all’eccesso, che portano all’esasperazione i toni dei vecchi film in technicolor. Sembra quasi di assistere ad una gigantesca foto in movimento scattata da una toy camera, dai colori bruciati, sgranati, sovrapposti e alternati di tanto in tanto al classico bianco e nero.

La scenografia volutamente esasperata ci strappa di tanto in tanto qualche risata, provocata dal paradosso e dalla esagerazione. Numerosi sono gli omaggi al cinema degli anni ’20, come forse lo è il titolo stesso che rimanda ad un film del 1914 dall’omonimo titolo. Tra questi ricordiamo la scena dell’uomo che compra all’asta un mostruoso mezzo busto di una divinità a due facce, che sembra ad un certo punto somigliare a Nosferatu. Il lungometraggio è un visionario, lascivo, sensuale, claustrofobico tentativo di film sperimentale, totalmente privo di trama e di significato, in una sorta di incubo dalla durata di 130 minuti.

Il film è attualmente in mostra alla Berlinale nelle seguenti date:

Venerdì 6 Febbraio ore 18:00 presso Delphi Filmpalast
Sabato 7 Febbraio ore 22:00 presso CineStar 8
Lunedì 9 Febbraio ore 13:30 presso Akademie der Künste (Hanseatenweg)
Venerdì 13 Febbraio ore 22:15 presso Cubix 9

Per informazioni relative a costo e modalità di acquisto del biglietto rinviamo al sito ufficiale.