Alla Berlinale un film racconta lo scrittore Dovlatov che non riuscì mai a farsi pubblicare nella sua Russia

Alla 68esima Berlinale il regista russo Aleksej German Jr. ha presentato Dovlatov, un biopic sullo scrittore russo Sergej Donatovič Dovlatov.

È molto più di un film biografico quello presentato dal regista Aleksej German Jr. in concorso alla Berlinale 2018. È un film che ritrae l’atmosfera di un’epoca, quella dell’Unione Sovietica di Brežnev, periodo di stagnazione in cui molti artisti combatterono strenuamente contro le direttive del regime, affinché questo accettasse la loro arte. Tra questi Dovlatov, lo scrittore ebreo russo i cui romanzi rimasero al bando fino al crollo dell’Unione Sovietica e che ottenne il giusto riconoscimento in patria soltanto dopo la sua morte avvenuta prematuramente per infarto nel 1990, mentre si trovava in esilio in America.

La trama

Leningrado, 1971. Sergej Donatovič Dovlatov è un aspirante scrittore trentenne che cerca in tutti i modi di venire pubblicato. L’umorismo caratteristico della sua visione della realtà che esprime nei suoi scritti non è gradito al regime e fa sì che le sue opere vengano continuamente rigettate dalle case editrici. Per sbarcare il lunario Dovlatov è costretto a ripiegare sul giornalismo e a raccontare le storie propagandistiche che gli vengono commissionate, anche se con scarso successo. Progressivamente l’artista inizia a rifiutarsi di tradire se stesso e il proprio stile e di conformarsi ai dettami del regime, ma così facendo deve fare i conti con la disoccupazione e la frustrazione di un’esistenza senza scopo. Dovlatov vaga sofferente per Leningrado passando per redazioni, case editrici e riunioni di amici artisti che condividono la sua stessa sorte. A questi problemi si aggiunge la crisi del suo matrimonio che non fa che aumentare il disorientamento dell’artista, che beve e fuma senza sosta. Riluttante a emigrare come invece fa l’amico Brodskij (premio Nobel per la letteratura nel 1987), Dovlatov inizia ad approcciarsi alla vita in patria in modo sempre meno lieve e ironico, ignorando che qualche anno dopo dovrà lui stesso emigrare negli Stati Uniti.

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La storia di Dovlatov come ritratto della Russia brežneviana

Selezionando soltanto alcuni giorni della vita del protagonista, German ci mostra un Dovlatov sempre in movimento, mentre entra ed esce da case editrici in cui regna l’ipocrisia, mentre prende parte a riunioni di artisti che articolano la propria lotta al regime in fumose comuni in cui l’alcol scorre a fiumi, mentre cerca di adattarsi prima con ironia, poi con crescente insofferenza al mestiere di giornalista. Oltre a raccontare una storia vera con estrema precisione storica, il film riesce a riprodurre l’atmosfera e lo spirito di un’epoca, ma sa anche a trasmettere l’importanza del ruolo della letteratura nella società russa, ieri come oggi.

Impiegando ampiamente il piano sequenza, German offre uno straordinario ritratto di una Leningrado cupa, fredda e fumosa, in cui le strade appaiono ampie e pressoché deserte, mentre gli appartamenti stretti e affollati. German, già vincitore nel 2015 dell’Orso d’argento per l’eccezionale contributo artistico in Under Electric Clouds, indugia forse troppo a lungo in alcuni passaggi, per esempio negli spostamenti senza meta e senza scopo del protagonista, ma riesce senza dubbio a realizzare un efficace e suggestivo ritratto di un epoca. Notevole anche l’interpretazione di Milan Marić nei panni dello scrittore Dovlatov.

 

Dovlatov Competition 2018 RUS/POL/SRB 2018 by: Alexey German Jr. Artur Beschastny, Milan Mariċ (Mitte | center) © SAGa Films

Dovlatov Competition 2018 RUS/POL/SRB 2018 by: Alexey German Jr. Milan Mariċ (Mitte | center) © SAGa Films

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Foto di copertina: Dovlatov Competition 2018 RUS/POL/SRB 2018 by: Alexey German Jr. Milan Marić and Anton Shagin (Mitte | center) © SAGa Films