Da Roma al resto d’Europa. I Joe Victor: «Berlino ci aspetta».

I Joe Victor sono una delle band emergenti di maggiore talento e popolarità in Italia

Il loro esordio, Blue Call Pink Riot, è stato definito da Rockit “una delle scoperte più importanti del 2015”. Con Night Mistakes, loro secondo album uscito il 13 ottobre 2017 le recensioni sono state altrettanto positive. «Non solo la critica. Ci stiamo levando diverse soddisfazioni come quella di potere cantare le nostre canzoni in inglese in Italia, un approccio che non sempre il pubblico ama, ma che a poco a poco stiamo facendo passare com la normalità». I Joe Victor , ovvero Gabriele Mencacci Amalfitano (voce e chitarra), Valerio Roscioni (tastiere), Michele Amoroso (basso) e Guglielmo Senatore (new entry alla batteria), si fanno attendere quando c’è da fare un’intervista, ma quando ormai si riescono ad intercettare dopo decine di messaggi e un appuntamento saltato, quantomeno hanno voglia di parlare e dimostrare che dietro il successo crescente c’è una passione nel fare musica che nasce da lontano e non si ferma quanto ad ambizioni.  «La nostra è una devozione spirituale nei confronti della musica e di quello che ti sa dare. Il nodo focale è la bellezza che la musica sa dare, il ballo e l’ironia. In Italia non si conosce molto la differenza tra l’ironia e la comicità. Nell’ironia si può essere anche amari e profondi. Se canti canzoni con ritmo veloce, si pensa che il tono sia automaticamente allegro, senza vie di mezzo. Noi cerchiamo di creare le vie di mezzo».

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L’indie italiano, parola ormai tabù

I Joe Victor fanno rock, anche se la parola che più si trova associata al loro nome quando si tratta di definire il genere musicale è indie. «Più semplicemente facciamo quello che ci va di fare, senza un vero e proprio sguardo alla realtà, senza nessuna necessità di appartenere a qualcosa. Forse anche sbagliando. E poi parlare di indie in Italia in questi anni di forti contaminazioni musicali significa immergersi in un terreno minato. Perciò ci limitiamo a quello che significa tecnicamente: non avere una major alle spalle che produca». Dietro di loro infatti c’è una piccola, ma sempre attenta a scovare i talenti, etichetta romana, la Bravo Records. Grazie a lei, dopo un lungo tour italiano ora si sta preparando quello europeo. «Stiamo preparando le date. Dopo Roma e Milano il posto dove ci ascoltano di più è Berlino, almeno così ci dicono le analisi di Spotify. Ci sembra obbligatorio andarci e suonare». Il quando non è ancora ufficiale. ««l 25 gennaio saremo a Londra al Cafe 1001, poi stiamo ci organizzando per Belgio, Francia e logicamente, Germania». Per Gabriele Berlino è una meta proibita: «Non ci sono mai andato. Ho perso quattro volte il volo (non facciamo fatica a crederci ndr), ma vorrei tanto rimediare». Intanto la chiacchierata con loro è un’occasione per scoprire come un gruppo di giovani musicisti siano riusciti ad arrivare così in alto in un tempo relativamente breve (la band si è formata nel 2014).

Joe Victor, un esordio difficile

«Abbiamo iniziato a suonare e comporre fin da subito, ma a Roma è difficile trovare locali dove suonare se sei un esordiente senza un pubblico proprio. Bisogna suonare molto e sperare di attirare la giusta attenzione. Essenzialmente ci esibivamo in locali notturni, tra l’1 e le 4 del mattino. Una situazione non proprio normale La svolta è arrivata grazie ad un’esibizione alle “Mura”, un locale romano famoso per le sue serate di musica dal vivo. Riscuotemmo un bel successo (era la serata dedicata al Premio Matteo Blasi che i Joe Victor hanno vinto ndr), tanto per andare avanti e mettere da parte i dubbi di abbandonare tutto. È così che abbiamo iniziato a lavorare alla realizzazione del nostro primo album Blue Call Pink Riot»

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I Joe Victor e il suonare all’estero

«Qualche esperienza già già c’è stata. Abbiamo suonato a Londra, in Austria e in Ungheria. Durante i live in questi posti ho notato più partecipazione del pubblico che in Italia. La gente non si vergogna di ballare sotto al palco di urlare. In Italia siamo un po’ più intimoriti dal palco.quando suoniamo in Italia, gli italiani ci guardano, ascoltano, e ti viene da dire: pensa meno, oh balla, svegliate. Nella storia musicale italiana, negli anni del rock, abbiamo avuto pochi artisti che avevano un rapporto più “fisico ” con gli spettatori. Forse è avvento con Celentano. Ecco, noi, alla nostra maniera, vogliamo ripartire da lì. A Berlino come altrove».

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Immagine di copertina: © Youtube